Dal FOGLIO dell'8 dicembre 2006, un articolo di Giulio Meotti:
Roma. Due giorni fa, dalla città di Ramsar, il presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, ha chiesto ai paesi occidentali di incamminarsi sul “sentiero di Allah” o di prepararsi al peggio: “Scomparire dalla faccia della terra”. In una lettera aperta agli Stati Uniti, Ahmadinejad ha poi invitato gli americani a sbarazzarsi dell’Amministrazione che sostiene il “regime sionista”. Lo storico di Harvard Daniel Goldhagen, autore del controverso “I volenterosi carnefici di Hitler”, in quest’appello vede lo stesso spirito con cui l’ayatollah Khomeini si rivolse all’Unione sovietica. E’ in questo clima di solforosa epifania che l’11 e 12 dicembre Teheran ospiterà una Conferenza negazionista sull’Olocausto, a cui partecipano 67 studiosi e intellettuali provenienti da 30 paesi. “Khomeini invitò Gorbaciov a non abbandonarsi al materialismo – ci spiega Goldhagen – L’islamismo è convinto che il futuro gli appartenga, la modernità è corrotta, gli ‘infedeli’ kafirs saranno sconfitti e collasseranno come i sovietici in Afghanistan, l’Iran dominerà il mondo con una versione d’islam totalitaria che nega il diritto di esistere ai non musulmani. Un sondaggio del Times dice che il 40 per cento dei musulmani inglesi considera gli ebrei del Regno Unito ‘legittimi obiettivi della guerra per la giustizia in medio oriente’. L’invito di Ahmadinejad dev’essere preso seriamente, con il suo linguaggio di dominio, morte e sottomissione. Intimando all’Europa di chiedere scusa per le vignette, il leader di Hamas, Khaled Mashal su al Jazeera ha detto: ‘Guideremo il mondo, se Allah vorrà’”. Lo storico Matthias Küntzel è il massimo esperto in Europa del messianismo escatologico giudeicida di Teheran. Docente alla Università ebraica di Gerusalemme e autore di una decina di libri sull’antisemitismo, di Küntzel il Foglio aveva pubblicato ad aprile un saggio apparso su New Republic, in cui raccontava l’apocalisse dei martiri di Khomeini, i Basij. “Mai prima di oggi la leadership di un paese così esteso e importante come l’Iran aveva evocato al mondo la negazione dell’Olocausto – spiega Küntzel al Foglio – L’annuncio di un nuovo crimine epocale contro gli ebrei è stato elevato a politica governativa”. Secondo Matthias Küntzel, Teheran sta cercando di trasformare il “mito dell’Olocausto” in nuovo paradigma storiografico. “Dal dicembre 2005 la ‘menzogna’ è diventata martellante nei sermoni televisivi – ci racconta Küntzel – Nei talk show parate di storici sbeffeggiano le camere a gas e il centro religioso di Qom annuncia progetti di ricerca contro i ‘difensori dell’Olocausto’. L’ex presidente iraniano, Hashemi Rafsanjani, ha detto che ‘Hitler ha ucciso solo 20 mila ebrei e non 6 milioni’. Dove sono le proteste della piazza contro questo genere di menzogne? Nella Fiera del libro di Francoforte lo stand iraniano mostrava i ‘Protocolli dei savi di Sion’”. Secondo Daniel Goldhagen, la negazione dell’Olocausto è “la via maestra per fomentare la distruzione del popolo ebraico. L’islam politico ha mutuato dal nazismo lo stile antisemita. E’ naif credere, come fanno i liberal e buona parte dell’Europa, nella distinzione virtuale fra ebrei e Israele, come vorrebbe Teheran”. Ahmadinejad è in grado di rovesciare le parti: “Non è più il negazionista che deve giustificarsi, ma il non-negazionista – prosegue Küntzel – Ahmadinejad è il primo ad aver celebrato l’Olocausto adottando la postura del combattente della libertà, inserendo la negazione dello sterminio ebraico nell’opposizione fra libertà e schiavitù, con il pretesto di eliminare gli ‘oppressori della verità’. Ahmadinejad gioca il ruolo di populista globale, è un Arafat con il look di Mao. I suoi discorsi sono rivolti agli ‘oppressi’, coltiva relazioni con Chávez e Castro, sostiene che la vita di ogni gruppo razziale, etnico e religioso dev’essere rispettata e che i 25 mila ebrei iraniani sono trattati benone”. Goldhagen è convinto che in retorica pubblica l’antisemitismo islamico superi quello nazista: “L’ex presidente Rafsanjani ha auspicato l’uso di armi atomiche contro Israele – ci dice Goldhagen – E’ la demonologia ebraica che troviamo negli anni Trenta: uccisione dei nemici, decapitazione, giocare con parti del loro corpo, guardarli soffrire. Ahmadinejad non è un leader radicale, ma un rappresentante legittimo dell’Iran. Tre presidenti iraniani, uno dopo l’altro, hanno invocato l’incenerimento di Israele”. Secondo Küntzel, i pasdaran sperano di coltivare buoni rapporti con l’occidente insinuandosi nella distinzione fra ebraismo e Israele: “Non possiamo separare la negazione dell’Olocausto dalla volontà di eliminare lo stato d’Israele. Ahmadinejad usa la parola ‘sionista’ come Hitler usava ‘ebreo’, per designare l’origine di ogni male. I sionisti avrebbero fabbricato le vignette su Maometto, i sionisti avrebbero distrutto la Moschea d’oro in Iraq. Spetta a lui distruggere Israele, il ‘germe del male’, per salvare il mondo”. Ahmadinejad ricava il senso della missione dal mito del dodicesimo imam, il messia islamico scomparso nell’874, e che si crede discendente di Maometto. “Ahmadinejad ha concluso il suo primo discorso all’Onu implorando Allah per il ritorno di questo imam. Il premio