Ségolene Royal incontra gli hezbollah un esponente del gruppo terrorista ne approfitta per paragonare Israele al nazismo
Testata: La Stampa Data: 06 dicembre 2006 Pagina: 18 Autore: Domenico Quirico Titolo: «Ségolène, la diplomazia della gaffe»
Dalla STAMPA del 6 dicembre 2006:
Sorriso marmoreo e paillettes qualche volta non bastano. Se n'è accorta Ségolène Royal nella prima escursione sulla scena politica internazionale; il palcoscenico, il Medio Oriente, peraltro era scivoloso. Il presidente del Poitou-Charentes è stata accolta in Libano, Israele e territori palestinesi da capi di Stato, ministri degli Esteri, parlamentari, quasi fosse già all’Eliseo. Peccato che, lontano dall’aria domestica della Rive Gauche, si sia smarrita nei labirinti mediorientali inanellando una rimarchevole serie di gaffes, ipocrisie e approssimazioni. Con il partito di Dio Il viaggio, preparato con cura, era ambizioso: annientare la fama di dilettante impreparata ai dossier internazionali. L’hanno appiccicata i suoi rivali alla candidatura socialista. La destra l’ha ereditata con grande giubilo e impegno. Con spirito garibaldino, sorretta nell’arcifede che ha in se stessa, Ségolène ha deciso di insinuarsi a tutto vapore nell’aritmetica bollente di Libano e Palestina. Per apportare, ha annunciato, qualche «nuances» alla politica estera francese. Il suo rivale, Nicolas Sarkozy, è filoamericano e filo israeliano al 300%. Anche il partito socialista, quello dei notabili, tradizionalmente tifa Israele. La legge degli opposti e l’incarnare la novità a tutti i costi imponeva dunque di fare il contrario. Con lo slogan «Primo parlare con tutti» Ségolène è andata a cozzare contro Ali Ammar, fino a ieri ignoto deputato Hezbollah. «E’ un eletto democratico, non c’è nessuna ragione per evitarlo», si è inalberata lei quando i prudenti le suggerivano di stare alla larga dal partito di Dio. Lei ha pensato: ecco un modo per dare una lezioncina al vinto e inimicissimo Lionel Jospin che sei anni fa definì Hezbollah terroristi e fu costretto a scappare dall’università di Bir Zeit nei territori sotto una dispettosa sassaiola. Ammar, di fronte alla sorridentissima ospite, ha tracciato un paragone tra gli sciiti e francesi: «Il nazismo che ha versato il nostro sangue e usurpato la nostra indipendenza non è meno cattivo di quello che ha occupato la Francia». Ségolène ha trovato, educatamente, da ridire sul concetto di «entità sionista» con cui il suo sulfureo interlocutore definisce Israele. Accusata di «semplicismo» Solo dopo un giorno di riflessione e assordata dall’uragano di critiche, è sgattaiolata in un mediocre macchiavellismo: non ho sentito queste parole, se no me ne sarei andata. Ma i giornalisti stragiurano sulle estremestiche proposizioni del deputato. E in arabo nazisti, «Nazya», si pronuncia come in francese. La destra, ministro degli Esteri Philippe Douste-Blazy in testa, l’ha martirizzata accusandola di «semplicismo». Ma anche il suo compagno e segretario socialista François Hollande ha dovuto andare alla radio «Communauté Juive» per accampare un «errore di traduzione». Aggiungendo però che «Hezbollah non è una partito come gli altri poichè è una organizzazione militare e provocatrice». Anche in famiglia, come si vede, ci sono «nuances». Per soffocare le reazioni Ségolène, attesa in Israele, si è gettata nella direzione opposta. Ha abrogato l’incontro a Gaza con Hamas. E poi ha dichiarato che l’Iran non ha diritto neppure al nucleare civile, troppo facile passare alla Bomba. Dimenticando che il nucleare civile è autorizzato dal trattato di non proliferazione che Teheran ha firmato. «Olmert si è felicitato con me» ha annunciato, soddisfatta. Di passaggio ha anche legittimato i sorvoli degli israeliani sul Libano che hanno indispettito Parigi. Due giorni prima li aveva giudicati illegittimi.
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