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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.01.2007 Attenti, è pericoloso essere misericordiosi con i malvagi
anche se amano gli uccellini e la natura

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 gennaio 2007
Pagina: 8
Autore: Paolo Conti-Alessandra Farkas
Titolo: «Attenti,è pericoloso essere misericordiosi con i malvagi-Il despota che amava gli uccellini»

Sulla condanna a morte di Saddam, l' opinione di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, di Paolo Conti sul CORRIERE della SERA di oggi 02/01/2007 a pag.8. A seguire riprendiamo una colonna a pag.9 di Alessandra Farkas su Saddam in carcere. Parole che ricordano i criminali nazisti durante il processo di Norimberga. Anche di loro si diceva che amavano la natura, si intressavano degli uccellini, si dedicavano al giardino della prigione. Visti così, che tenerezza.

Ecco il primo articolo, di Paolo Conti:

ROMA — Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, si trova da giovedì 28 dicembre a Gerusalemme. È tra i relatori di un convegno internazionale dedicato proprio agli ebrei di Roma, la più antica comunità della Diaspora. Tra gli organizzatori, il Museo italiano di Gerusalemme.
E proprio parlando di cultura, in particolare della tradizione rabbinica, Di Segni risponde alla domanda che mezzo mondo si sta ponendo in queste ore: l'esecuzione di Saddam è stata una barbarie o un atto di giustizia? «La questione della pena capitale per l'ebraismo è complicata, sia dal punto di vista morale che giuridico. Nella Bibbia appare con chiarezza una lunga serie di reati per i quali la pena di morte è prevista. Ma il dato biblico è fortemente integrato dalla tradizione rabbinica che è arrivata a stabilire una procedura estremamente rigorosa, direi quasi pedante, per tutte le sentenze capitali. Per arrivare poi a una conclusione».
Quale, rabbino? «Secondo un insegnamento un tribunale che emetta una sentenza capitale "ogni sette anni o ogni settant'anni" dev'essere considerato un tribunale omicida. Per spiegarci, nell'evoluzione del diritto ebraico la pena di morte non viene abolita ma resta sospesa in un ambito preferibilmente teorico».
Il rabbino Di Segni aggiunge un altro dato storico: «Da una data che per tradizione coincide con quarant'anni prima della distruzione del Tempio, il Sinedrio non decise più condanne a morte. Quella pena è insomma "congelata" da circa duemila anni, per la tradizione ebraica. Ce n'è traccia anche nei vangeli cristiani quando le autorità ebraiche si dichiararono incompetenti a decidere per la condanna di Gesù. E non era certo per l'occupazione romana». Un salto nell'oggi, nello Stato di Israele che prevede la pena di morte per terrorismo ma non ne ha mai fatto uso: non è un caso che l'unica condanna eseguita sia stata quella per il criminale nazista Eichmann».
Quindi anche lei ritiene che l'impiccagione di Saddam sia stato un errore? «Molto probabilmente è stato un errore politico. Ma stiamo attenti perché la sfera politica e quella morale si possono intersecare ma non sono certo la stessa cosa». In quanto all'uso mediatico di questo avvenimento, alla pubblicazione del video on line e della continua «esposizione» del cadavere dell'ex dittatore? «Anche questo è del tutto alieno dalla nostra cultura. Un'offesa a un cadavere è un'offesa anche all'immagine di Dio che è in ogni uomo. Bisogna rispettare tutti i corpi, anche quelli dei peggiori criminali come Saddam Hussein». Ma qual è il giudizio personale di Riccardi Di Segni? Un sospiro: «Per fortuna non abbiamo dovuto compiere noi questa scelta... Ma io rispondo con un insegnamento rabbinico molto forte ma che esprime il mio pensiero: "Chi è misericordioso con i malvagi rischia di diventare malvagio con le persone buone"». Che atmosfera ha trovato in Israele, rabbino Di Segni? «Ho parlato con molti esponenti israeliani, ho letto giornali e seguito i commenti in tv, soprattutto ho girato per le strade. Tutta la vicenda è stata accolta con un certo gelo, diciamo come se fosse una realtà ineluttabile con cui fare i conti. Nessuno si è messo a piangere per l'ex dittatore iracheno, questo è evidente. Ma nessuno, e questo è ancora più importante, si è messo a ballare per le strade per festeggiare la sua morte come abbiamo visto altrove e in altre circostanze. Eppure parliamo di un nemico giurato di Israele, di un uomo che ha bombardato con i missili questo Paese, che assoldava i kamikaze pronti a farsi esplodere tra i cittadini israeliani».
E qui Di Segni si ferma un momento: «Il perché di questo atteggiamento è chiaro. È completamente alieno dalla nostra cultura il gioire quando il tuo nemico cade».

Ecco il secondo, di Alessandra Farkas:

NEW YORK — Saddam Hussein ha trascorso la sua prigionia leggendo, facendo giardinaggio e dando da mangiare agli uccelli.
Nei momenti di debolezza si lasciava andare in rievocazioni nostalgiche del bel tempo perduto. Di quando i suoi figli erano piccoli e per farli addormentare raccontava loro la favola della buonanotte. O per alleviare il mal di pancia della figlia le massaggiava il ventre.
Il ritratto inedito e molto umano del raìs iracheno giustiziato sabato a Bagdad viene dal sergente Robert Ellis, 56 anni, l'infermiere militare americano che si è preso cura di lui tra il gennaio 2004 e l'agosto 2005. «Il mio compito era far sì che vivesse e stesse bene, in modo che potessero ucciderlo più tardi», spiega Ellis in un'intervista al St.
Louis Post-Dispatch. «Un colonnello mi aveva detto che non potevamo permetterci che morisse in mani americane e che per questo dovevo fare tutto il possibile per tenerlo in vita».
Ellis controllava Saddam due volte al giorno e scriveva un diario sulle sue condizioni fisiche e psicologiche.
Stando al racconto dell'infermiere, nei momenti d'aria l'ex presidente iracheno innaffiava un piccolo terreno polveroso e pieno di erbacce, dando da mangiare agli uccellini briciole di pane avanzate dal suo pasto di carcerato.
«Diceva che da giovane era stato contadino e questo non l'ha mai dimenticato», spiega Ellis.
Dietro le sbarre Saddam faceva grande uso di sigarette e caffè. «Sosteneva che il tabacco e la caffeina lo aiutavano a tenere sotto controllo la pressione. Ogni tanto mi invitava a fumare una sigaretta insieme a lui».
Quando Ellis gli annunciò che era costretto a lasciare Bagdad per tornare negli Stati Uniti, dove il fratello stava morendo, l'ex rais lo ha abbracciato. «Mi disse che avrebbe voluto essere mio fratello», rievoca il militare. «Ero là per aiutarlo e mi rispettava per questo».
Ellis sostiene che Saddam si lamentava raramente e quando lo faceva, di solito ne aveva ragione: «Aveva ottime capacità di adattamento». Non parlò mai con l'infermiere della sua morte né espresse rammarico per le sue azioni al potere. «Disse che fece tutto per il bene dell'Iraq».
A un certo punto Saddam iniziò uno sciopero della fame, rifiutandosi di mangiare quando il pasto veniva fatto scivolare per terra sotto la porta della sua cella. «Ricominciò a mangiare quando pranzo e cena gli furono serviti di nuovo direttamente, aprendo la porta. Non voleva essere nutrito come un leone nella gabbia».


lettere@corriere.it

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