Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Le illusioni della Francia ( e dell'America) su terrorismo, atomica iraniana, crisi libanese e irachena: un articolo di Bernard Henry Lévy
Testata: Corriere della Sera Data: 28 novembre 2006 Pagina: 1 Autore: Bernard Henry Lévy Titolo: «Le illusioni non hanno avvenire»
Dal CORRIERE della SERA del 28 novembre 2006:
Secondo un'informazione buttata lì, en passant, fra un programma e l'altro della televisione americana Cbs, Al Qaeda starebbe preparando attentati in Europa nel periodo delle vacanze di Natale. E in un'intervista al Figaro, che ugualmente non ha suscitato molto scalpore, Ali Belhadj, l'ideologo assassino dell'ex Fis algerino, è ancora più preciso, poiché ci comunica che la Francia, malgrado la sua politica antiamericana e filoaraba non sarebbe risparmiata e forse sarebbe addirittura, chissà, in cima alla lista nera... Cosa pensare di questo annuncio? La notizia, anche se non la si deve drammatizzare, non è importante almeno quanto la grande riunione dei presidenti di regione socialisti o le guerre fra clan in seno al partito Ump? È forse Tony Blair ad avere ragione, quando ci confida, come fosse un testamento politico, che la minaccia terroristica durerà, nelle democrazie, quanto le nostre vite? Il Libano. L'assassinio, in piena Beirut, a bruciapelo, del giovane ministro Pierre Gemayel. Gli sguardi che, come per la morte di Hariri e per quella, un anno dopo, dei giornalisti laici, democratici e antisiriani Kassir e Tuéni, si volgono inevitabilmente verso Damasco e, quindi, verso Hezbollah. I rimanenti ministri che vivono nella paura poiché basterebbe, e lo sanno, che ancora un altro di loro sia ucciso, appena un altro, e il governo non avrebbe più il quorum necessario per la ratifica del trattato sulla costituzione del tribunale speciale incaricato dell'affaire Hariri. E il Paese dei Cedri che esangue, senza forze, ostaggio di scontri politici, di lotte mortali che lo sovrastano, minaccia di precipitare nell'incubo della lotta del tutti contro tutti. Anche questo è un messaggio ai guerrafondai? La natura e l'importanza della nostra solidarietà con questo Paese amico, parente, sofferente? Insomma, può essere, il Libano, il nostro terreno d'azione nel conflitto mondiale scatenato dall'Internazionale terroristica, di cui è diventato, per sua sfortuna, uno dei teatri d'elezione? L'Iraq. I 200 morti, giovedì scorso, di Sadr City, il quartiere sciita di Bagdad. Un record, ci dicono. L'attentato più sanguinoso dal maggio 2003 e dalla fine della guerra vera e propria. C'è però un'altra statistica che arriva nello stesso momento e che parla di 130 morti al giorno, in media, nel mese passato. Sì, centotrenta morti... Abbiamo letto bene: più di quattro volte il famoso dramma di Cana, per esempio, attribuito a Tsahal l'estate scorsa, in Libano appunto, e che sollevò la tempesta che sappiamo... Più di quattro volte al giorno, tutti i giorni, con armi bianche, con auto bomba, talvolta all'ingresso delle moschee, l'equivalente del dramma di Cana che, dal momento che vi era coinvolto Israele, è rimasto nelle memorie... Anche qui, l'indifferenza. E anche qui, non una parola nei programmi o nei dibattiti della precampagna elettorale francese. Come se bastasse compiacersi del fatto che la Francia, almeno lei, ci ha visto giusto fin dall'inizio rifiutando la guerra di Bush contro Saddam. Come se la patria che noi siamo del nation building democratico non avesse qualcosa da dire anche sul come si può, e si deve, ricostruire l'Iraq del dopo Saddam. Infine, l'Iran. Un Iran terrificante, dove regna una gang di neonazisti, i cui discorsi di questi giorni significano sempre di più: «Dimenticate l'Iraq, il Libano, Al Qaeda... O piuttosto no, non li dimenticate del tutto, ma lasciate che ce ne occupiamo noi al vostro posto... lasciateci, in cambio di un po' di considerazione e di una certa indulgenza verso i nostri progetti nucleari, il ruolo di polizia e di pacificazione in questa regione che è la nostra e di cui noi abbiamo le chiavi». Un numero crescente di americani, lo so, sono sensibili all'argomento. Sempre più senatori sembrano pronti a un mercanteggiamento che consisterebbe dunque nel barattare la «pace iraniana» in Libano e in Iraq con l'impunità di Teheran nella sua vicenda di armi atomiche. Cosa bisogna pensare? Siamo pronti a questa Monaco persiana sotto la tutela a stelle e strisce degli americani? O rimaniamo nella posizione di fermezza dell'«Appello ai dirigenti europei» lanciato, alla fine dello scorso settembre, da un gruppo d'intellettuali francesi e che metteva in guardia contro tutti gli imbrogli proposti dalla guida suprema Khamenei e dal suo valletto Ahmadinejad? Ecco alcune questioni sulle quali ci piacerebbe ascoltare la signora Royal, il signor Sarkozy e gli altri. Ecco il tipo di dibattiti sui quali vorremmo si imperniasse la battaglia presidenziale che si annuncia e che, per il momento, ha l'aria di appassionare i francesi. Salvo rassegnarsi alla sua frivolezza definitiva. E salvo lasciarsi vincere da quella forma molto particolare di vertigine che è l'autismo, il provincialismo, di un Paese chiuso in se stesso, che si droga della contemplazione del proprio ombelico e s'illude d'essere al riparo dai grandi furori planetari. Una volta, si diceva: la Francia sola. Oggi si dice: l'antimondialismo. Ma attenzione, in ogni caso, al risveglio. Attenzione ai fenomeni che, non contenti d'essere tenacemente ripetitivi, talvolta tendono a vendicarsi. L'illusione non ha avvenire. (traduzione di Daniela Maggioni)
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