Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Le "elezioni" iraniane e la repressione contro gli studenti due cronache
Testata: Corriere della Sera Data: 18 dicembre 2006 Pagina: 6 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: «Iran, alleati di Ahmadinejad sconfitti. Avanzata dei moderati e delle donne - Teheran, "marchiati" con le stelle gli studenti ribelli»
DalCORRIERE della SERA del 18 dicembre 2006, un articolo sulle "elezioni" (usiamo le virgolette perché il potere religioso controlla l'"ammissibilità" dei candidati: non si tratta dunque di vere elezioni democratiche) in Iran:
I risultati ufficiali arrivano con il contagocce, si lamenta l'opposizione riformista, ma ormai la sconfitta degli ultra-conservatori che fanno capo al presidente Mahmoud Ahmadinejad è certa. Le elezioni di venerdì scorso in Iran per gli 86 membri del Consiglio degli esperti, i consigli di 113 mila comuni e un numero ridotto di seggi in parlamento erano viste da tutti come il primo test nazionale per l'ex sindaco di Teheran, eletto presidente nel giugno 2005. Il giudizio unanime è che il test è fallito, nonostante i dati definitivi tardino ad arrivare e anche se la debacle non avrà comunque impatti diretti su governo e parlamento. L'ex rivale alle presidenziali di Ahmadinejad, il pragmatico Akbar Rafsanjani, è ormai il sicuro trionfatore al Consiglio degli esperti, l'organismo che sceglie e ha il potere di deporre la Guida suprema, massima carica del Paese. Ex presidente a sua volta, Rafsanjani nel 2005 aveva ottenuto la metà dei voti vinti da Ahmadinejad. Ieri, grazie all'alta affluenza (60%) e a un accordo con i riformisti, aveva già raggiunto 1,3 milioni di preferenze su metà dei voti scrutinati, mezzo milione in più dal secondo eletto. Taghi Mesbah Yazdi, suo principale rivale nonché mentore politico di Ahmadinejad, è solo sesto e molti candidati nella sua lista sono stati sconfitti. Nel Consiglio, la corrente predominante resta quella conservatrice legata alla Guida suprema Ali Khamenei, ma la vitoria di Rafsanjani ha comunque un forte peso politico. Meno notizie si hanno per le comunali. Molte donne elette, molti candidati legati al presidente (finora dominanti nei comuni dell'Iran) sconfitti. Gli ultraconservatori hanno perso la maggioranza del consiglio di Teheran, il più importate.
Sempre dal CORRIERE, un articolo sulla repressione contro gli studenti dissidenti:
Un «rating» di inaffidabilità, come quello delle agenzie Moody e Standard & Poor per il debito internazionale. Stelle-distintivi da indossare sugli abiti, come quelle che i nazisti imponevano agli ebrei. Il tutto in un luogo che ben poco ha in comune con Wall Street e le comunità ebraiche ai tempi di Hitler. Le stelle (il loro numero significa un voto negativo, da uno a tre) sono imposte agli studenti «ribelli» della prestigiosa università Amir Kabir di Teheran. Una scuola d'élite, versione iraniana della London School of Economics e della californiana Berkley, fucina dei leader della rivoluzione islamica che rovesciò lo Shah nel 1979. La settimana scorsa è stato qui che per la prima volta dalla sua nomina, nel giugno 2005, il presidente fondamentalista Mahmoud Ahmadinejad è stato contestato pubblicamente. Una sessantina di studenti l'ha accolto bruciandone i ritratti, gridando «morte al tiranno» e «fascista», mostrando cartelli che chiedevano libertà — qualcuno gli ha tirato anche una scarpa — prima di essere zittiti e fermati, perfino con una granata. Ricercati da varie bande filogovernative (anche se il presidente in persona avrebbe ordinato di non arrestare nessuno), almeno quattro degli studenti filmati durante la protesta ora vivono nascosti. «I miliziani hanno promesso a uno di loro di "tirar fuori suo padre dalla tomba", un'antica minaccia persiana. È in pericolo», ha detto un amico. Erano state proprio quelle stelle a far incendiare la protesta: ultima, simbolica (ma non solo) decisione del nuovo rettore- Ayatollah imposto dal governo nell'università ribelle, dopo il divieto di ogni riunione tra studenti (anche non politica), la distruzione di loro sedi, l'allontanamento dei professori «filoccidentali», il giro di vite sull'abbigliamento delle ragazze. Le stelle, introdotte recentemente, vanno indossate dagli studenti sospettati di minacciare l'ordine. «Chi ne ha ricevuta una ha dovuto firmare una lettera prima di essere ammesso, impegnandosi a non partecipare a nessuna attività politica — racconta Ali Nikou Nesbati, uno dei contestatori dell'11 dicembre — Con due stelle, l'iscrizione viene ritardata e si devono firmare documenti ancora più duri, con tre non ci si può nemmeno iscrivere». In tutto, i «marchiati» sono una settantina, che ora ostentano i distintivi come se fossero onorificenze e ne sottolineano l'analogia con le stelle dei nazisti. Un regime e un periodo storico di cui si è parlato tanto nei scorsi giorni a Teheran, per l'incredibile e controversa conferenza negazionista dell'Olocausto, voluta proprio da Ahmadinejad. Non è quindi un caso che tra i cartelli anti- presidente comparsi all'università quell' 11 dicembre ce ne fosse uno che diceva «le stelle si vedono quando fa buio». Né è un caso che nel suo discorso Ahmadinejad ne abbia fatto menzione. «Ha scherzato, ha detto che voleva emettere un decreto presidenziale per obbligare tutti i ragazzi con tre stelle a diventare sergenti dell'esercito. Ma questo ha fatto davvero infuriare gli studenti», rivela Babak Zamanian, portavoce del comitato studentesco islamico. Ahmadinejad avrà anche scherzato e bloccato (per ora) gli arresti dei contestatori, ma nessuno nel campus di Amir Kabir pensa che la calma durerà a lungo. «Le autorità reagiranno ancor peggio che in passato — dice Armin Salmasi, uno dei leader del movimento, pensando alla rivolta universitaria del 1999, la più cruenta, e a quelle minori degli ultimi anni — Siamo già sotto continua sorveglianza. Presto dovremo entrare in clandestinità: com'era prima della rivoluzione».
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera lettere@corriere.it