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La Repubblica Rassegna Stampa
11.12.2006 Se l'antisemitismo è colpa di Israele
un alibi per l'Iran, per i fondamentalisti islamici e per gli estremisti di sinistra o di destra

Testata: La Repubblica
Data: 11 dicembre 2006
Pagina: 13
Autore: Vanna Vannuccini
Titolo: «Alla conferenza di Teheran tra antisemiti e falchi del regime»

Da La REPUBBLICA dell'11 dicembre 2006, un articolo di Vanna Vannuccini sulla conferenza negazionista a Teheran.
Nel testo, abbiamo sottolineato e commentato una frase a nostro giudizio inaccettabile: 

TEHERAN - No, non ci saranno difficoltà per il visto, se lei vuole partecipare alla Conferenza internazionale sull´Olocausto, mi avevano detto all´ambasciata iraniana a Roma. Anzi, poiché lei sostiene che l´Olocausto è stato una, se non la più grande tragedia del Novecento, perché non manda un paper? Il presidente Ahmadinejad ha detto che l´Olocausto sarà finalmente un tema di dibattito serio, dopo che per 60 anni è stato considerato un crimine in Occidente senza che vi sia stata discussione seria nei media o nelle riunioni politiche e popolari. La conferenza, come ha spiegato il vice ministro degli Esteri Manucher Mohammadi «darà un´opportunità a tutti gli studiosi per far conoscere le loro opinioni in piena libertà».
C´era voluto un po´ per spiegare che no, io non chiedevo un visto per «partecipare» alla conferenza, ma solo per osservare, da giornalista, un´iniziativa deprecata in tutto il mondo e fortissimamente voluta invece dal presidente Ahmadinejad, che vede nell´opposizione incendiaria contro Israele un modo per unificare i suoi obietivi strategici, guadagnare alleati tra le masse arabe e tenr fede al mandato ideologico khomeinista. Secondo Ahmadinejad lo sterminio organizzato di milioni di ebrei, compiuto dalla Germania nazista negli ultimi due anni della Seconda Guerra mondiale, sarebbe «una leggenda».
Il presidente parla di «una rete sionista»che in combutta con gli Stati Uniti ha manipolato la storia in modo da giustificare la colonizzazione della Palestina da parte dei sionisti e annientare il popolo tedesco nei sensi di colpa. Non a caso il titolo della conferenza è volutamente ambivalente: «Review of the Holocaust» si chiama, con un termine - review - che in inglese significa sia «studio» sia appunto «revisione».
Se anche a una semplice giornalista veniva offerto di partecipare come «studiosa dell´Olocausto» c´è da pensare che non sia stato facile per gli organizzatori trovare un numero adeguato di partecipanti - anche se di questi tempi la sfortunata equazione tra politica israeliana e solidarietà ebraica ha contribuito a far rinascere nuovi risentimenti antisemiti - soprattutto nel mondo islamico ma anche tra i radicali occidentali (di estrema destra e qualche volta anche di estrema sinistra).

Che cos'è la "sfortunata equazione tra politica israeliana e solidarietà ebraica"?
La Vannuccini intende forse che è la pretesa di Israele di esistere e di difendersi la causa dell'antisemitismo?
E' vero esattamente il contrario, è l'antisemitismo a causare l'incessante tentativo di ditruggere Israele.
E né i fondamentalisti islamici, né i "radicali" occidentali di estrema sinistra o di estrema destra hanno bisogno di confondere "politica israeliana e solidarietà ebraica" per "diventare" antisemiti, giacché, come la storia dimostra (sia nell'islam, sia nella destra e nella sinistra europee l'antisemitismo è cronologicamente anteriore al sionismo) è il loro odio per gli ebrei a motivare il loro odio per Israele e non viceversa.
 

