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Il Foglio Rassegna Stampa
30.11.2006 Il "grande gioco" siriano
impegna Stati Uniti, Europa e Iran

Testata: Il Foglio
Data: 30 novembre 2006
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: «Bonus iraniano per diventare sciita»

Dal FOGLIO del 30 novembre 2006:

“The great game”. Così gli “arabisti” legati a Condoleezza Rice chiamano l’intenso gioco diplomatico e strategico attorno alla Siria. Al tavolo sono seduti gli europei, intenti – via Parigi, Roma e Madrid – a sedurre Damasco per coinvolgerla nel processo di pace libanese e palestinese e distaccarla dall’Iran. La Repubblica islamica vuole rafforzare l’alleanza con il regime di Bashar el Assad per allargare la propria influenza e costruire attorno a Israele una solida barriera di nemici. Israele combatte Hezbollah, siriani e iraniani in una lotta molto difficile e dai destini incerti. Gli Stati Uniti pensano di potersi “comprare” la Siria (ne sono convinti James Baker e Herry Kissinger). Alla Cia e a Foggy Bottom sanno che Damasco fa finta di non vedere il continuo passaggio di terroristi baathisti e qaidisti diretti in Iraq, hanno le prove di un incessante flusso di armi provenienti dall’Iran e diretti in Iraq e a Hezbollah. Il governo siriano si rende conto di essere al centro di questo grande gioco. Si sente tanto importante da pretendere e ottenere di fatto l’impunità per qualunque delitto. La costituzione del tribunale internazionale per l’ex premier Hariri è bloccata dalla crisi di governo a Beirut provocata da Hezbollah. La Siria, con i suoi alleati del Partito di Dio, ha assassinato il 21 novembre il ministro cristiano Gemayel, sedicesima vittima in due anni della connection siro-iraniana. Ma non ha avuto alcuna conseguenza, anzi, a Damasco è un via vai di “players” del grande gioco: le visite più frequenti sono quelle degli iraniani. L’Iran sta penetrando fortemente in Siria, a grande maggioranza sunnita ma governata dalla setta alauita. Lo strapotere iraniano non piace ai sunniti, preoccupati per il forte proselitismo religioso praticato dagli sciiti. I servizi occidentali di stanza a Damasco hanno potuto notare negli ultimi mesi lunghe file di poveracci all’esterno dell’ufficio per la registrazione anagrafica. E’ lì che si va per convertirsi e per farsi cambiare la religione sulla carta d’identità. Chi si converte allo sciismo ottiene un bonus in dollari dai reclutatori iraniani. Il fenomeno, come risulta a Foggy Bottom, è talmente diffuso da aver costretto il gran muftì di Siria, Mohammed Kaftari, a protestare con Ziyad al Ayubi, ministro per gli Affari religiosi. Il rapporto di Kaftari è un forte j’accuse sunnita contro l’Iran: fanno iniziative di propaganda e di conversione della parte più povera della popolazione; hanno centri religiosi con clero sciita iraniano e libanese nei quartieri di Sit Zaynab e al Sawiqa; vogliono allargare la base dello sciismo nel paese. Il ministro al Ayubi ha respinto il dossier, definendolo il “ritratto partigiano di un fenomeno marginale”, ha detto che “la Siria è un paese libero nel quale ciascuno può praticare la religione che vuole”. Ha aggiunto che “nulla il governo poteva fare onde non turbare l’amicizia con l’Iran”. Il clero sunnita ha ora l’impressione che le conversioni sianno addirittura incoraggiate dal governo. I dirigenti alauiti siriani preferiscono gli sciiti ai sunniti. Quando il defunto dittatore Hafez el Assad cercò una legittimazione islamica dopo le stragi dei contestatori sunniti, la ottenne dagli sciiti, dall’imam Mussa Sadr. Come notano a Foggy Bottom, l’attivismo dell’Iran è sempre più forte in medio oriente: in Turchia, in Libano, nei Territori palestinesi, in Arabia Saudita, in Bahrein. L’Iran ha mezzi, armi, un network spionistico formidabile e una forte capacità d’attrazione, soprattutto dopo che i suoi alleati di Hezbollah hanno messo Israele in seria difficoltà.

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