Dal GIORNALE del 10 gennaio 2007, un editoriale di Paolo Guzzanti sulle reazioni della politica italiana alla guerra antiterroristica americana in Somalia:
Era mai possibile che la sinistra italiana reagisse in modo evoluto, stando dalla parte di chi colpisce al Quaeda comunque e dovunque? No, non era possibile. E allora, dopo l’attacco mirato in Somalia contro basi terroristiche in cui è stato ucciso uno dei responsabili delle stragi del 1991 nelle ambasciate americane in Kenya e Tanzania, che cosa vi sareste aspettati dal ministro degli Esteri D’Alema? Forse che dicesse che siamo al fianco degli Stati Uniti nella dura e doverosa lotta contro il terrorismo affinché i terroristi sappiano che i loro atti saranno sempre puniti e che non esiste per loro un rifugio sicuro? Ma per carità. Come da copione, D’Alema boccia “l’unilateralismo” americano, espressione che indica una delle più grandi sciocchezze mai introdotte in politica estera. L’unilateralismo, per definizione, è solo americano. E dire che si condanna l’unilateralismo, per sua natura malvagio, significa dare per esistente e utile il suo antagonista, buonissimo, che si chiama multilateralismo: un simposio di nazioni volenterose e che di fronte alla notizia di una riunione di terroristi in Somalia convoca il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per poi discutere a approvare mozioni, mentre i terroristi, tranquilli e impuniti, sciolgono il meeting e passano all’azione.
A parer nostro l’operazione americana conferma quel che avevamo scritto dopo le elezioni di medio termine, quando tutti o quasi scrivevano che il Presidente W. Bush, con le orecchie d’asino e la faccia a terra, sarebbe stato messo dietro la lavagna riconoscendo che la sua politica estera era alla fine e gìà in annaspante ricerca di consensi democratici: cosa, quest’ultima, che in parte è vera, perché i democratici che sostengono Bush spesso sono alla destra del partito repubblicano.
Ma il punto è che W. Bush ha dimostrato ieri di aver scelto con quali caratteristiche passare alla storia, ora che è fuori concorso elettorale: vuole passare alla storia come uno che non soltanto ha dichiarato la guerra al terrorismo ma che termina il mandato dimostrando che vuole vincerla ed è possibile vincerla. Quando Bush disse che gli Stati Uniti (ma anche il Regno Unito e persino la Russia) avrebbero dato la caccia ed eliminato tutti i terroristi che avevano colpito l’America e messo in pericolo il mondo civile, diceva e faceva sul serio. E fanno sul serio anche altri Stati come l’Etiopia e l’Egitto, terrorizzati dal terrorismo e dalla possibilità che al Qaeda possa mettere radici. Nei giorni scorsi l’Etiopia è intervenuta militarmente in Somalia spazzando via il nascente stato estremista islamico, con una azione di guerra che fa parte della guerra al terrorismo.
Così, mentre l’Etiopia interviene per impedire che la regione cada in mani estremiste, mentre l’Egitto vuole l’invio di una forza militare africana e gli Stati Uniti mandano la portaerei Eisenhower in segno di determinazione, l’Italia di sinistra non sa produrre un’idea e si arrocca nel suo sterile pensiero unico antiamericano. Ovviamente la sinistra italiana sa perfettamente come stanno le cose e anche da che parte girino il bene e il male, ma resta a terra, incapace di volare per il piombo dei luoghi comuni che ha nelle ali e si contenta del suo minimo comun unificatore nella condanna all’unilateralismo, ovvero all’America. Ma fra tutti bisogna riconoscere che spicca sempre il pallido marchesino Folena, esangue e irato, il quale grida che “le bombe americane sono bombe contro la pace e il dialogo”. Pace e dialogo con chi? Con Al Qaeda?
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