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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Pur di difendere il tiranno riabilitano i nazisti 03/01/2007

La condanna a morte per impiccagione di Saddam Hussein ha riaperto un altro processo, quello di Norimberga, che vide sul banco degli accusati i criminali nazisti. Un processo che non fu privo di critiche. Fu allora, infatti, che nacque l’espressione “ giustizia dei vincitori”, citata però quasi esclusivamente nella storiografia della destra più estrema, non certo in quella liberale o di sinistra. Una definizione parziale, perchè non teneva conto del fatto che gli alleati la guerra l’avevano già vinta e avrebbero potuto chiudere lì la partita. Se ciò non avvenne fu dovuto agli orrori che la scoperta dei campi di sterminio suscitò nell’opinione pubblica mondiale. Quando le truppe americane e sovietiche, ma soprattutto quelle americane, spalancarono i cancelli di Bergen Belsen, di Dachau, di Aushwitz-Birkenau, e degli altri campi che i nazisti non fecero in tempo a distruggere, quello che videro fu un orrore tale da obbligarli a chiedere giustizia immediata, non essendo più sufficiente la sola sconfitta del nemico. E non fu certo per vendetta che vennero portati sul banco degli accusati quel pugno di criminali, un numero del tutto esiguo rispetto alle responsabilità gravissime di migliaia che riuscirono invece a farla franca.

Il discorso su Norimberga si riaprì quando Israele catturò Eichmann e lo processò a Gerusalemme. Eppure, nemmeno allora, cambiò il giudizio degli storici sulle legittime motivazioni di entrambi. Le critiche arrivano oggi, anche da pulpiti insospettabili. Paolo Mieli, sul Corriere, ha giudicato sbagliata l’impiccagione a Norimberga di Julius Streicher, il direttore del famigerato “ Stuermer”, il quotidiano del partito nazista.  Condannato a morte per un reato d‘opinione, ha scritto, e per uno Stato moderno e democratico non esiste il reato d’opinione. Giusto, condividiamo, ma salvare la vita a Streicher era come uccidere una seconda volta quei milioni di ebrei, e molti altri insieme a loro, che sono stati uccisi nel nome di quella politica che negli anni dell’incubo nazista quel quotidiano ha diffuso e contribuito a dargli una parvenza di legalità.  Ma se la destra estrema aveva sempre visto Norimberga come il fumo negli occhi, adesso è la sinistra, neanche poi così estrema, a prendere le distanze con quel processo. E’ il filosofo Gianni Vattimo ad invitarla ad una profonda revisione. La condanna di Saddam, al pari dei condannati nazisti, gli pare la “sopraffazione del vinto” , ha  l’ “apparenza di un trionfo del bene sul male”, ha scritto ieri sulla Stampa. Dove, questo è il ragionamento, il criminale viene condannato perchè è uno che ha perso, non per le azioni commesse. Certo non per Mieli, valgono per Vattimo le sue posizioni anti-americane e anti-israeliane. Preoccupa l’eventualità che il suo appello venga raccolto, visto il polverone anti-occidentale che l’esecuzione di Saddam ha prodotto. Anche perchè non l’ha scritto sul giornale di Fidel Castro Granma, del quale è collaboratore, ma sul quotidiano della Fiat.


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