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27 gennaio, parole vuote 10/12/2006
Lettera inviata al Corriere della Sera:
A Sergio Romano,
 
il 27 gennaio, giorno della liberazione del campo di Auschwitz, è diventato un giorno di meditazione su quello che è stato il tentativo (peraltro riuscito in parte), dello sterminio degli ebrei.
Ogni anno, in quella data, ci sono convegni  nei quali  si parla e si sottolinea  che al baratro di Auschwitz si è arrivati in nome dell'odio. Il proposito, almeno ufficialmente, è quello di conoscere in modo da evitare in futuro altre tragedie di questo genere.
A me, sinceramente, sono sempre sembrate belle parole vuote, ma mai come quest'anno questa sensazione è divenuta una certezza. Se fosse veramente così, infatti, non avrebbe dovuto l'Italia, esprimere un rammarico ufficiale per quanto detto dal presidente iraniano Ahmadinejad? Non avrebbe dovuto forse dissentire dalla gara di vignette satiriche sulla Shoah indetta da un quotidiano iraniano, gara vinta anche da un vignettista satirico italiano? E adesso non sarebbe opportuno che si dissociasse dal convegno che si terrà a Teheran per stabilire se la Shoah è stata veramente perpetrata?
Primo Levi, e non solo lui, si è suicidato proprio nel timore di una distrazione come questa e, mi dispiace dirlo, la tolleranza di simili manifestazioni sono una sconfitta del mondo libero e vigile.
Ester Picciotto

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