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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.01.2007 Scarcerata dopo 2 anni Tali Fahima
israeliana condannata per collusione con il terrorismo

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 gennaio 2007
Pagina: 12
Autore: Davide Frattini
Titolo: «L'israeliana «amica del nemico»: volevo capire i kamikaze»
Dal CORRIERE della SERA del 6 gennaio 2007:

TEL AVIV — La faccia di Zakaria Zubeidi sembra coperta di pepe, l'esplosivo si è conficcato sotto la pelle quando una bomba che stava preparando gli è saltata tra le mani. I denti bianchissimi si aprono in mezzo alla cipria nera in un sorriso da clown inquietante. Da quel volto e dal quel che rappresenta è rimasta attratta Tali Fahima. Che quattro anni fa ha preso un autobus in Israele e si è presentata al checkpoint di Jenin. A piedi ha attraversato il reticolato e una linea invisibile: è diventata un'amica del nemico.
Mercoledì la ragazza ha lasciato la prigione di Neve Tirzah, dopo aver passato 26 mesi in cella, condannata per «aver avuto contatti con un agente straniero e aver passato informazioni con l'obiettivo di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato». Di fronte ai giudici si era dichiarata colpevole per evitare accuse molto più gravi e quindici anni per ogni imputazione: collaborazionista in tempo di guerra, sostegno a un'organizzazione terroristica, porto illegale d'armi.
Gli israeliani hanno seguito la sua storia come una telenovela oscura, dopo l'arresto nel maggio del 2004. Per la maggior parte è una traditrice, «la prostituta degli arabi», perché sui giornali sono girate le voci che quella con Zubeidi non fosse soltanto un'amicizia, qualcuno ha parlato di una gravidanza e poi di un aborto in carcere. L'estrema sinistra l'ha adottata come un'eroina solitaria, una prigioniera politica perseguitata per aver denunciato l'occupazione contro i palestinesi. «È stata punita non solo per aver violato la legge — commenta il quotidiano liberal Haaretz
— ma anche per la provocazione espressa dalle sue azioni, dalle sue opinioni, convinzioni e commenti».
Tali non si considera un simbolo, «sono un'israeliana che ha deciso di provare a capire cosa spinga un giovane a indossare una cintura esplosiva e a farsi saltare in mezzo alla gente». Per capirlo è andata dall'altra parte («sono uscita dalla bolla in cui viviamo»), in quella che durante la seconda intifada l'intelligence aveva ribattezzato «la capitale dei kamikaze», il campo rifugiati di Jenin, in Cisgiordania. Per capirlo ha voluto parlare con il capo delle Brigate Al Aqsa, il super-ricercato che gli israeliani hanno tentato di ammazzare tante volte.
Sta passando i primi giorni di libertà (è stata rilasciata sulla parola con dieci mesi di anticipo) a Jaffa, l'area a maggioranza araba nel sud di Tel Aviv. Seduta in un piccolo caffé che fa da ritrovo per i pacifisti locali, circondata da libri che portano sulle copertine colombe e ramoscelli d'ulivo, racconta come abbia scelto di incontrare proprio Zubeidi. «Mi sono identificata con lui perché abbiamo la stessa età, 29 anni, ma le nostre vite sono state completamente differenti. Zakaria rappresenta la storia del popolo palestinese. Da ragazzino ha cominciato lavorando come manovale in Israele, è rimasto scioccato dalle differenze economiche e sociali, è diventato un militante solo per combattere per la sua libertà. Non è un politico, è esausto della guerra come tutti noi». Quando riesce a ottenere il suo numero da un giornalista, lo chiama e restano al telefono per cinque ore. «Abbiamo organizzato la prima visita al campo profughi. Ero terrorizzata, tremavo, non avevo idea di che cosa aspettarmi. Credevo mi uccidessero. Le guardie del corpo erano convinte che fossi una spia».
Gli occhiali dalla montatura in plastica nera ricordano il suo vecchio lavoro di segretaria in uno studio legale, i capelli sono lunghi e scuri, non li tinge più. La biondina della vita precedente votava per il Likud e sosteneva Ariel Sharon, come ha sempre fatto sua madre e tutti i vicini del quartiere a Kiryat Gat, città povera per immigrati poveri, soprattutto di origine marocchina. «Fahima ha infranto un tabù — spiega al Guardian l'antropologa Smadar Lavie —. Per i
mizrahi, gli ebrei arrivati dai Paesi mediorientali, avere simpatie verso i palestinesi è inammissibile. Il resto della nazione ha paura che formino un'alleanza». Tali non si sente una «quinta colonna»: «Anche se considero il sionismo un progetto ashkenazita (gli ebrei dell'Europa centro-orientale,
ndr) sono un'israeliana e un'israeliana voglio rimanere. Ma non permetterò ai miei figli di entrare nell'esercito». Non è pronta a criticare la società palestinese («non ne faccio parte, mi preoccupano i problemi del mio Paese») e dice di voler contribuire a «creare speranza per un futuro migliore».
Lo Shin Bet l'ha accusata di aver tradotto per Zubeidi e i suoi uomini materiale top secret con dettagli sugli estremisti ricercati, documenti persi da un soldato durante un'operazione a Jenin. Era disposta a fare da scudo umano per proteggerlo dai tentativi di omicidio mirato. Ripete che la loro relazione è stata platonica. «Un'amicizia speciale. Abbiamo parlato di tutto, lo chiamavo anche per raccontargli dei miei fidanzati».

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