L'intervista a Michel Aoun, senza contradditorio, non informa ma potrebbe servire alla propaganda
Testata: La Repubblica Data: 29 novembre 2006 Pagina: 18 Autore: Alberto Stabile Titolo: «Beirut, la sfida di Aoun "Insensato accusare Damasco"»
E' chiaro che il fatto che Michel Aoun, politico libanese pro-siriano, neghi il convolgimento di Damasco nell'omicidio di Pierre Gemayel era del tutto prevedibile. Non c'era certo bisogno dell'intervista rilasciata ad Alberto Stabile di REPUBBLICA per imamginarlo. D'altro canto Aoun non porta elemente nuovi a sostegno della sua tesi: utilizza ancora l'argomento del danno che l'omicidio avrebbe inferto a Damasco.
Danno, è il caso di notare, inversamente proporzionale al numero e al carico di responsabilità nella politica internazionale di quanti sono disposti a credere, o a fingere di credere, che il regime siriano sia scagionato dal fatto stesso di essere il primo sospettato. E, inoltre, danno inversamente proporzionale alla forza della convinzione nell'utilità se non nella necessità del "dialogo" con la Siria per stabilizzare l'Iraq.Convinzione sempre più diffusa nella politica americana ed europea e sempre più propagandata dai media alle opinioni pubbliche.
Non è escluso dunque che l'intervista ad Aoun, che così pochi elementi nuovi apporta alla comprensione della vicenda libanese, e tuttavia pubblicata da REPUBBLICA senza contraddittorio, trovi una sua giustificazione al di fuori del piano giornalistico, in quello politico.
In altri termini, che non seva a informare, ma a persuadere.
Ecco il testo:
BEIRUT - Per anni è stato l´emblema della lotta contro l´occupazione siriana. Ma la coerenza non sembra essere la sua dote migliore. Tornato l´anno scorso dall´esilio francese, il generale Michele Aoun s´è posizionato tra gli amici libanesi del regime siriano. Vale a dire, tra gli oppositori del governo Siniora. Ma a giudicare dalle misure di sicurezza che circondano la sua casa di Rabieh, la "Collina", neanche per l´ex nemico numero uno di Damasco questi - dopo l´assassinio di Pierre Gemayel - sono giorni facili. «Ho dei dubbi, ma la mia posizione mi impedisce di dire ciò che penso. Credo comunque, che presto ne sapremo di più». Perché insiste che si faccia luce proprio su quest´omicidio e non sugli altri? «Anche gli altri sono importanti, ma quest´ultimo è rivelatore. L´omicidio Gemyel segue lo stesso schema dell´attentato contro Gebran Tueini, avvenuto l´anno scorso. Lo stesso processo, per così dire. Tutto ebbe inizio quando il primo ministro, Siniora, chiese di discutere la creazione del Tribunale internazionale sull´omicidio Hariri (l´ex primo ministro assassinato il 14 febbraio del 2005, ndr). I ministri di Hezbollah e Amal risposero che avevano bisogno di tre giorni per discutere di questa proposta nei rispettivi partiti, ma Siniora rifiutò e i ministri sciiti uscirono dal governo senza dimettersi. Così Siniora decise che il Tribunale sarebbe stato creato. Il giorno in cui il Consiglio di Sicurezza dell´Onu avrebbe dovuto sancire la creazione del Tribunale, Gebran Tueini venne ucciso. Ricorda? Era il 12 dicembre del 2005. Con Gemayel è successa la stessa cosa: Siniora riunisce il governo lunedì, Hezbollah e Amal chiedono 72 ore di tempo, Siniora rifiuta e presenta la bozza sul Tribunale, e il giorno in cui deve essere approvata Gemayel muore. Le stesse sequenze». Il che significa che gli assassini non volevano l´istituzione del Tribunale? «No. Il delitto ha favorito l´accettazione del Tribunale, non l´ha impedita. Tutti e due i crimini, Tueini e Gemayel, hanno favorito il voto per il Tribunale». Quindi lei non crede a chi accusa la Siria d´aver cercato in tutti i modi d´impedire la creazione del Tribunale internazionale? «Queste accuse non stanno in piedi. La Siria non può impedire al Consiglio di Sicurezza dell´Onu di votare per l´istituzione del Tribunale, come infatti è successo. Queste sono diffamazioni e polemiche dirette soprattutto contro l´opposizione». Scusi, generale. Ma quando Rafik Hariri è stato ucciso, il 14 febbraio del 2005, non c´era alcuna discussione sul Tribunale, che è stato istituito proprio per processare i responsabili di quel primo delitto. E allora chi ha ucciso Hariri? «Beh, questo è il problema. Abbiamo fatto del nostro meglio, la commissione d´inchiesta internazionale ha i mezzi più sofisticati e la possibilità di interrogare chiunque, ma nessuna prova è emersa fino ad oggi. C´è di che dubitare sulla capacità della comunità internazionale di esserci d´aiuto in questa faccenda». Signor generale, lei è stato considerato in passato il grande nemico della Siria. Non prova imbarazzo ad essere, oggi, associato fra i politici libanesi amici di Damasco? «Ho combattuto la Siria quando era in Libano. Una volta che la Siria è uscita, occorre lavorare per normalizzare le nostre relazioni. Quelli che mi accusano di essere pro-siriano hanno collaborato coi siriani per almeno 15 anni. Non basta che, ora, gridino di essere contro la Siria. È come se stiano cercando di farsi perdonare. Io non ho bisogno di gridare che sono contro la Siria. Tutti sanno che se i siriani tornassero in Libano io sarei il primo a combatterli. Dire, come fa Saad Hariri, che la Siria ha ucciso Gemayel, ma senza avere alcuna prova, è un´affermazione irresponsabile». Anche lei pensa che ci sarà una nuova guerra civile? «Sto cercando di estinguere le fiamme. La guerra civile poteva cominciare martedì scorso, il giorno della morte di Gemayel. Ho fatto opera di contenimento. Eppure gli uffici del mio partito sono stati attaccati. I soldati dell´esercito libanese hanno arrestato una squadra che, probabilmente, stava preparando un attentato contro la mia vita». Ma chi può avere interesse ad ucciderla, e perché? «Perché sto tenendo la situazione sotto controllo e qualsiasi Paese che cerchi di spingere il Libano verso la guerra civile può desiderare di uccidermi. D´altronde non sarebbe la prima volta... ». Come mai non è ancora andato a casa di Amin Gemayel, il padre di Pierre, a fargli le condoglianze? «Vede, quelli che hanno pianificato il delitto hanno anche cercato di orientare le sue conseguenze contro di me, cercando di indicarmi come il responsabile. Ma non c´è voluto molto tempo per chiarire che non era questo il caso. In ogni momento posso andare a presentare le mie condoglianze ad Amin Gemayel. Non ci sono problemi». Farete le manifestazioni? «Certo, perché no?» Una mediazione, quindi, non è più possibile tra il governo e l´opposizione? «Siniora non la vuole. Ogni volta che proponiamo una soluzione, lui risponde, no, voi siete iraniani, siete siriani, non vi daremo il Paese. Ma sono loro incapaci di governare. Non hanno iniziativa, sono come dei robot, hanno sempre risposte stereotipate, e soprattutto non vogliono condividere il potere. Fanno tutto da soli e questo comportamento avrà conseguenze serie».
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione della Repubblica