La società palestinese è sconvolta da un’ondata di violenza, raffiche di kalashnikof e attentati al tritolo sono ormai il segno distintivo dei rapporti fra Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e Hamas, il gruppo terrorista che ha vinto le elezioni e governa l’Autorità palestinese. Il quale vuole sì uno Stato palestinese, ma al posto di Israele. Non passa giorno senza che le strade di Gaza, ma anche della Cisgiordania, non siano teatro di carneficine. Con una novità di non poco conto: questa volta Israele non c’entra. L’assenza di ogni responsabilità dello Stato ebraico, a giudicare dal pesante silenzio con il quale l’opinione pubblica assiste alla violenza inter-palestinese, ci conferma che non sono le sorti dei palestinesi a preoccupare più di tanto i nostri sinistri-catto-no global, essendo il solo odio contro Israele a guidarne il giudizio politico. Che Haniyè rientrasse a Gaza con 35 milioni di dollari, frutto della sua ubbidienza ai finanziatori iraniani, non ha suscitato poi un grande scandalo. Certo, esiste un blocco internazionale, eppure la sicurezza con la quale il nostro si apprestava ad attraversare il confine al valico di Rafah, tra l’Egitto e Gaza, convinto di poter contrabbandare denaro illegale, rende bene l’immagine del caos nel quale è sprofondata la società palestinese. E non ci sono segnali di cambiamento, anzi, le notizie che giungono dal Terzo Reich iraniano sono delle peggiori. Ahmadinejad ha annunciato che il prossimo anno verserà ad Hamas 250 milioni di dollari. Che non andranno a migliorare le condizioni degli abitanti di Gaza, ma a rifornire di armi e munizioni le sue milizie per far fuori altri palestinesi, senza dimenticare i missili Kassam che continuano ad essere lanciati su Sderot alla faccia della tregua tanto sbandierata. In queste condizioni D’Alema rimprovera Israele il sequestro del denaro (che comunque verrà versato sul un conto intestato alla Lega araba, non certo trattenuto da Israele), incurante del fatto che l’illecito è stato Haniyè a compierlo. Non ce ne stupiamo, sappiamo quale significato il nostro ministro degli esteri dà alla parola equivicinanza, come non ci stupiamo che gli osservatori dell’Unione europea siano stati evacuati durante la sparatoria provocata dalle milizie armate di Hamas. Ci chiediamo però, e non da oggi, quale funzione abbia l’Unifil, se quando ci sono scontri fra le parti, invece di intervenire, tolgono il disturbo.
da Libero
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