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Avvenire Rassegna Stampa
14.12.2006 "Costruire la pace" significa fermare chi vuole le guerre
mentre chi è aggredito ha il diritto di difendersi

Testata: Avvenire
Data: 14 dicembre 2006
Pagina: 2
Autore: Elio Maraone
Titolo: «Israele non può sottrarsi al compito di costruire la pace»

Il titolo dell'editoriale di Elio Maraone pubblicato da AVVENIRE del 14 dicembre 2006, " Israele non può sottrarsi al compito di costruire la pace" ne sintetizza bene, ci pare, il contenuto.

Nell'articolo non c'è ostilità antisraeliana, ma ci sono uno squlibrio e una cecità.

Lo squilibrio consiste nel mancato riconoscimento di ciò che Israele ha fatto e continua a fare per la pace. Delle sue passate concessioni, della sua perdurante apertura al dialogo, della tregua di fatto unilaterale che mantiene in questi giorni a Gaza.

La cecità è verso il fatto che a rendere la pace impossibile è oggi chi continua a negare il diritto all'esistenza di Israele e  a praticare o a sostenere  il terrorismo.
Tra costoro vi sono l'Iran , Hamas, una parte di Al Fatah, Hezbollah, e fino a prova contraria anche la Siria.
Senza la sconfitta della loro politica politica di guerra, non sarà possibile nessuna pace in Medio Oriente, qualsiasi cosa faccia Israele.

Ecco il testo:

«La pace è insieme dono e compito». Un compito che «impegna ciascuno ad una risposta personale». Forse - osiamo immaginarlo - non con queste precise parole, da lui scritte per il Messaggio del Primo gennaio, ma serbandone il senso, Papa Benedetto XVI ha accolto ieri il primo ministro israeliano Ehud Olmert. La ricerca della pace è dunque compito di tutti i popoli, ma tale impegno è specialmente stringente in Medio Oriente, dove Israele patisce antiche sofferenze e minacce alla sua stessa esistenza, e insieme ha una grande responsabilità. Non è certo un caso che, nel citato Messaggio per la giornata mondiale per la pace, pubblicato ieri, il Papa ricordi la tragedia del Libano Sud, «dove l'obbligo di proteggere e aiutare le vittime innocenti e di non coinvolgere la popolazione civile è stato in gran parte disatteso» (pure da Israele).
Al centro del colloquio anche la preoccupazione del Papa per la difficile situazione della comunità cattolica in Israele, specie in relazione alle celebrazioni natalizie. Olmert ha assicurato l'impegno del proprio governo a garantire il buon svolgimento delle celebrazioni stesse, e ha rivolto al Papa l'invito, già formulato dal presidente Katsav, a visitare i Luoghi Santi. Quella visita avverrà, ma non si sa quando. Rimane, poi, qualche ombra non dissolta: incontrando il segretario di Stato, cardinal Tarcisio Bertone, Olmert ha per esempio discusso l'annosa questione dell'attuazione degli Accordi fondamentali del 1993 e 1997 che regolano i rapporti fra i due Stati e la presenza della Chiesa in Israele. Le trattative al riguardo, riprese ieri, procedono con fatica.
L'orizzonte internazionale resta cupo e irto di ostacoli. Olmert ha rilevato tra l'altro la gravità dei proclami antisemiti rilanciati dal summit «negazionista» di Teheran. Israele, ha detto, desidererebbe un intervento personale del Papa su questo tema. Ma sarebbe stato utile ricordasse che solo l'altroieri la Santa Sede ha pubblicato una nota di ferma condanna di quel summ it, nella quale la Chiesa cattolica ribadisce la sua posizione di fraterna vicinanza al popolo ebraico.
Insomma, un incontro cordiale, ma sullo sfondo di tensioni e preoccupazioni che non sembrano aver fine. Tra le minacce per la pace, figurano per esempio gli arsenali atomici. L'altroieri in Germania Olmert si è lasciato sfuggire , forse volutamente, che Israele ha un proprio arsenale. L'Iran, che sta cercando di costituire il proprio, non può che aver interpretato questa uscita, che rende ulteriormente arduo un suo coinvolgimento nella ricerca della distensione, come una intimidazione. Sarebbe bello che Iran e Israele leggessero, e si comportassero di conseguenza, quel passo del citato Messaggio papale che ricorda come la non proliferazione delle armi nucleari è lodevole, ma non basta ad assicurare un futuro di pace: occorre infatti «perseguire con determinazione la diminuzione delle stesse e il loro definitivo smantellamento».
Tuttavia rimane per tutti, urgente, indifferibile, il compito della pace. Il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi incontrando ieri Olmert ha detto che questo non è ancora il momento di una conferenza internazionale, ma che è necessario muovere, almeno, piccoli, concreti passi. Il primo potrebbe essere la ripresa del dialogo israelo-palestinese. Il secondo il coinvolgimento nel processo di pace della Siria, che oggi sembra più affidabile che in passato. In ogni caso, ha detto Prodi, una pace stabile non si raggiungerà senza l'intervento degli Stati Uniti e dell'Europa. Speriamo che questa non deluda ancora una volta, nell'imminente Consiglio di Bruxelles.

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