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Il Secolo XIX Rassegna Stampa
09.12.2006 Coinvolgere la Siria per stabilizzare il Medio Oriente
è l'opinione di David Bidussa

Testata: Il Secolo XIX
Data: 09 dicembre 2006
Pagina: 21
Autore: DAVID BIDUSSA
Titolo: «Beirut, un test per il ruolo dell’Ue nel mondo»

Pubblichiamo, dal SECOLO XIX di oggi 09/12/2006, a pag.21, l'opinione di David Bidussa che scrive "...Per questo il Presidente egiziano Hosni Mubarak, preme per una soluzione negoziata della crisi e tutti i moderati arabi sono convinti della necessità di coinvolgere la Siria nel negoziato complessivo. Solo a questa condizione il Medio oriente mediterraneo avrà una possibilità di futuro."E' l'opinione dell'autore, non la nostra. La Siria è da sempre uno stato canaglia, e l'esperienza insegna che con gli stati canaglia non si tratta . Gheddafi ha cambiato politica non dopo "colloqui di pace" ma dopo che l'America gli ha lanciato alcuni "segnali" esplosivi. Con la Germania nazista l'Europa negli anni '30 instaurò "colloqui di pace", si vide poi il risultato. Come aveva previsto Churchill, "oltre alla guerra avremo anche il disonore". Quella che segue è l'opinione di David Bidussa.

Un governo assediato dalla folla. La scena che va in onda da venerdì a Beirut l’abbiamo già vista molte volte negli ultimi anni. Un governo rinchiuso fuori e una folla dentro. Di solito l’immagine è quella delle insurrezioni pacifiche, non violente delle molte piazze dell’Europa dell’Est: Budapest, Mosca, Minsk. Quella di Beirut è una scena che non ha lo stesso valore. A Beirut in palio non c’è solo il governo locale. C’è la possibilità di un medio oriente che lavori con l’Europa. Né più, né meno. Oggi il Medio oriente è composto da due diversi scenari geopolitici. Il primo – che per comodità chiamiamo “persico” è quello che ruota intorno al conflitto indiretto con l’Iran e ha il suo campo di battaglia nelle strade di Baghdad; il secondo – che chiameremo “mediterraneo” - ha il suo fuoco di crisi politica a Beirut e ha il suo interlocutore indiretto a Damasco. Sono diversi perché rispondono a logiche e a disegni strategici diversi. Il medio oriente persico è parte dello spostamento verso l’Asia del punto di scontro internazionale. La fine della Guerra fredda, poi il crollo dell’Unione sovietica solo temporaneamente hanno prodotto l’illusione che ci fosse la solitudine della superpotenza statunitense. Il vuoto di conflitto per assenza di contendenti è durato molto poco. Oggi gli Stati Uniti sanno che il loro rivale è la Cina e che le “nuove frontiere dell’Occidente” sono l’India, il Pakistan. Il consolidamento di questo quadro passa per il contenimento dell’Iran. Il Medio oriente mediterraneo rispetto a quest’asse di scontro costituisce una lontana retrovia, ma è lo scenario che l’Europa, marginalizzata dalla fine della guerra fredda, deve coltivare e “costruire” se vuole tornare ad essere una potenza possibile nel sistema-mondo. La manifestazione di forza di Hezbollah a Beirut contro il governo di Fouad Seniora esprime non solo uno dei malesseri che affliggono il Libano, ma indica anche che il quadro politico in cui nel corso dell’estate scorsa è maturata la decisione di impegnarsi come forza interposizione da parte di alcuni paesi europei - Italia in testa – è decisamente mutato e che tutta l’operazione di pacificazione, peraltro molto complicata, rischia di saltare. Per questo il Presidente egiziano Hosni Mubarak, preme per una soluzione negoziata della crisi e tutti i moderati arabi sono convinti della necessità di coinvolgere la Siria nel negoziato complessivo. Solo a questa condizione il Medio oriente mediterraneo avrà una possibilità di futuro. Con lui anche l’Europa. Ma perché questo accada non basta che si ricomponga la crisi di queste ore, occorre che si dissolva il sogno dell’ autosufficienza del Libano che si sostiene su un doppio rifiuto: della tutela imperativa della Siria e della presenza massiccia delle forze dell’Unifil. A Beirut non si decide della composizione di un governo, ma del futuro possibile del Medio oriente e, appunto, del ruolo dell’Europa. Né più, né meno.

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