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Il Manifesto Rassegna Stampa
04.01.2007 Il quotidiano comunista come Novella 2000
e chiediamo scusa al settimanale per l'accostamento

Testata: Il Manifesto
Data: 04 gennaio 2007
Pagina: 7
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «La morte di Arafat, un nuovo giallo»

Con l'articolo di Michele Giorgio di oggi, 4/1/2007, a pag.7, il MANIFESTO apre allo "stile" dei settimanali pettegoli, dove l'unica cosa che manca è in genere la verità dei fatti. Leggerlo, questa volta, a differenza di altre, è stato uno spasso. La fine di Arafat, sulla quale si è espresso l'ospedale francese dove era stato ricoverato (francese, non israeliano, caro Giorgio !) non ha in sè nulla di misterioso. Se vi è stato qualcosa di non detto può essere l'origine del male che l'ha stroncato, e cioè l'AIDS, male di cui soffriva ma che veniva nascosto, perchè non sia mai che un leader maximo, come ad Arafat piaceva presentarsi, possa morire di un male che nulla ha a che vedere con l'immagine severa che Arafat dava di sè. Invece dei taccuini scomparsi, il cui interesse deve essere quasi uguale a zero, Giorgio deve semmai preoccuparsi che non vengano mai alla luce i film che Ceausescu aveva segretamente fatto girare quando Arafat e suoi Fedayin (di allora, anni '70) andava in Romania per addestrli alla guerriglia. La storia, decisamente boccaccesca, è raccontata nei particolari nel libro di Ephraim Karsh sulla vita di Arafat. Pur entrando nei particolari più intimi delle nottate di Arafat + Boys nelle suites degli alberghi che li ospitavano, Karsh non ha mai ricevuto nessuna smentita a quanto scritto. La consegna era il silenzio, meno se ne parla meglio è. Lasciamo a Giorgio lo stile Novella 2000 (alla quale chiediamo scusa per la citazione) e invitiamo i nostri lettori a valutare la serietà del quotidiano comunista dalla prosa che segue.

Dove sono finiti i taccuini di Yasser Arafat e, soprattutto, chi li custodisce? Un nuovo giallo si è aggiunto almistero della morte del presidente palestinese, entrato in coma per una oscura (ancor oggi)malattia e spirato l’11 novembre del 2004 alle 3.30 del mattino, all’ospedalemilitare di Percy a Clamart, a sud di Parigi. Arafat, che per quasi 40 anni ha incarnato la questione palestinese, annotava scrupolosamente in taccuini, taovolta in quadernetti, che portava nella tasca della sua divisa militare, considerazioni sull’esito di incontri avuti con leader politici internazionali o governanti arabi ma anche sulle attività dei dirigenti dell’Olp e dell’Anp. Considerata la rilevanza che lo scomparso leader palestinese ha avuto per decenni nelle vicende mediorientali, quei taccuini rappresentano un patrimonio storico di enorme valore e, allo stesso tempo, un archivio di vicende torbide, di scandali, di «comportamenti» di esponenti arabi e palestinesi che, se reso pubblico, potrebbe danneggiare non poche persone. Forse anche per questomotivo sono spariti e nessuno ai vertici della politica palestinese si preoccupa di riportali alla luce. Nonpochi palestinesi si sono chiesti negli ultimi giorni, dopo articoli apparsi sulla stampa araba, dove siano finiti quei taccuini e il giallo, forse non a caso, sta diventando pubblico mentre le cronache riportano sulle prime pagine i nomi di alcuni personaggi che hanno avuto un ruolo di primissimo piano nell’esistenza e nella vita politica di Arafat. Ad esempio l’ex premier israeliano e nemico giurato del presidente palestinese, Ariel Sharon, che esattamente un anno fa venne colpito da una emorragia cerebrale e da allora è inunostato dicomairreversibile.OppureUri Dan, deceduto pochi giorni fa, giornalista ed esponente dell’estrema destra israeliana che per anni è stato confidente e consigliere di Sharon (anche suo portavoce, nel 1982, durante l’invasione del Libano). Di recente i quotidiani e le agenzie di stampa palestinesi hanno riferito cheDan - nel suo ultimo libro uscito in Francia - ha scritto in modo chiaro dell’avvelenamento di Arafat ordinato da Sharon, il quale aveva «annunciato a Bush che non si considerava più vincolato da quello che gli aveva promesso nel loro primo incontro nel marzo 2001: non attentare alla vita di Arafat». La popolazione dei Territori occupati non ha mai avuto dubbi: il rais palestinese rimasto negli ultimi tre anni di vita confinato nel suo ufficio di Ramallah per decisione israeliana, è stato ucciso da Sharon, forse con la complicità di qualche dirigente palestinese, certamente con la benedizione degli Stati uniti. Il 30 settembre 2005 l’israeliano Yoram Binur, corrispondente del secondo canale televisivo, parlò più o meno esplicitamente della possibilità dell’assassinio del presidente palestinese. Poco dopo due suoi colleghi di Haaretz, AmosHarel e Avi Isacharoff, citando un esperto israeliano, presentarono tre ipotesi: avvelenamento, aids o semplice infezione. Su questa morte misteriosa ha indagato anche il giornalista francoisraeliano Amnon Kapeliouk, amico di vecchia data di Arafat. A Clamart, ha scritto Kapeliouk, i primi esami non rivelarono né leucemia, né tumori (l’aids era stato escluso dalle analisi di laboratorio), bensì una grave infiammazione dell’apparatodigerente unita adun inspiegabile significativo calo delle piastrine. Arafat venne curato ed ebbe un leggeromiglioramentoma il 3 novembre, per cause inspiegabili, entrò in coma, soffrendo di sintomi gravi attribuiti a una tossina sconosciuta che imedici francesinon riuscirono ad individuare. L’11 novembre, a causa di una devastante emorragia cerebrale, spirò in ospedale. L’autopsia effettuata dai medici francesi non svelerà il mistero. Su questamorte restaunpunto interrogativo gigantesco e, forse, solo una commissione indipendente potrebbe consentire di sapere se Arafat èmorto oppureno a causadi unveleno sconosciuto. Ma la leadership palestinese non ha mai seguito con determinazione quella strada, anzi sulla vicendamantiene sempre un atteggiamento di basso profilo, ha frenato invece di accellerare, rifugiandosi dietro il risultato inconcludente dell’autopsia che «non consente di trarre alcuna conclusione ». Ora è emerso il giallo dei taccuini scomparsi. Un funzionario dell’Olp, che per anni è stato molto vicino ad Arafat (e ha chiesto di rimanere anominopermotividi sicurezza), ha detto al manifesto che di quei piccoli e importantissimi diari politici non si sa più nulla, sono svaniti, e che nessuno ha ricevuto l’incarico di custodirli. Dovesono finiti? Il quotidiano saudita Al-Sharq al-Awsat che si è occupato del caso, ha riferito che alcuni ex stretti collaboratori del rais non hannovoluto esprimersi e che amezza boccahanno fatto capire che quelle annotazioni potrebbero provocare una bufera in casa palestinese e in Medio Oriente. L’ex ministro Umm Jihad (Intissar Wazir) ha riferito che una commissione ad hoc avrebbe dovuto leggere e rendere pubbliche parti dei taccuini di Arafatma l’ex segretario di governo Ahmed Abdel Rahman ha negato che questa commissione sia mai stata formata e si è limitato a precisare che quanto scritto dal presidente «è in mani sicure». quali ?

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