Cedere ai ricatti del terrorismo, far fuggire gli assassini di Klinghoffer fu la cosa giusta, secondo Sergio Romano
Testata: Corriere della Sera Data: 09 gennaio 2007 Pagina: 37 Autore: Sergio Romano Titolo: «Sigonella: perché Craxi fece la cosa giusta»
Dal CORRIERE della SERA del 9 gennaio 2007, la lettera di un lettore e la risposta di Sergio Romano con i nostri commenti all'interno del testo in grassetto
Avrà ricevuto molte lettere dove si chiede se sia stato giusto a meno impiccare Saddam Hussein. Io distolgo la sua attenzione per rivolgerla a un'altra disputa, a mio avviso, di non minor rilievo. In questi giorni è stata intitolata ad Hammamet una via a Bettino Craxi e in Italia si sta pensando di fare altrettanto. Gli Amici di Informazione Corretta hanno invitato alla «crociata»: vie a Craxi no, sì all'ebreo americano Klinghoffer vittima del terrorismo palestinese. A Craxi viene mossa l'accusa di avere favorito la fuga dei capi dei terroristi assassini negando, come richiesto, la loro consegna al governo americano. Non capisco l'ostracismo nei confronti di Craxi quando la sua decisione nell'affare Achille Lauro-Sigonella fu presa di concerto con due politici di grosso spessore quali Andreotti e il compianto senatore Spadolini. Mi domando perché per il senatore Spadolini nessuna «battaglia» anti lapidi e ricordi «viari», e per Craxi sì? Giuseppe Casarini Binasco (Mi) Caro Casarini, sono giunte molte lettere, per la verità, anche sulla via intitolata a Craxi, sulla vicenda di Sigonella e sull'assassinio di un passeggero ebreo dell'Achille Lauro, Leon Klinghoffer. Diffido delle battaglie toponomastiche, spesso provocate dal desiderio di marcare un punto contro l'avversario piuttosto che da quello di rendere onore a una persona. Ma raccolgo l'invito e cercherò di spiegare (non è la prima volta) ciò che penso della vicenda di Sigonella. Debbo anzitutto, tuttavia, correggere i suoi ricordi. Craxi poté certamente contare su Giulio Andreotti, che era ministro degli Esteri e condusse insieme a lui il lungo negoziato con gli americani durante la notte del 7 ottobre 1985. Ma non potè contare su Giovanni Spadolini, allora ministro della Difesa e leader del Partito repubblicano. Il Pri non condivise la scelta di Craxi, adottò una posizione filoamericana e lasciò il governo provocando una crisi che si risolse alla fine di ottobre con il rinvio alle Camere del presidente del Consiglio. Sulla sostanza della vicenda temo di non avere cambiato opinione. Nella sua veste di premier Craxi fece con molto impegno e qualche utile contatto personale una politica medio-orientale ispirata alla dichiarazione del Consiglio europeo, rilasciata a Venezia il 13 giugno 1980, in cui si riconoscevano i diritti del popolo palestinese e si auspicava che l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina venisse associata ai negoziati.
La dichiarazione di Venezia offriva una sponda politica aun'organizzazione teroristica: una politica che non ha portato la pace tra israeliani e palestinesi e ha incoraggiato il terrorismo anti occidentale
Quando il dirottamento dell'Achille Lauro, organizzato dall'ala radicale dell'Olp, rischiò di pregiudicare qualsiasi prospettiva negoziale, Craxi si servì dei suoi contatti con Arafat per ottenere il rilascio della nave.
SeArafat potè ottenere il rilascio della nave fu perché dietro "l'ala radicale dell'Olp" c'era lui. Cosi come anni dopo ci sarebbe stato lui dietro il terrorismo della seconda intifada. Craxi si sarebbe dovuto a quel punto rendere conto che le "prospettive negoziali" erano pregiudicate dalla natura terrorista dell'Olp.
L'assassinio di Klinghoffer fu un atto brutale e spietatamente gratuito (quasi un gesto di rabbia per il modo in cui la vicenda si era conclusa), ma Craxi riuscì a impedire che i passeggeri divenissero le pedine di un ricatto terroristico.
Un brutale assassinio razzista diviene un "atto brutale e spietatemente gratuito" (avesse portato qualche vantaggio ai terroristi lo si dovrebbe giudicare meglio?) "quasi un gesto di rabbia". Incredibili eufemismi.
In quelle circostanze non fu cosa da poco. Avrebbe dovuto consegnare agli americani i dirottatori dell'Achille Lauro quando l'aviazione degli Stati Uniti costrinse il loro aereo ad atterrare sull'aeroporto di Sigonella? A mio avviso, no. Vi era stato un accordo e Craxi, nell'interesse della credibilità del governo italiano, aveva l'obbligo di rispettarlo.
Nell'interesse della credibilità del governo italiano Craxi non avrebbe dovuto cedere al ricatto dei terroristi
Se vuole sapere come andarono le cose nella notte del 7 ottobre, caro Casarini, le consiglio la lettura di un libro a cura di Alessandro Silj che raccoglie scritti di Andreotti, Antonio Badini (il consigliere diplomatico di Craxi a Palazzo Chigi) e di alcuni americani coinvolti nella vicenda («L'alleato scomodo. I rapporti fra Roma e Washington nel Mediterraneo: Sigonella e Gheddafi», Corbaccio 1998). Silj racconta che gli americani non chiesero alcuna autorizzazione al governo italiano. Si limitarono a informare Craxi dell'intercettazione durante la notte, quando gli aerei degli Stati Uniti erano già nello spazio aereo di Sigonella; e non gli dissero che insieme all'aereo egiziano e ai caccia di scorta, sarebbero scesi sulla pista dell'aeroporto siciliano anche due C-41 da trasporto, né che alla base già erano atterrate altre truppe speciali americane. Fu questo il contesto in cui Craxi decise di non consegnare il commando palestinese agli americani. Post scriptum. Craxi ebbe un amichevole scambio di vedute con Ronald Reagan qualche giorno dopo a New York e ottenne in quella occasione la piena partecipazione dell'Italia al G7. Quasi tutti gli americani coinvolti nella vicenda, d'altro canto, si sono convinti nel frattempo che la Casa Bianca abbia gestito male l'intera vicenda. Soltanto in Italia qualcuno continua a pensare che Craxi abbia sbagliato.
Affermazioni vaghe ("quasi tutti gli americani coinvolti") e non pertinenti. In ogni caso, Romano potrebbe chiedere che cosa pensano della scarcerazione dei terroristi direttamente ai parenti diLeon Klinghoffer.
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