John Negroponte, già ambasciatore Usa all'Onu, è stato nominato vice di Condi Rice. Il CORRIERE della SERA di oggi, 5/1/2007, nè dà notizia con due articoli di Alessandra Farkas, il primo sulla nomina, il secondo con una analisi sull'attualità del pensiero neo-con in America. Ecco il primo, dal titolo
Il dossier Iraq in mano al "falco" Negroponte.
NEW YORK — L'esecuzione di Saddam Hussein «doveva essere condotta in modo più dignitoso». Lo ha detto ieri notte il presidente americano George W. Bush a conclusione di un colloquio con la Cancelliera tedesca Angela Merkel, pur ribadendo che il dittatore «ha avuto un processo equo, che a migliaia di iracheni lui stesso aveva negato». E dopo una videoconferenza con il premier iracheno Nuri Al Maliki, il presidente Usa ha annunciato che esporrà una nuova strategia per l'Iraq la prossima settimana.
Intanto è avvenuto un ampio rimpasto d'inizio anno per l'amministrazione Bush. John Negroponte, che nel 2005 era diventato il primo direttore nazionale dell'intelligence Usa, si appresta a lasciare il posto per diventare il vice di Condoleezza Rice. La scelta di Negroponte, secondo molti esperti, riflette proprio il cambiamento dell'approccio di Bush in politica estera e in particolare in Iraq. Con la sua indiscussa esperienza del Paese, maturata come ambasciatore Onu e soprattutto a Bagdad dal 2004 al 2005, è il diplomatico adatto ad affrontare la crisi, secondo analisti e fonti di Washington.
Sulla carta, il direttore della National Intelligence è superiore di rango rispetto al vice segretario di Stato. Come direttore delle 16 agenzie federali d'intelligence Negroponte aveva accesso privilegiato al presidente. Secondo alcuni, Bush sarebbe da tempo insoddisfatto del lavoro di Negroponte. Soprattutto all'indomani del devastante rapporto, redatto ad aprile dalla commissione intelligence della Camera, che accusava Negroponte di aver trasformato i servizi Usa in una costosissima e inefficace burocrazia. Ma ufficialmente la tesi del governo Usa è un'altra. «Non si tratta di una retrocessione — spiega un funzionario —. La Casa Bianca lo considera un candidato particolarmente qualificato per la posizione diplomatica vacante».
Secondo la Abc, Bush avrebbe anche scelto l'attuale ambasciatore Usa in Iraq Zalmay Khalilzad a capo della delegazione statunitense all'Onu in sostituzione dell' uscente John Bolton. Costretto a rinunciare all'incarico il mese scorso, dopo la mancata ratifica della sua nomina al Senato. Khalilzad dovrebbe lasciare Bagdad forse già entro oggi. Al suo posto, nella capitale irachena, arriverà Ryan Crocker, attualmente ambasciatore Usa in Pakistan.
La nomina di Khalilzad non dovrebbe incontrare ostacoli nel nuovo Congresso a maggioranza democratica, anche se la sua attività diplomatica ha spesso alienato gli sciiti al governo in Iraq. Che l'hanno più volte accusato di favoritismo nei confronti della comunità sunnita. Khalilzad, sunnita, è stato ambasciatore in Afghanistan dal 2003 al 2005 e poi a Bagdad dopo John Negroponte. L'arrivo di quest'ultimo al Dipartimento di Stato rifletterebbe il cambiamento dell'approccio di Bush in politica estera. Nonché l'esigenza del presidente di avere attorno a sé «elementi validi e preparati» per mettere a punto «gli aspetti diplomatici della nuova strategia sull'Iraq». Secondo l'Abc, Bush ha deciso anche di sostituire il comandante in capo delle truppe statunitensi in Medio Oriente, generale John Abizaid, con William J. Fallon. E di nominare David Petraeus al posto del generale George Casey in Iraq.
il secondo, dal titolo: "E i neocon tornano a dettare la linea alla Casa Bianca"
NEW YORK — Chi li aveva dati per sconfitti dovrà ricredersi. Caduti in disgrazia dopo i rovinosi esiti della guerra irachena e l'ascesa democratica al Congresso, i teorici del pensiero neocon tornano improvvisamente in auge. Per rilanciare, riveduta e corretta, la loro filosofia all'insegna di una politica militare aggressiva in Medio Oriente, volta a liberare l'intera regione dai dittatori con la forza contagiosa della democrazia di stile occidentale.
Oggi all'American Enterprise Institute,
roccaforte del pensiero conservatore a Washington, l'analista militare Frederick Kagan e il generale in pensione Jack Keane presenteranno la loro proposta strategica per l'Iraq: almeno 30.000 truppe in più per almeno 18 mesi e impiego di soldati americani nelle strade, invece di tenerli chiusi nelle basi nella vana speranza che gli iracheni creino un esercito efficiente.
Il loro programma si intitola «Scegliere la vittoria: un piano per il successo in Iraq» e a presentarlo all'Aei ci saranno anche John McCain, candidato repubblicano alle presidenziali del 2008 e il senatore indipendente Joe Lieberman, da sempre sostenitori della necessità di un'escalation militare per vincere la guerra.
La stessa tesi è ora abbracciata dal presidente americano George W. Bush, che la prossima settimana annuncerà al Paese la sua «nuova strategia» per l'Iraq: l'invio di 20 o 30.000 truppe, incaricate di creare una forte presenza sul territorio. Con avamposti nelle città e quartieri più travagliati, per far pulizia degli insorti con tattiche di antiguerriglia «classiche». Cercando, soprattutto, di interagire con gli iracheni qualunque, per riguadagnare la loro fiducia.
La vendetta tardiva degli architetti neocon dietro l'invasione dell'Iraq, dopo il «licenziamento» o la partenza verso altri lidi dei loro massimi teorici, da Paul Wolfowitz a Donald Rumsfeld a John Bolton? «Non proprio — replica il Los Angeles Times —. Piuttosto la rivincita dello zoccolo duro del movimento neocon».
Oltre a Kagan e Keane, il gruppo include William Kristol, direttore del
Weekly Standard: tutti neocon che da quasi quattro anni, ovvero già prima dell'invasione americana, criticano la strategia di basso profilo e addestramento delle forze irachene perseguita dall'ex capo del Pentagono Donald Rumsfeld e dai suoi generali ora dimissionari, John Abizaid e George Casey.
La loro filosofia, che tra poco diventerà quella ufficiale dell'amministrazione Bush, è vista semmai come la sconfessione da parte della Casa Bianca dell'uscente leadership del Pentagono. «Noi sosteniamo da sempre queste tesi — spiega Kagan —, abbiamo assistito inerti al fallimento della strategia afghana e poi all'applicazione dello stesso modello fallimentare in Iraq».
Secondo il Los Angeles Times, il tracollo della «linea Rumsfeld-Abizaid- Casey» si è consumato durante l'estate, quando l'escalation della violenza settaria e il fallimento dell'offensiva americana per difendere Bagdad avrebbe creato ciò che un funzionario del Pentagono definisce «una crisi di nervi e psicologica all'interno dell'Amministrazione Bush».
Una crisi che ha spianato la strada al gruppo dei «duri», che secondo il Times
avrebbe il pieno sostegno dei vertici militari.
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