martedi` 22 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.12.2006 La Siria è "indispensabile" alla stabilità del Medio Oriente?
per ora è tra i responsabili della destabilizzazione

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 dicembre 2006
Pagina: 5
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Soddisfazione a Damasco «Ora è chiaro che devono coinvolgerci»»

 Dal CORRIERE della SERA del 7 dicembre 2006, un articolo sull'ipotesi di dialogo tra Stati Uniti e regime siriano avanzata dalla commissione Baker.
Quasi interamente costruito sulle dichiarazioni di analisti vicini al regime (eccettuato un dissidente), che esultano per il riconoscimento del ruolo della Siria e attaccano l'amministrazione Bush.

Vale la pena di ricordare che l'"indispensabilità" del regime siriano per la stabilità del Medio Oriente dipende precisamente dalla sua opera di destabilizzazione attraverso il sostegno al terrorismo.

Ecco il testo:

DAMASCO — Soddisfazione è ancora dire poco. «Finalmente gli americani iniziano a capire la gravità degli errori commessi in Iraq. Avevamo ragione noi. Ma non è affatto certo che il presidente Bush sia in grado di valutare sino in fondo le conseguenze del documento reso noto dalla commissione di James Baker», commentano nei corridoi del ministero degli Esteri e in quello dell'Informazione siriani. Sono reazioni a caldo. Ancora ufficiose. I tempi del regime non sono proprio veloci. E a Damasco nessun portavoce azzarda un commento ufficiale senza il permesso della presidenza.
Ma il sentimento di compiacimento è diffuso, evidente. «Escludere e isolare la Siria non serve a nulla. Ora anche a Washington si sono accorti che qualsiasi processo di pacificazione regionale necessita del nostro coinvolgimento», sostiene Nizar Mihoub, direttore del dipartimento Stampa Estera al ministero dell'Informazione.
Elias Mourad, direttore del quotidiano
Dar Al Ba'ath, l'organo del partito al potere da quasi quarant' anni, rincara la dose: «Gli americani hanno portato il caos in Iraq, rischiano di fare lo stesso in Libano e hanno abbandonato la causa della pace in Palestina. Se non cambiano politica non potranno che provocare nuove catastrofi». Sarà dunque la Siria disposta a cooperare con gli Usa per pacificare l'Iraq? Qui nessuno sembra porre vere pregiudiziali. «Il nostro è un governo pragmatico, non ideologico», spiega Mihoub. Persino un noto esponente dell'opposizione come il giornalista e scrittore Akram Al-Bunni non lo esclude. «La minoranza alawita, che dai primi anni Settanta tiene le redini della dittatura, ha un'unica priorità: restare al potere. E per questo è disposta a tutto, con spregiudicatezza. Non a caso sostiene allo stesso tempo l'Hezbollah sciita in Libano, ma anche la guerriglia sunnita in Iraq. Persino l'alleanza con Teheran è fondata sul puro interesse politico ed economico. Se gli americani offrissero di più, per Bashar el Assad non sarebbe difficile cambiare cavallo».
Che il regime si sia ultimamente rafforzato, grazie agli esiti della guerra in Libano quest'estate e le difficoltà americane in Iraq, è convinzione anche di molti intellettuali perseguitati in Siria, che faticosamente cercano di farsi sentire. Lo stesso Al-Bunni ha trascorso 17 anni in cella solo per aver osato criticare la dirigenza del Paese. «Chi attacca il presidente o i militari è automaticamente accusato di essere filo- americano e perde la simpatia popolare», ammettono al Centro per la Difesa dei Diritti Umani.
Comunque la via del dialogo siro- americano è tutta in salita. Resta aperta la questione del tribunale internazionale per l'assassinio di Rafiq Hariri. E da sempre la Siria insiste per legare i negoziati sulle alture del Golan al processo di pace regionale. «Mi sembra molto più facile parlare con gli europei. Bush è un inguaribile ideologo. Non ha mai capito nulla del Medio Oriente. Dovrebbe prendere lezioni da uno statista attento e sensibile al mondo arabo qual è Romano Prodi», sostiene Gorge Jabbur, deputato, docente di scienze politiche e a suo tempo consigliere dell'ex presidente Hafez el Assad.
E conclude: «Ma non sono affatto certo che sarà pronto a seguire i suggerimenti di Baker».

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT