Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Si ad osservatori europei a Gaza, no al dialogo con la Siria e l'Iran intervista a Shimon Peres
Testata: Corriere della Sera Data: 09 gennaio 2007 Pagina: 17 Autore: Davide Frattini Titolo: «Osservatori Ue per Gaza sì di Israele»
Dal CORRIERE della SERA del 9 gennaio 2006:
TEL AVIV — «Chi non ama un buon bicchiere di vino?». A 83 anni Shimon Peres non vuole ritrovarsi a interpretare il mastino da guardia del passato. E se Yedioth Ahronoth, il quotidiano più venduto, attacca in un editoriale «i primi ministri della nuova generazione, avviluppati in uno scoraggiante edonismo», lui che della vecchia generazione fa parte risponde semplicemente: «Israele è cambiata. Non solo i leader, anche la gente». Che importa se Ehud Barak, Benjamin Netanyahu, Ehud Olmert hanno imparato a distinguere un sigaro Cohiba da un Romeo y Julieta, «bisogna guardare avanti. Conosco Eitan Haber, ha scritto quel commento perché ha nostalgia dei tempi andati». Peres invece pensa al futuro, da Bill Gates ai ragazzini fondatori di Google, all'economia israeliana «che corre anche dopo il drammatico ritiro dalla Striscia di Gaza, dopo la guerra di quest'estate, dopo che un primo ministro popolare come Ariel Sharon è finito in coma. È il paradosso di questo Paese: dobbiamo essere grandi per i pericoli che fronteggiamo e rimanere piccoli per la terra che possediamo». Il vicepremier pensa al futuro e fantastica su progetti come il corridoio di libero scambio tra Israele, Giordania, territori palestinesi o il sistema di canali che salverà il Mar Morto sempre più assetato. Pensa al futuro e vede l'Iran. «Teheran è la più grande minaccia del Medio Oriente. Per Israele e per il mondo intero. Non è un problema che possiamo risolvere noi, ne abbiamo già abbastanza e non siamo così arroganti da pensare di potercela cavare da soli». Sorride delle rivelazioni pubblicate dal britannico Sunday Times («anche se esistesse un piano d'attacco non lo diremmo certo a un giornale straniero») e ripete che il suo governo sostiene la strategia delle pressioni diplomatiche. Con qualche correzione: «L'Iran sostiene di voler sviluppare il nucleare per usi civili. Benissimo. Allora, perché hanno bisogno di missili con gittata di tremila chilometri? Se non si preparano a produrre bombe, a che cosa servono i razzi? Chi vogliono attaccare? L'Occidente dovrebbe concentrare i controlli su questo punto». Peres è considerato il «padre della bomba» israeliana ed è lui cha ha definito la dottrina dell'ambiguità sull'atomica. Un principio stabilito quarantasei anni fa, che è sembrato crollare in pochi minuti, quando il primo ministro Ehud Olmert ha elencato lo Stato ebraico tra le potenze nucleari in un'intervista alla televisione tedesca. «La nostra posizione non è cambiata e non cambierà di fronte al pericolo iraniano. Funziona dal 1961: il dubbio e il sospetto sono sufficienti come deterrente». Ricorda un episodio: «Ho sempre avuto buoni rapporti con Amr Mussa, il segretario della Lega Araba. Quand'era ministro degli Esteri egiziano, mi chiede: "Shimon, siamo amici. Perché non mi porti a visitare il reattore di Dimona?". Gli rispondo: "Amr, se ti portassi a Dimona, scopriresti che non c'è nulla e non avresti più paura di attaccarmi"». Non crede che l'Iran e la Siria possano diventare due questioni separate e respinge l'idea di aprire trattative in questo momento. «Damasco sta conducendo una doppia vita: annuncia di volere la pace e continua a sostenere i terroristi. Il vostro presidente del Consiglio Romano Prodi vuole parlare con la Siria e l'Iran, ma se continuano a costruire bombe, l'unica cosa che aggiungiamo sono le parole. Alla fine Teheran si inghiottirà anche Damasco». Durante la visita in Italia a metà dicembre, il primo ministro Olmert aveva bocciato l'idea italiana di una presenza internazionale più forte nella Striscia di Gaza. Peres è invece d'accordo che si possa cominciare con l'allargare la missione degli osservatori europei al valico di Rafah. «Perché dovremmo opporci? Sono già lì. Vanno discussi i dettagli, per capire se i controlli vanno estesi alla Philadelhi Road (zona lungo il confine con l'Egitto, ndr) o in altre aree. E dobbiamo verificare l'atteggiamento palestinese, noi a Gaza non ci siamo più». Sa che è fondamentale provare a fermare le violenze nei territori: «Israele non ha alcun interesse a veder scoppiare una guerra civile. Per noi è importante che i palestinesi siano uniti, guidati da un solo governo e da un solo potere». A una conferenza in Spagna ha sostenuto che Hamas potrebbe giocare un ruolo nel processo di pace. «Dipende da loro. Finché ripetono di essere contro i negoziati, di non volere un'intesa, di non accettare gli accordi passati, non possono essere un interlocutore. Un accordo non sarebbe lontano: è molta di più la terra su cui già esiste un'intesa di quella ancora contesa». È stato tra i pochi nel governo a commentare l'esecuzione di Saddam Hussein e non è d'accordo con le critiche del premier britannico Tony Blair («il modo in cui è stato giustiziato è completamente sbagliato»): «Molto tempo fa, durante un'intervista, chiesero a Saddam se fosse vero che aveva fatto impiccare venti ufficiali dell'esercito. Il dittatore si infuriò: "Impiccare? Sono stati fucilati, è molto più umano". Non mi sembra che il modo in cui è stato ucciso faccia differenza per il suo posto nell'aldilà. In Israele non esiste la pena capitale. C'è stata un'eccezione, il nazista Adolf Eichmann. Un'eccezione. Come Saddam: un torturatore che ha iniziato tre guerre e ucciso un milione di persone». Non commenta il ritorno alla politica di Ehud Barak, un tempo suo avversario nel Labour («adesso faccio parte di Kadima»), e respinge i commenti sui giornali che paragonano gli scontri tra Ehud Olmert e il ministro della Difesa Amir Peretz alla rivalità tra lui e Yitzhak Rabin: «I giornali esageravano allora ed esagerano oggi. Io ed Yitzhak eravamo compagni di partito e concorrenti. C'era competizione, ma alla fine siamo stati capaci di lavorare insieme come nessun altro. Non ci sono rapporti umani senza urti, forse solo in paradiso».
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