Un pessimo presidente, se sarà ricordato sarà solo per le sconfitte che fece subire al suo paese. Verrà soprattutto ricordato per l'incapacità dimostrata verso l'Iran komeinista, che invase l'Ambasciata americana a Teheran catturandone gli impiegati. Non soddisfatto del suo triste passato, Jimmy Carter fa la fine di tutti i mascalzoni, abbraccia l'antisemitismo attraverso l'unica via permessa nei paesi democratici: l'attacco a Israele. Scrive un libro, e se tutti lo attaccano dà la colpa alla lobby ebraica. Riportiamo la cronaca da REPUBBLICA, proprio perchè presenta i fatti senza attaccare Carter, come suo solito. Ma anche dal servizio del quotidiano di proprietà dell'Ing. Carlo de Benedetti, pur se in maniera blanda, una certa critica traspare. L'articolo è a pag. 16, l'autore Riccardo Staglianò. Eccolo:
È il titolo, soprattutto, che gli contestano. "Palestina: pace non apartheid". E poi tutto il resto: mappe sbagliate, qualche plagio, amnesie selettive nelle ricostruzioni e uno strabismo politico a tutto svantaggio degli israeliani. Il mite Jimmy Carter ha scritto un libro sul Medio Oriente uscito tre settimane fa e ora sta venendo giù il mondo. Con un drappello sempre più nutrito di critici che ha organizzato un plotone di esecuzione verbale. «Indecente» ha liquidato il riferimento all´ex regime sudafricano il celebre - e spesso discusso - giurista di Harvard Alan Dershowitz. «Ha abbandonato ogni obiettività e si comporta senza ritegno come un portavoce della causa palestinese» ha stigmatizzato il centro Simon Wiesenthal di Los Angeles. Da ultimo Kenneth Stein, professore di storia mediorientale alla Emory University, si è dimesso dal Carter Center in polemica: «Essere un ex presidente non dovrebbe consentire di inventarsi informazioni» ha tuonato, rimandando a un secondo momento la lista degli addebiti fattuali, in una mail furente ai colleghi. Per non dire della radioattività che entrambe le formazioni politiche sentono provenire dal saggio. Con addirittura la speaker Nancy Pelosi che, prima ancora che uscisse, si era affrettata a dire che «non rappresenta la linea dei democratici su Israele».
Una tempesta mediatica perfetta. Rara nel catalizzare tanta ostilità bipartisan. Che però non ha turbato l´autore che ieri ha spiegato le sue ragioni sul Los Angeles Times. I motivi di tanto fracasso starebbero nella congiura del silenzio sull´argomento che si vive da 30 anni in America. «Sarebbe quasi politicamente suicida - scrive - per un membro del Congresso sposare una posizione bilanciata tra Israele e Palestina, suggerire che la prima dovrebbe rispettare il diritto internazionale o parlare in difesa dei diritti civili dei palestinesi». Perché l´American-Israel Political Action Committee, la lobby pro-Gerusalemme, vale troppi voti per mettersela contro. Sebbene qualcuno lo dipinga come scandalosamente a senso unico il libro condanna «ogni atto di terrorismo contro i civili e riporta il terribile numero di morti su entrambi i fronti». Le vendite vanno benissimo. E Carter dice di averne firmate 5000 copie solo negli ultimi giorni. Il suo scopo è «descrivere l´abominevole oppressione e persecuzione nei Territori occupati, con un rigido sistema di segregazione per molti versi peggiore di quello dei neri in Sudafrica». Un´analogia, d´altronde, che lo stesso premio Nobel Desmond Tutu, usò nel raccontare la sua visita in Israele nel 2002. E che si ritrova sia nel dibattito interno israeliano che su Amazon.com, con quasi 200 tra libri e articoli sullo stesso concetto. Con titoli uguali o simili.
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