Trattare con la Siria e riconoscere il "ruolo" dell'Iran le idee pericolose di Romano Prodi
Testata: Corriere della Sera Data: 13 dicembre 2006 Pagina: 19 Autore: Giuliano Gallo Titolo: «Prodi: «Fattorie di Shebaa sotto il controllo dell'Onu»»
Dal CORRIERE della SERA del 12 dicembre 2006:
ROMA — Un «no» a Benedetto XVI, sulla restituzione alla Chiesa cattolica della sala del Cenacolo di Gerusalemme, che pure il suo predecessore Ehud Barak aveva promesso a Giovanni Paolo II nel marzo del 2000. E almeno un altro paio di «no» anche a Romano Prodi, sulla possibilità di aprire trattative con la Siria e sull'ineluttabilità di prendere atto che l'Iran è — come vuole la linea ufficiale del governo italiano — «una realtà regionale dalla quale non si può prescindere». Restano poche cose sulle quali il premier israeliano Ehud Olmert, oggi a Roma per una visita di 24 ore, e il suo omologo Romano Prodi potrebbero trovarsi d'accordo. Forse però Olmert potrebbe accettare un rafforzamento del controllo di osservatori internazionali sul valico di Rafah (come gli chiederà Prodi), snodo fondamentale per l'accesso alla striscia di Gaza. E forse potrebbe anche ascoltare con benevolenza la proposta italiana di affidare alle Nazioni Unite le Fattorie di Shebaa, villaggio che sorge al confine fra Libano, Israele e Siria, conteso dal '67, dopo che Israele lo aveva occupato. Oggi la restituzione al Libano delle Fattorie (25 chilometri quadrati, sul quale sorgono appunto 14 fattorie) è una delle richieste più pressanti di Hezbollah, che rivendica da sempre la loro appartenenza al Libano. Israele e Onu ritengono invece che quello scampolo di terra appartenga alla Siria. Da mesi si attende il responso dei cartografi delle Nazioni Unite, che stanno effettuando i loro rilevamenti per vedere a chi davvero possano essere attribuite. Ma sottrarle nel frattempo al controllo israeliano, pensa la diplomazia italiana, potrebbe in qualche modo aiutare il traballante governo libanese di Fuad Siniora, impegnato da mesi in un durissimo braccio di ferro con gli sciiti di Hassan Nasrallah. Un punto sul quale esiste già una buona identità di vedute è la tregua con l'autorità palestinese, e soprattutto la ribadita volontà di Olmert di continuare a lavorare per la creazione di uno Stato palestinese. Sulla Siria invece Olmert ha ripetuto in ogni sede il suo deciso «no» a ogni confronto: «Aiutano Hezbollah, Hamas e il terrorismo in Iraq: tutto questo non può essere alla base di un negoziato politico», ha ribadito in un'intervista l'altro ieri. Ma quello che Olmert vorrebbe incassare è il sostegno dell'Italia nella sua durissima condanna dell'Iran di Ahmadinejad. Per adesso ha ottenuto solo un gesto di comprensione, anche se esplicito: la chiusura di Israele è comprensibilmente significativa, ammette il governo italiano, «vista anche la conferenza sull'Olocausto che si sta tenendo in queste ore a Teheran». Il primo incontro del premier israeliano, che arriva in tarda mattinata proveniente dalla Germania, sarà con il pontefice, per un'udienza privata. Poi a Villa Madama per una colazione di lavoro con Romano Prodi, e poi ancora al Quirinale dal presidente Napolitano. Nel pomeriggio una raffica di altri incontri: dal ministro degli Esteri D'Alema al vice premier Rutelli, fino alla comunità ebraica. Ma ci sarà anche lo spazio per vedere Silvio Berlusconi, che negli anni passati aveva costruito un rapporto molto stretto con la leadership israeliana. Molto meno amichevole invece la manifestazione organizzata per il pomeriggio in piazza Santi Apostoli da varie associazioni di sinistra, alla quale però aderiscono anche i Comunisti Italiani, partito che fa parte del governo Prodi. Una protesta non solo contro la visita di Olmert, ma anche contro l'Unione (che ha la sua sede proprio nella stessa piazza), nel corso della quale i manifestanti chiederanno la revoca dell'accordo di cooperazione militare fra Italia e Israele, firmato dal governo Berlusconi, e la fine dell'embargo contro i palestinesi.
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