Due vite – Vikram Seth Traduzione di Stefano Beretta Casa Editrice Longanesi Euro 18,60
Dopo il successo ottenuto con i romanzi “Il ragazzo giusto” e “Una musica costante”, lo scrittore indiano Vikram Seth torna con un libro di memorie. Due vite è infatti la storia di suo zio Shanti, emigrato a Londra da ragazzo, dove eserciterà la professione di dentista, e della moglie Henny, ebrea tedesca fuggita da Berlino all’avvento del nazismo. Le esperienze laceranti che hanno segnato la loro vita, la madre e la sorella di Henny muoiono nei campi di sterminio nazisti, Shanti arruolatosi nell’esercito britannico perde un braccio nella battaglia di Montecassino, non gli impediranno di accogliere con gioia il giovane Vikram che negli anni Settanta giungerà a Londra per studiare. La vita degli zii è tratteggiata in maniera mirabile dall’autore che riesce a cogliere ogni piccola sfumatura del rapporto, a volte conflittuale, che lega Shanti ottimista e vivace alla moglie Henny, alta, magra e poco espansiva. In realtà Due vite è anche una storia d’amore, di rispetto e di sostegno reciproco sullo sfondo di vicende storiche e politiche estremamente drammatiche. La stesura del libro, ci spiega l’autore, prende una svolta imprevista allorquando trova nella soffitta della casa di Shanti un baule pieno di testimonianze scritte, in particolare lettere appartenenti alla defunta zia Henny. Quelle lettere fanno luce su un microcosmo di storie personali, di amicizie e di amore che si intrecciano con la Storia passata. E sempre da quelle lettere ad amici e conoscenti veniamo a sapere del licenziamento di Henny dalla compagnia di assicurazione presso cui lavorava, del collaborazionismo di tanti tedeschi che prima erano suoi amici, della deportazione della madre e della sorella a Theresienstadt e ad Auschwitz, della grande generosità di Henny che non lesina aiuti agli amici tedeschi quando, nel dopoguerra, si trovano ad affrontare terribili ristrettezze economiche. L’avversione per la lingua tedesca che ad un tratto l’autore sviluppa nel corso delle sue ricerche sull’Olocausto compiute al museo dello Yad VaShem in Israele mal si concilia con l’opinione piuttosto dura che esprime nei confronti dello Stato ebraico. E’infatti con un certo stupore che leggiamo: “ Dopo che Hitler era salito al potere in Germania, si poteva anche sostenere che per gli arabi palestinesi fosse un imperativo umanitario condividere gli spazi con gli ebrei che erano stati oppressi con tale crudeltà, ma non ne consegue che gli ebrei avessero il diritto di ritagliarsi il proprio Stato in Palestina. L’espulsione di altri palestinesi dalla loro terra, i massacri nei campi profughi sotto il controllo dei militari israeliani durante le operazioni in Libano nel 1982, la costruzione del muro di frontiera, con l’inclusione di altre terre palestinesi, l’assassinio dei leader palestinesi, la regolare umiliazione dei civili palestinesi da parte delle truppe israeliane dipingono un quadro di terrore, ingiustizia e arbitrio…..”
Il libro è corredato sia da fotografie, grazie alle quali il lettore può fare la conoscenza della variegata famiglia dello scrittore immortalata in momenti intimi di vita quotidiana, sia dalle lettere di Henny con le risposte del nipote. L’ultima parte del libro diventa romanzo nel romanzo perché Vikram racconta la genesi del libro, sino alla fine amara, quando lo zio Shanti, alle soglie della follia, lo ripudia e lo disereda. Eppure, da ultimo, la stima e la venerazione che lo scrittore ha nutrito per lo zio in tanti anni e così duramente messa alla prova, non gli impedisce di scrivere a conclusione del libro: “….Cerchiamo, in breve, di credere alla logica umana e forse, a tempo debito, all’amore”.