Comunque sia, il ministero degli Esteri ha ora ufficialmente annunciato che alla conferenza parteciperanno 63 «scienziati» di 30 paesi. I paesi sono stati resi noti (c´è, pare, anche l´Italia) ma i nomi degli scienziati no. Il motivo di tanta segretezza, è stato spiegato, era evitare che ai partecipanti venissero ritirati i passaporti dai loro democratici paesi come Germania o Austria dove i negazionisti - per esempio l´ex avvocato della Rote Armée Fraktion Horst Mahler o lo storico inglese David Irving, entrambi invitati - siedono in prigione. In Germania, vale la pena notarlo, in questo stesso momento nelle stazioni ferroviarie verrà aperta una mostra sulle deportazioni degli ebrei nei vagoni blindati della Deutsche Reichsbahn, le ferrovie del Reich.
I nomi li sapremo dunque, a sorpresa, all´inizio della conferenza. Ma anche la sede non è stata scelta a caso. L´Istituto del Ministero degli Esteri per gli Studi Politici e Internazionali che la ospita ha fama di un istituto rispettabile, dove si sono tenuti in passato convegni di prestigio accademico e diplomatico.
Elegantemente situato sulla via Aghai, che scende dal viale Niavaran, percorsa da uno dei tanti ruscelli che discendono dalle montagne dell´Alborz, è stato uno dei centri dove si è sviluppato il «Dialogo delle civiltà» voluto dal presidente riformatore Khatami. Nella libreria accanto all´ingresso del centro sono esposti in vetrina una «Enciclopedia della Democrazia», un volume sulla «Diplomazia digitale» e uno su «L´essenza e gli obietivi della teoria della relazioni internazionali». Nei giorni scorsi è stato aggiunto in prima fila anche un volume sull´Olocausto, accanto a un cartello dove è scritto a mano: abbiamo anche il Corano e il Mafatih (una raccolta di preghiere per le quali è famoso il Quarto Imam sciita).
Al dialogo delle civiltà Khatami aveva specificatamente invitato anche «gli studiosi ebrei». Diceva che l´antisemitismo era stato un fenomeno unicamente occidentale che non aveva precedenti nel mondo islamico. Fu il primo - insieme all´amico e suo ministro dell´Interno Abdullah Nouri, poi processato dal Tribunale religioso per apostasia - a cambiare il tono della retorica del regime. Nel 2002, quando il principe saudita Abdullah propose il riconoscimento collettivo dello Stato d´Israele da parte di tutti gli Stati arabi se Israele si fosse ritirato dai territori occupati, Khatami prese l´iniziativa: «Onoreremo tutto quello che il popolo palestinese accetterà», disse e il suo ministro degli Esteri Kharrazi definì la proposta «la più generosa iniziativa di pace da parte degli Stati arabi». Una particolare combinazione di eventi interni (l´ascesa dei riformatori) ed esterni (il processo di pace che prometteva finalmente di progredire) spinse allora perfino il Leader supremo Khamenei a non opporsi al nuovo corso, modificando una politica che era stata uno dei pilastri del regime fin dalla rivoluzione.

Questo ritratto di Khatami corrisponde assai poco alla realtà di un politico che non ha mai messo davvero i presupposti ideologici del regime khomeinista, incluso il suo antisionismo radicale e il suo antisemitismo.
(si veda una selezione di articolo su Khatami inserendo il suo nome nella casella di ricerca di Informazione Corretta) 


Nell´opposizione a Israele Khomeini aveva infatti identificato un collante per unificare gli ayatollah, che da sempre consideravano lo Stato ebraico un´entità illegittima che aveva usurpato la sacra terra musulmana, e i rivoluzionari laici. Khomeini aveva denunciato lo Scià come «agente del sionismo»e durante la guerra contro l´Iraq i martiri che s´immolavano sulle mine di Saddam Hussein venivano definiti eroi che combattevano per Gerusalemme. «La via per Gerusalemme passa per Kerbala» era il motto.
E ora che la via per Gerusalemme non passa per Kerbala da dove passa? ha domandato ironicamente uno studente del politecnico Amir Kabir al capo negoziatore del dossier nucleare Ali Larijani quando questi, un mese fa, tenne agli studenti del politecnico una lezione sull´energia nucleare. Ormai perfino una domanda innocentemente ironica come quella sembra diventata impossibile.
Ieri mattina c´era allarme rosso nelle università di Teheran dopo che alcune centinaia di studenti del Politecnico avevano annunciato una protesta «per chiedere più libertà». Università circondate dalla polizia, vietatissimo a tutti l´ingresso, controlli ad ogni incrocio, traffico impazzito. Questo è l´Iran di oggi: un radicale alla presidenza, che sta accumulando sempre più potere; un´opposizione riformatrice senza speranza; e un complesso militare che aspira alle armi nucleari.

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