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La Stampa Rassegna Stampa
28.11.2006 Intervista a Re Abdallah di Giordania
alla rete televisiva americana ABC

Testata: La Stampa
Data: 28 novembre 2006
Pagina: 17
Autore: George Stephanopoulos
Titolo: «Un'unica soluzione per tre guerre civili - In Medio Oriente rischiamo tre diverse guerre civili»

Sia La STAMPA che La REPUBBLICA del 28 novembre 2006 pubblicano l'intervista rilasciata da re Abdallah di Giordania a George Stephanopoulos della rete televisiva americana ABC.
Il sovrano individua nella crisi israelo-palestinese il centro di destabilizzazione dell'intero Medio Oriente.

A noi sembra che le tre guerre civili da lui paventate (quella intrapalestinese, evidentemente tra chi è disposto al compromesso con Israele e chi no, quella libanese e quella irachena) abbiano in comune l'azione destabilizzatrice di soggetti ben identificati: l'Iran, la Siria e almeno in Iraq Al Qaeda.

E' allora a Damasco e a Teheran, più che a Gerusalemme, che si  più probabilmente si trova l'origine del caos mediorentale.

Ecco il testo:


Re Abdallah di Giordania, è vero che il vertice di Amman è l’ultima possibilità per salvare l’Iraq?
«Noi ci auguriamo che sia un’opportunità per il presidente Bush e il primo ministro iracheno Maliki di arrivare a una comune comprensione su come abbassare i toni del conflitto settario. Siamo molto, molto preoccupati per il futuro di tutti gli iracheni, e speriamo che accada qualcosa che segni una svolta. Le sfide che sono di fronte a loro, ovviamente, sono enormi».
Lei parla di un segno di svolta. Quale potrebbe essere?
«Dobbiamo innanzitutto essere sicuri che tutte le parti in Iraq comprendano il pericolo di una escalation, e spero che il primo ministro Maliki avrà qualche idea da sottoporre al presidente su come si possa portare tutte le sette irachene a lavorare insieme in maniera inclusiva. E occorre che lo facciano ora, prima che sia tardi».
Molti negli Stati Uniti pensano che se il primo ministro Maliki non viene fuori con una sorta di pacchetto, il presidente Bush potrebbe porre un ultimatum: una soluzione adesso o noi cominciamo il ritiro dall’Iraq. Crede che sarebbe utile?
«Guardi, io non sono esattamente al corrente di quali saranno i punti in agenda di entrambe le parti. Ma non c’è dubbio che ci sia bisogno di qualche azione forte da prendere nell’immediato, prima del 2007».
In Iraq è in corso una guerra civile?
«La difficoltà adesso è che abbiamo in gioco il potenziale dirompente di tre guerre civili nella regione: una in Palestina, la seconda in Libano, la terza in Iraq, e spero che la mia discussione con il presidente possa almeno fornire qualche elemento su come risolvere il problema del popolo iracheno. Allo stesso tempo, vogliamo concentrarci sulla questione centrale, che secondo noi è il processo di pace in Palestina, perchè questa oggi è una priorità, così come la terribile preoccupazione che abbiamo provato nella scorsa settimana per ciò che sta accadendo in Libano. È arrivato il momento di fare qualcosa di significativo come parte della comunità internazionale per evitare che nel Medio Oriente il 2007 cominci all’insegna di una drammatica crisi».
Mi aiuti a capire: non è forse vero che il conflitto iracheno ha una sua logica propria, e che i sunniti e gli sciti si uccidono tra loro in modo incontrollato? Rispetto a questo, come influisce il conflitto in Palestina?
«Prima della guerra libanese quest’estate avrei senz’altro detto che la questione irachena era al primo posto. Dopo di allora però, lo scenario palestinese è balzato in prima posizione, perché credo che Libano e Palestina siano strettamente collegati. Risolvere tutte e tre le situazioni di crisi è difficile. ma credo che oggi la priorità nel lungo termine sia il problema israelo-palestinese, perchè riecheggia ai confini iracheni e scuote il mondo arabo e islamico. L’impatto emotivo che il conflitto israeliano-palestinese ha sul terreno si traduce in frustrazione e insicurezza in tutto il mondo arabo. Credo che l’America debba guardare al quadro complessivo: la Palestina è il problema centrale, questa è collegata all’Iraq, questo è a sua volta collegato al Libano, e dal Libano può uscire una piattaforma di dialogo con la Siria. Se si vuole agire in modo esauriente - e il Segretario di Stato Baker è senz’altro l’uomo giusto - bisogna tenere a mente questo quadro». COPYRIGHT ABC

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