domenica 24 novembre 2024
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Equlibrismi giornalistici. Una lettera inviata al direttore del Tg 3 12/12/2006
Egr. Direttore,
quando fu approvata la cosiddetta "Legge Merlin" sulla prostituzione il bravo e simpatico Ugo Zatterin si distinse per un commento al provvedimento legislativo in cui, senza nominare la prostituzione - oggetto della legge - si informavano gli spettatori del telegiornale della chiusura dei "bordelli" (mi scusi pe ril termine, ma era per evitare ovvi giochi di parole con le "case chiuse"). Quell'episodio paradossale di giornalismo televisivo, rimasto nella memoria di tanti, ha subito un discutibile tentativo di imitazione oggi, 11/12/2006, nell'edizione delle 14.20 del Tg3 ad opera di Filippo Landi. Il cronista, riportando le notizie sull'attentato avvenuto a Gaza, in cui sono rimaste uccise le tre figliolette di un fedelissimo del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, è riuscito abilmente a non nominare Hamas tra i possibili responsabili del crimine. E' vero che l'attentato non è stato ancora rivendicato, ma ciò non ha impedito a Landi di nominare l'esercito israeliano, non fosse altro che per riportare che i militare avessero negato un loro coinvolgimento nell'azione. Messaggio subliminale chiaro da parte del cronista: gli Israeliani smentiscono ma chissà... Molti telespettatori, distratti dal pranzo e/o poco attenti alle vicende mediorientali avranno probabilmente tratto la conclusione che i responsabili siano stati i "soliti" Israeliani, come quando lo stesso Landi, mostrando le immagini delle case di Sderot colpite dai missili Qassam parlò degli attacchi israeliani.
Il conflitto israelo-palestinese è un affare estremamente delicato e complesso, anche perché, come molti sono soliti ripetere, è un conflitto tra due ragioni. Ne consegue che un atteggiamento che, nella sua partigianeria, rasenta il tifo da stadio, oltre ad essere poco professionale rende difficile all'opinione pubblica farsi un'idea e, quindi, esercitare la necessaria azione di controllo sulle azioni del nostro Paese in quell'area in cui siamo coinvolti sul piano politico, economico e, sia pure con funzione di peace keeping, militare

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