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La Repubblica Rassegna Stampa
28.11.2006 Una cronaca che non sta ai fatti
quella di Daniele Mastrogiacomo sul discorso di Olmert

Testata: La Repubblica
Data: 28 novembre 2006
Pagina: 26
Autore: Daniele Mastrogiacomo
Titolo: «Olmert: "Sì allo scambio di prigionieri"»

"Olmert: "Sì allo scambio di prigionieri" " è il titolo delle cronaca di Daniele Mastrogiacomo pubblicato dalla REPUBBLICA del 28 novembre 2006.
In realtà Olmert, pur prospettando la liberazione di detenuti palestinesi, non ha mai definito Ghilad Shalit, il soldato israeliano rapito a nord di Gaza, un "prigioniero" alla stregua dei terroristi catturati da Israele.

Ecco il testo, con altre nostre considerazioni:

GERUSALEMME - Si tratta, magari alla lontana, ma si comincia a trattare. Mai, come ora, l´arrivo del presidente George W. Bush domani ad Amman è vista sia dai palestinesi sia dagli israeliani come un´occasione storica da non perdere. L´attività diplomatica e dei negoziatori è in pieno fermento. Tutti sanno che lo spiraglio aperto sabato scorso, sebbene debole, circondato da un diffuso pessimismo, è l´unico lampo di pace in uno scenario cupo, dominato dallo spettro di almeno tre guerre civili: in Iraq, in Libano e in Cisgiordania. Bisogna fare in fretta. Siamo solo alla prima tappa di una strada tutta in salita. Così, dopo l´annuncio a sorpresa di una tregua a cui più nessuno credeva, ecco il nuovo passo che punta dritto al negoziato.
Seguendo le orme del vecchio patriarca Sharon, ancora tenuto in vita in un ospedale specializzato di Gerusalemme, il primo ministro Ehud Olmert sceglie un luogo pubblico, in un´occasione particolarmente simbolica, la commemorazione di David Ben Gurion, a Sdeh Boker, nel Negev, per lanciare un ponte virtuale verso Ramallah: «Vi propongo di impegnarvi su una nuova strada. Noi abbiamo iniziato due giorni fa e intendiamo proseguire». Olmert resta ancora sul vago. Ma le concessioni che il suo governo è disposto a fare seguono un percorso preciso. «Siamo disposti», dice, «a ritirarci da numerosi territori e dagli insediamenti che vi sono stati costruiti sopra».
Un tuffo nel passato che può sembrare semplice retorica ma che acquista una valenza enorme nel clima che si respira da cinque mesi a questa parte. Per riprendere il negoziato, chiarisce il primo ministro, vogliamo vedere nascere un nuovo governo palestinese il quale, a differenza di quello diretto da Hamas, deve essere disposto a raggiungere una pace con Israele. «Se sarà varato un nuovo governo che si impegnerà ad applicare i principi stabiliti dal Quartetto (Onu, Usa, Ue, Russia) e libererà il soldato Gilad Shalit, proporrò ad Abu Mazen un incontro immediato per avviare un dialogo aperto, sincero, serio». Olmert ha bisogno di risposte. Tratteggia, per rendere più affidabile la proposta, quello che potrebbe essere il futuro di questa regione martoriata. «In questo quadro», suggerisce ancora, «e conformemente alle linea guida della road map, potrete creare uno Stato palestinese indipendente, con una sua continuità territoriale in Giudea e Samaria. Uno Stato che avrà una sovranità totale, con delle frontiere definite». «Da parte nostra - aggiunge Olmert - sono pronto a liberare numerosi detenuti politici, anche alcuni con pesanti condanne, e sbloccare i fondi palestinesi congelati».
La reazione dei palestinesi arriva nel giro di pochi minuti. La risposta è affidata a Saeb Erekat, capo delegazione dei negoziati. Una risposta tagliente, carica della frustrazione e dell´amarezza accumulate in questi mesi di gelo:

Mastrogiacomo fornisce un'interpretazione della freddezza di Erekat, dandone in sostanza la responsabilità a Israele.
Fosse stato ai fatti, avrebbe dovuto scrivere che alla proposta di Olmert Erekat ha risposto con freddezza. Una fredezza che mette in dubbio, semmai, la sincerità delle precedenti richieste di dialogo palestinesi. 



«I palestinesi erano già pronti ad arrivare a dei negoziati sullo statuto finale dei territori occupati, in modo particolare sulla sorte di Gerusalemme, degli insediamenti, dei rifugiati e delle frontiere.

Si dovrebbe sottolineare che con queste parole Erekat sposta il problema in avanti.
Ipotizza un negoziato sulle questioni più difficili e controverse (i profughi , Gerusalemme... ) senza che sia  stata data soluzione alla condizione preliminare posta dalla Road Map: la rinuncia al  terrorismo da parte palestinese.
Mastrogiacomo si guarda bene dal farlo notare. 


 Se Israele vuole riprendere le trattative conosce l´indirizzo a cui deve rivolgersi: è il presidente eletto dal popolo palestinese Mahmoud Abbas». Mezz´ora dopo la tregua è messa a rischio. Un razzo Qassam piomba vicino a Sderot, un secondo cade dentro la Striscia. Le brigate "al Aqsa" rivendicano. Accusano Israele di aver infranto la tregua domenica notte quando un pattuglia vicino Jenin spara e uccide un ragazzo di 22 anni, capo locale dei "Comitati di resistenza popolare", assieme ad una donna che lo aveva soccorso di 50 anni. Israele replica ricordando che la tregua riguarda solo Gaza e non il resto dei Territori.
Puntualizzazioni e drammatiche sottigliezze

Non si tratta di "puntualizzazioni e drammatiche sottigliezze", ma delle condizioni della tregua. Neanche i terroristi hanno accettato di sospendere le loro attività in Cisgiordania


che dimostrano quanto sia urgente il bisogno di pacificazione. Il vertice dell´Autorità lavora agli scogli iniziali della trattativa. Lo scambio dei prigionieri è un tema fondamentale per entrambi. Riportare a casa il caporale Shalit sarebbe un successo che metterebbe lo stesso Olmert al riparo di una crisi politica che incombe. Far uscire dalle carceri israeliane i 1500 detenuti rafforzerebbe Abu Mazen nel suo braccio di ferro con Hamas. Oggi il presidente palestinese andrà ad Amman. Incontrerà re Abdallah e domani, forse, Bush. Condoleezza Rice sta valutando l´ipotesi di un vertice a tre con Olmert e Abu Mazen. Per stamane è previsto l´arrivo del generale Omar Suleiman, il capo dell´intelligence egiziana. E´ l´uomo che sta mettendo a punto la lista dei prigionieri da far scarcerare. Tra questi ci sarebbe anche Marwan Barghuti, l´ideatore della seconda Intifada. E´ una pedina-chiave per ritrovare l´equilibrio tra le forze palestinesi.

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