Che il nuovo anno, e cent'anni a venire, ci conservino il piacere di leggere, in tutta la loro intelligenza, gli articoli di Magdi Allam. Sul CORRIERE della SERA di oggi, 29/12/2006, a pag. 1-44, quel che pensa della sorte di Saddam Hussein. Mentre il MANIFESTO di oggi pubblica un articolo di Danilo Zolo, intitolato " La pena di morte a Saddam, pietra miliare dell'odio" (ve ne risparmiamo la lettura), nel quale l'unico odio ammesso è quello contro gli Stati Uniti, le parole di Magdi Allam sono un inno alla giustizia.
Ecco l'articolo:
Nell'Italia dove è difficile mettersi d'accordo in seno all'eterogenea compagine governativa e impossibile concordare alcunché di significativo tra maggioranza e opposizione, dobbiamo ringraziare Saddam perché ci ha offerto una rara opportunità, visto che i mondiali di calcio saranno tra 4 anni, di rinsaldare l'unità nazionale.
Non si era mai visto un fronte così ampio e compatto di italiani a difesa della sacralità della vita di Saddam. Registrando oltretutto una singolare intesa tra l'insieme della classe politica e la Conferenza episcopale italiana che ha dello storico in questi tempi di relativismo e nichilismo etico. Verrebbe da dire che non poteva che essere così nella culla del cattolicesimo. Che non avremmo potuto assumere l'atteggiamento pilatesco dei laicisti francesi, dei belligeranti britannici e degli altalenanti tedeschi che si sono tirati fuori, sostenendo che la condanna a morte di Saddam «è una decisione che spetta alle autorità sovrane dell'Iraq». Meno che mai avremmo potuto aderire all'approvazione degli americani, che alle esecuzioni capitali ci credono e le praticano, definendola «un'importante pietra miliare». Così come non potremmo che deprecare l'esultanza degli iracheni, degli iraniani e dei kuwaitiani, ossia dei sopravvissuti alle stragi e alle efferatezze compiute da Saddam.
Ma è proprio così? Siamo veramente una nazione a tal punto virtuosa da sostenere, unici al mondo, il valore supremo della sacralità della vita costi quel che costi? Se così fosse, come mai — restando in ambito iracheno — agli italiani non è venuto in mente di fare un gesto simbolico, fosse anche saltare la prima colazione o accendere un lumicino sul proprio davanzale, per protestare contro le decine di civili innocenti che ogni giorno vengono massacrati dai terroristi di Bin Laden, di Saddam, dell'Iran o della Siria? E guardate che sono vittime preannunciate, con condanne a morte decise dai tribunali dei burattinai del terrore, eseguite puntualmente tutte le mattine tra le sette e mezzogiorno, cioè nelle ore di maggior affollamento. Perché dunque solo per Saddam si inscena lo sciopero della sete e si vorrebbe illuminare il Colosseo?
Se così fosse, come mai — passando in ambito internazionale — non si è finora assistito a questo straordinario esempio di attaccamento al valore supremo della sacralità della vita quando a violarlo è il regime libico, che massacra gli oppositori e sta per giustiziare delle infermiere bulgare e un medico palestinese innocenti, o il regime saudita o quello iraniano che regolarmente danno in pasto alla loro gente lo spettacolo pubblico della decapitazione o impiccagione dei trasgressori della morale islamica? E, per par condicio, come mai la sensibilità collettiva degli italiani non scatta quando al patibolo ci vanno i cinesi, gli americani o i giapponesi? Dovremmo forse concludere che il nostro attaccamento al valore della vita è una variabile dipendente dalla considerazione del nostro interesse economico?
Se così fosse, come mai — passando in ambito strettamente etico — il valore supremo della sacralità della vita dovrebbe valere nel caso di Saddam, mentre viene violato nel caso di Piergiorgio Welby? Come è possibile che coloro che hanno immaginato che l'esistenza di una persona più che vitale potesse essere sacrificata per accreditare il diritto all'eutanasia, siano gli stessi che ora difendono il diritto alla vita di un tiranno che per 35 anni ha esercitato l'eutanasia forzata nei confronti di un milione di iracheni?
Ebbene la straordinaria eccitazione degli italiani per salvare la vita di Saddam, è una inequivocabile testimonianza del fatto che siamo prigionieri di una concezione decontestualizzata del diritto e formalistica dell'etica. Ma, evidentemente, in questi tempi bui non si può sottilizzare. Ben venga, dunque, se serve a mobilitare l'insieme dell'Italia.
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