Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Hezbollah vuole lo Stato islamico intervista alla giornalista libanese May Chidiak
Testata: Corriere della Sera Data: 03 dicembre 2006 Pagina: 14 Autore: Francesco Battistini Titolo: ««Vogliono fare una rivoluzione e instaurare uno Stato islamico»»
Dal CORRIERE della SERA del 3 dicembre 2006 un'intervista alla giornalista libanese May Chidiak:
BEIRUT — Le fanno male. Le protesi: questa gamba e questo braccio portati via dall'autobomba dell'anno scorso. Le immagini: quella folla che invade le piazze e assedia il governo. «Non esco di casa. Soffro solo a muovermi. Questo è l'inizio di una rivoluzione. Su questa strada, il mio Libano rischia di perdersi». Ricucita da dieci mesi di cure in Francia, tornata in video ad attaccare la Siria, nascosta in un salotto crema di quei quartieri che una volta erano la crème di Beirut, scortata da una decina di armati, unica sopravvissuta eccellente a quest'anno e mezzo di sangue, la giornalista May Chidiak, 40 anni, usa la retorica appassionata di un'Oriana Fallaci («era una donna straordinaria, l'ho amata molto per le sue battaglie contro il velo: sapeva quel che voleva») e non si sgomenta a tranciare i fatti: «Dicono che non si capisce che cosa voglia Hezbollah? Ma è chiarissimo: cambiare il regime democratico e instaurare anche qui uno Stato islamico. La cosa che mi fa più infuriare è che manifestano anche cristiani come quelli di Aoun, che una volta erano contro i siriani e siccome hanno perso le elezioni, adesso sono disposti a tutto per la paura di perdere potere». Però non si può parlare di golpe: questa gente è scesa in piazza democraticamente… «Sono molto disciplinati, è vero. Nasrallah ha detto di non portare bandiere e loro hanno obbedito. Non vogliono spaventare. Ma se fossero sinceri, dovrebbero sventolare le bandiere di chi li paga: l'Iran e la Siria. È il Medio Evo che, ancora una volta, sfida l'Occidente». Che cosa può fare Siniora? «Non ha scelta: deve resistere. È una prova di forza, ma non può essere la piazza a decidere chi governa questo Paese. Anche i suoi, il fronte del 14 Marzo, possono portare nelle strade un milione di persone. La maggioranza, però, si fa in Parlamento». Ci saranno nuovi attentati? «La minaccia pende su tutti noi. Ed è questa paura, il nemico peggiore: paralizza tutti. Noi cristiani siamo i più vulnerabili, anche perché dopo l'assassinio di Pierre Gemayel non ho visto arrivare dall'Occidente la stessa solidarietà che i Paesi arabi, invece, danno ai martiri musulmani». Jumblatt dice che l'unica cosa che Hezbollah vuole evitare è il processo Onu per l'assassinio di Hariri… «… e anche per il mio attentato. Ne sono sicura anch'io». Qualcuno dice: ma siamo sicuri che è stata la Siria ad ammazzare anche Gemayel? «Amico mio, il colpevole è lo stesso per tutti gli attentati di questi mesi. Bisogna solo chiedersi a chi giova. Ho sentito qualcuno che si chiede: ma è proprio il momento di fare questo processo internazionale alla Siria, metterla in un angolo in un momento così delicato? Io dico: che cosa c'è da aspettare? Non c'è un momento per fare giustizia. Le ragioni della politica internazionale non possono venire prima. Abbiamo il movente, gli ideatori, le prove. E il dovere di fare qualcosa per questi morti». Hezbollah ha molti amici nel mondo: anche nella maggioranza di governo italiana… «Lo so. I vostri parlamentari comunisti vengono spesso a trovarli. Ma secondo me la politica del doppio cappello, sostenere le forze antisiriane del 14 Marzo e intanto trattare con Hezbollah, non paga. Questa è una democrazia in trincea, qui ci sono le prove generali di un'altra rivoluzione islamica: che cosa aspetta a capirlo, l'Occidente?». Come si sopravvive a un'autobomba? «Insegno all'università, scrivo, ho ricominciato il mio programma in tv. Mi hanno appena dato in America un premio per i giornalisti coraggiosi. Ma dimenticare è impossibile. Il mio corpo è tenuto insieme con le viti. E se lei va per le strade del Libano, dappertutto vede la mia foto e sullo sfondo la mia macchina distrutta. Sto sui manifesti, come Hariri, Gemayel e gli altri ammazzati: non è facile abituarsi».
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