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Il Manifesto Rassegna Stampa
06.01.2007 Chi sostiene Abu Mazen vuole la guerra civile
il quotidiano comunista, invece, sostiene Hamas e vuole la guerra a Israele

Testata: Il Manifesto
Data: 06 gennaio 2007
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Palestina, gli Usa investono nella guerra civile»
Il sostegno alle forze di sicurezza palestinesi da parte degli Stati Uniti sarebbe, secondo il MANIFESTO un "investimento sulla guerra civile", oltre ché una presa di posizione "di parte" contro Hamas.
Da parte nostra non possiamo certo dirci sostenitori senza riserve di Abu Mazen, e tanto meno di Al Fatah.
Notizie recenti, per di più, gettano molte ombre sulla credibilità come interlocutore di Israele del presidente palestinese: un leader del cosiddetto braccio militare di Fatah ha afefrmato in una recente intervista a WorldNetDaily che
"i terroristi affiliati al partito Fatah del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas" (fonte israele.net).

Tuttavia, di fronte all'articolo di Michele Giorgio pubblicato sul quotidiano comunista il 6 gennaio 2007 non possiamo fare a meno di porci alcune domande.
Al MANIFESTO hanno fatto del diritto dei palestinesi ad avere uno Stato una bandiera. Ma uno Stato, per essere tale, deve esercitare il monopolio della forza.
Ben Gurion, che lo sapeva, nel 48 non esitò a far  affondare l'Altalena, nave carica di armi destinate all'Irgun, formazione indipendente dall'Haganah, l'esercito nazionale.
Armi che sarebbero state rivolte contro i nemici di Israele, in una lotta per la sopravvivenza, ma che avrebbero alimentato un potere militare autonomo.
L'esito di quel drammatico scontro, e di  del coraggio politico di Ben Gurion, fu l'inquadramento delgli uomini dell'Irgun nell'esercito nazionale israeliano, e l'affermazione del potere dello Stato.
I palestinesi non hanno finora saputo fare nulla di simile, ed'è per questo che non hanno ancora uno Stato.
Sono l'anarchia armata che regna dei territori e il terrorismo antisraeliano nel quale il vari gruppi rivaleggiano, infatti, a impedire il raggiungimento di un accordo definitivo.

Opponendosi al sostegno statunitense alle forze di sicurezza palestinesi, il MANIFESTO non rivela forse di non essere poi molto interessato alla nascita di uno Stato palestinese?
Ciò che conta è solo la continuazione della guerra contro Israele?
Anche a costo di schierarsi con chi vuole fare della futura "Palestina" uno Stato islamico ?

Di seguito, l'articolo di Michele Giorgio:

Gerusalemme Sempre più di parte, sempre più coinvolti nel conflitto interno palestinese. Gli Stati Uniti investiranno 86 milioni di dollari per aiutare il presidente Abu Mazen, rafforzando gli apparati della sicurezza dell'Anp che gli sono rimasti fedeli. A rivelarlo è stato un giornalista dell'agenzia di stampa Reuters che è entrato in possesso di un documento riservato dell'Amministrazione Usa.
Qualche mese fa era stata sempre la Reuters a riferire di un'analoga decisione presa dagli Stati Uniti in sostegno della presidenza palestinese e, di conseguenza, contro il governo del movimento islamico Hamas uscito vincitore delle elezioni di un anno fa. La notizia ha messo in difficoltà Abu Mazen perché ha offerto ad Hamas una occasione d'oro per rilanciare l'accusa al presidente e al suo entourage di «lavorare per conto degli Stati Uniti». Nel frattempo è salito a otto il bilancio di morti della battaglia che giovedì per cinque ore è infuriata, a Jabaliya, intorno alla residenza del colonnello Mohammed Ghayeb, ucciso (a sangue freddo dagli assalitori) assieme a sei guardie del corpo da militanti di Ezzedin Al-Qassam (il braccio armato di Hamas) e da agenti della «Forza di pronto intervento» costituita dal ministro dell'interno Said Siyam, uno degli uomini forti del movimento islamico. Si è aggravato anche il bilancio della sanguinosa incursione israeliana di due giorni fa a Ramallah. I morti sono diventati sei, quasi tutti giovani intorno ai venti anni, per il decesso in ospedale di due feriti.
Gli 86 milioni di dollari, è scritto nel documento ottenuto dalla Reuters, verranno usati per «assistere la presidenza dell'Anp nell'adempiere all'impegno fissato nella Road Map di smantellare le infrastrutture del terrorismo e stabilire la legge e l'ordine in Cisgiordania e a Gaza». In parole povere ad usare la forza contro Hamas nonostante il rischio di una guerra civile che, di fatto, a Gaza è già cominciata. Il documento precisa che il generale Usa Keith Dayton, coordinatore della sicurezza fra Israele e Anp, applicherà il programma da 86,362 milioni di dollari «per rafforzare elementi della sicurezza palestinese controllati dalla presidenza dell'Anp». La Reuters ha aggiunto che persone a conoscenza del piano di aiuti dicono che i finanziamenti serviranno ad addestrare la guardia presidenziale, composta da 3.700 uomini, e a fornirle equipaggiamento.
Con i fondi a disposizione Abu Mazen sarà in grado di portare ad almeno 5.000 il numero delle due guardie e di metterle in condizione di fronteggiare, grazie anche ad un armamento superiore, i circa 6000 uomini della «Forza di pronto intervento» di Hamas. Fonti israeliane da parte loro sostengono che Washington ha già rifornito di armi e munizioni la guardia presidenziale, l'ultima volta la settimana scorsa. Un deputato di Hamas, Mushir Masri, ha esortato Abu Mazen a non accettare i fondi americani. Da parte della presidenza invece non c'è stata alcuna reazione alla rivelazione fatta dalla Reuters. Gli Stati Uniti puntano apertamente sullo scontro armato, scommettono decine milioni di dollari sul pugno di ferro di Abu Mazen. Abu Mazen ieri si è incontrato nuovamente con il premier Haniyeh (Hamas) per tentare di trovare una via d'uscita alla crisi politica e, in tempi rapidi, all'escalation di scontri a fuoco e violenze tra il suo partito, Al-Fatah, e il movimento islamico.
Ieri migliaia di simpatizzanti di Fatah hanno partecipato a Gaza city ai funerali di Mohammed Ghayeb e delle sue guardie del corpo e alcuni dirigenti del partito hanno annunciato che «non ci sarà alcun dialogo con Hamas» dopo i fatti di giovedì. Il partito di Abu Mazen accusa in particolare il ministro degli interni Said Siyam e il ministro degli esteri Mahmud Zahar di fomentare le azioni della «Forza di pronto intervento» di cui chiede l'immediato scioglimento. Haniyeh ha seccamente respinto la possibilità di smantellare la milizia del ministero degli interni.
Ieri uno sceicco, Adel Nassar, è stato ucciso mentre usciva da una moschea nel campo profughi Maghazi e numerose persone sono rimaste ferite in risse esplose alla fine delle preghiere del venerdì tra attivisti di Fatah e Hamas.

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