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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
14.12.2006 Governo palestinese "del presidente"
un'ipotesi avanzata nel colloqui tra Olmert e Prodi

Testata: Corriere della Sera
Data: 14 dicembre 2006
Pagina: 11
Autore: Maurizio Caprara
Titolo: «Il piano: governo palestinese «del presidente»»

Dal CORRIERE della SERA del 14 dicembre 2006:

ROMA — Un governo palestinese che nel lessico politico italiano si potrebbe definire «del presidente». Una squadra formata forse da tecnici, e comunque senza Hamas, scelta dal pragmatico Abu Mazen. È questa l'ipotesi che si è affacciata nei colloqui del primo ministro israeliano Ehud Olmert ieri a Roma. Nessuno l'ha citata in pubblico, difficilmente qualcuno oggi lo riconoscerà. Ma è la possibilità intorno alla quale stanno ruotando dietro le quinte alcuni tentativi di riprendere un filo nel processo di pace tra Stato ebraico e palestinesi, interrotto con la seconda Intifada.
Massimo D'Alema si è limitato a dichiarare che «da parte israeliana vengono senza dubbio dichiarazioni nuove» e che «si tratta di vedere cosa avverrà da parte palestinese nei prossimi giorni e nelle prossime ore». Romano Prodi ha accennato a un «accordo di fondo» con Olmert sull'esigenza di pace. Il presidente del Consiglio tuttavia ha messo allo scoperto nel suo resoconto pubblico sull'incontro con l'ospite a Villa Madama alcuni tasselli del puzzle in lavorazione.
«E' necessario tentare un discorso sullo scambio di prigionieri, ed è chiaro che bisogna impegnare anche chi tiene in mano il soldato israeliano», ha detto Prodi. Alludeva al caporale Gilad Shalit, rapito il 25 giugno vicino Gaza. «Sono convinto che scambio vuol dire scambio, e non può essere fatto da una parte sola. Ho detto all'amico Olmert che Israele deve essere pronto generosamente a interpretare segni di apertura in modo da ampliare passi rilevanti che si possono fare», ha affermato il Professore.
Sono parole che si comprendono meglio se si tiene presente ciò che è accaduto prima e durante gli incontri a porte chiuse. Olmert è venuto a Roma per frenare tentazioni europee di proporre sconti ad Hamas, il movimento fondamentalista islamico che ha vinto le elezioni palestinesi, ma che non intende riconoscere Israele né, finora, i vecchi accordi tra l'Autorità nazionale e i governi di Gerusalemme e, tanto meno, sceglie di perseguire nei fatti il rifiuto della violenza.
Prodi voleva riportare una proposta europea per la pace in Medio Oriente su binari più accettabili di quanto non fosse un'iniziativa franco-spagnola: dunque no a una conferenza di pace presto, perché prematura, e rafforzare la presenza europea al valico di Gaza, estenderla ad altri punti di accesso alla Striscia invece che puntare su massicce (e sgradite a Israele) forze di interposizione.
Alla fine, Prodi ha accantonato la sua idea di estendere il modello Rafah al controllo dei cunicoli lungo il «Philadelphi corridor» nei quali passano armi e soldi destinati a gruppi armati palestinesi. Olmert, che teme se ne appropri la Siria, non ha appoggiato la sua idea di restituire le Fattorie di Shebaa al Libano per puntellare il premier Fouad Siniora. Più disponibilità l'avrebbe mostrata sul valutare ipotesi di estensione del modello Rafah — militari europei che assistono i doganieri — ad altri valichi Gaza- Egitto e Gaza-Israele.
È a questo punto che si intravede il senso della visita. Il premier
del Kadima è parso pronto a far migliorare le condizioni dei palestinesi, a far passare più soldi per gli stipendi pubblici e ad alleggerire certe ristrettezze, se il nuovo governo dei Territori farà capo al presidente Abu Mazen. Con lui sarebbero più facili rilasci di prigionieri. Ciò che non viene concesso finora, insomma, potrebbe andare a un governo del leader palestinese preferito come interlocutore.
Piuttosto che imboccare una via senza uscita, suggerire dialogo con Hamas, Prodi e D'Alema hanno deciso di vedere come andranno le cose. Cercando terreni di intesa.

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