Nobel V. S. Naipul descrive i poster nella Teheran della postrivoluzione come quelli della Cina di Mao. Ovunque la stessa frase: ‘Dodicesimo imam, ti stiamo aspettando’”. E’ profondo il legame fra negazione dell’Olocausto e messianesimo sciita: “La negazione dello sterminio è concepita come atto di ‘liberazione della verità’, come la guerra contro l’Iraq era precondizione per il ritorno dell’imam. L’ayatollah Khomeini, cui Ahmadinejad si ispira, era stato influenzato dagli scritti antisemiti nazisti. Per centinaia di anni, la variante sciita dell’islam era stata pietista e non violenta. Khomeini l’ha soggiogata all’interpretazione jihadista: il fervore per la morte come cultura globale”. Per Küntzel serve deterrenza economica e politica contro il regime iraniano. “Non è accettabile che Teheran resti membro dell’Onu nata sull’onda della Seconda guerra mondiale. I governi europei e le élite tendono a separare la questione nucleare dal millenarismo islamico. Sarebbe tragico far partecipare il regime iraniano alla soluzione del conflitto mediorientale, come suggeriscono i ‘realisti’”. La Germania nel 2005 ha esportato merci in Iran per 4,5 miliardi di dollari. “Il ‘dialogo critico’ serve come placebo: mentre la Germania lasciava intendere di aver capito la lezione della storia corteggiava i negazionisti alla Rafsanjani. Uno dei problemi è che in Germania la parola ‘nemico’ non ha domicilio linguistico, il nemico è l’amico con cui non ho negoziato abbastanza. All’epoca solo una piccola minoranza capì quanto scrisse Stefan Zweig prima di togliersi la vita: ‘La più terribile mostruosità diventerà materia di un corso di studi’”.
Dal CORRIERE della SERA, un editoriale di Piero Ostellino:
Lunedì e martedì si terrà a Teheran una «Conferenza sull'Olocausto» alla quale parteciperanno studiosi provenienti da 67 Paesi. Riferisce l'ambasciata iraniana a Roma che avranno spazio sia le tesi che negano sia quelle che riconoscono la Shoah. Si tratterebbe, dunque, di un convegno a carattere scientifico il cui obiettivo consisterebbe nel mettere a confronto tesi storiografiche diverse, ma ugualmente legittime, su uno dei momenti più drammatici della storia contemporanea. In realtà, la «Conferenza sull'Olocausto» di Teheran è un grossolano e tardivo tentativo di negare ciò che ha significato, per i diritti delle minoranze, la vittoria delle democrazie liberali sul nazifascismo (e i suoi alleati islamici) e una volgare versione del secolare antisemitismo.
Dalla stessa precisazione ufficiale traspare, infatti, in tutta evidenza quale sia la funzione della Conferenza: accreditare l'ipotesi che abbiano uguale dignità la storiografia sullo sterminio degli ebrei ad opera della Germania nazista e la pseudo-storiografia che lo nega, ne contesta il numero delle vittime, esclude le criminali modalità di esecuzione pianificata (le camere a gas) e interpreta il fenomeno come una semplice e non voluta conseguenza dello stato di prigionia (le morti per stenti). Lo sterminio «amministrativo» di massa degli ebrei non sarebbe stato — secondo le interpretazioni assolutorie dei negazionisti — il più grande crimine contro l'umanità, ma solo un fenomeno da valutare come altri orrori della storia.
La mistificazione non è nuova. È presa a prestito dagli argomenti, falsamente revisionistici, di uno studioso negazionista, Robert Faurisson. Che, per conferire dignità storiografica alle tesi negazioniste, ha arbitrariamente messo sullo stesso piano una verità appurata attraverso testimonianze e documentazioni incontrovertibili (la Shoah) e tesi minoritarie che, senza portare una sola prova a proprio sostegno, si limitano a cercare di smontare quelle dell'immensa storiografia sterminazionista allo scopo di sminuire il giudizio morale e politico, pressoché universale, sui crimini nazisti.
Non è, perciò, un caso che la pseudo-conferenza si tenga a Teheran, già teatro di un'esposizione di disegni satirici sulla Shoah nell'agosto di quest'anno. «Gli occidentali — ha detto il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad — hanno inventato il massacro degli ebrei», per giustificare l'esistenza di Israele. Che, invece, andrebbe distrutto e cancellato dalla mappa geografica del Medio Oriente. Le parole di Ahmadinejad hanno, infatti, un duplice obiettivo. Innanzi tutto, di ridurre il diritto di Israele alla propria esistenza a un «affare interno» dell'Occidente. Che, perciò, dovrebbe — secondo il presidente iraniano — mettere a disposizione degli ebrei un pezzo di terra negli Stati Uniti, o in Europa, in Canada, in Alaska. In secondo luogo, di attribuire alla propria intenzione di distruggere Israele il carattere di «difesa preventiva» da un attacco israeliano. L'Olocausto — secondo una nuova versione della «congiura ebraica» emersa negli anni Cinquanta — altro non sarebbe stato che la reazione «patriottica» dei nazisti alla dichiarazione di guerra alla Germania, all'avvento di Hitler al potere nel 1933, proclamata da parte dell'ebraismo mondiale.
In conclusione. La «Conferenza sull'Olocausto» di Teheran è un'operazione politica mascherata da avvenimento culturale, nel quadro della contrapposizione fra un certo mondo islamico, l'Occidente e Israele. Una patacca.
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