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Avvenire Rassegna Stampa
27.11.2006 Caduti i tabù di Auschwitz e Hiroshima, il mondo è minacciato da nuove catastrofi
intervista ad André Glucksmann

Testata: Avvenire
Data: 27 novembre 2006
Pagina: 0
Autore: Francesco Dal Mas
Titolo: «Nuove Auschwitz dietro il terrore?»
Da AVVENIRE del 25 novembre 2006, un'intervista ad André Glucksmann:

La prossima sarà una settimana importante, forse decisiva, per il dialogo tra l'Oriente e l'Occidente, in particolare tra l'islam e l'Europa. Un dialogo che passa per la Turchia, con la visita di Benedetto XVI. E che procede attraverso il Medio Oriente, le soluzioni di pace che, anziché avvicinarsi, sembrano allontanarsi. E che rischia di arenarsi nella strategia che l'Iran sta mettendo in campo proprio sul fronte mediorientale. Il filosofo francese André Glucksmann nutre, da una parte, la speranza che nonostante le difficoltà la visita del Papa possa rilanciare il dialogo, dall'altra ribadisce la sua preoccupazione perché sullo scenario internazionale continuano ad imperversare «individui che non hanno più i tabù di Auschwitz e di Hiroshima». Quei «tabù» - proprio così li chiama Glucksmann - che per 50 anni hanno garantito la deterrenza. Il primo di questi individui è, a parere del pensatore d'Oltralpe, il presidente iraniano Ahmadinejad. Che - dice Glucksmann - va preso sul serio. i suoi missili, infatti, hanno una portata tale per cui possono raggiungere non solo Israele, ma anche l'Europa. Come va preso sul serio il terrorismo: «Perché riapre le porte di Auschwitz».
Lei sostiene che oggi la situazione di Israele e quella dell'Europa non sono assolutamente diverse. Perché?
«Viviamo su un pianeta in cui la capacità di nuocere è condivisa universalmente da individui che non hanno più i tabù di Auschwitz ed Hiroshima che garantivano la deterrenza e che l'hanno garantita per 50 anni. Si crede che la deterrenza sia automatica e che se il presidente iraniano ha la bomba atomica non sia così grave. Anzi, si dice: l'Iran sarà soltanto una di quelle potenze nucleari contro le quali potrà essere comunque esercitata la deterrenza. Ma la deterrenza non ha mai portato ad un equilibrio automatico tra due potenze nucleari che si minacciano a vicenda di morte. Per questo bisogna che vi siano dei freni e dei tabù. E i tabù erano costituiti da Auschwitz e Hiroshima. Proprio per questo il caso iraniano è molto pericoloso».
La situazione che oggi viviamo è più pericolosa di quella del secolo che ci siamo lasciati alle spalle. Perché ne è così convinto?
«Riprendiamo il ragionamento di prima. I due maggiori pericoli del secolo scorso, quelli rappresentati da una parte da Auschwitz e, dall'altra, da Hiroshima, erano divisi, separati. Coloro che avevano la capacità di realizzare un'Hiroshima non possedevano il fanatismo dimostrato da quanti hanno concepito Auschwitz. In questo modo i "tabù" di Hiroshima e Auschwitz hanno garantito la pace per 50 anni».
Oggi, invece?
«Siamo passati dall'era del terrorismo limitato a quella del terrorismo allargato. Oggi vi sono persone capaci di un fanatismo stile Auschwitz».
Può esemplificare?
«Proviamo ad immaginare lo sguardo del terrorista che ha lanciato il suo aereo contro le Torri Gemelle. E che il suo sguardo incroci quello di una giovane donna delle pulizie di una di quelle Torri. Perché proprio io, gli chiederebbe quella donna?».
Quale potrebbe essere la risposta del terrorista?
«Probabilmente le risponderebbe come le Ss citate da Primo Levi: qui non c'è un perché. Il terrorismo riapre le porte di Auschwitz. A un bambino palestinese è stato chiesto: con questo kalashnikov potresti, uccidere tua madre, tua sorella. La sua risposta è stata: perché no?».
Se ieri i tabù di Hiroshima e Auschwitz, come lei li chiama, erano separati, oggi come si coniugano?
«Il presidente iraniano ne è un esempio, rappresentando l'incontro tra la potenza nucleare di Hiroshima ed il fanatismo di Hitler. Ahmadinejad dice che Auschwitz è una menzogna e che in fondo gli ordigni nucleari sono armi come le altre, dipende dall'uso che se ne fa. Lui immagina una guerra santa, una jihad nuclearizzata. Se si autorizza l'Iran ad armare hezbollah, si autorizza un disastro che può essere nucleare».
L'area del rischio è limitata all'Iran?
«No. La capacità di eliminare i tabù di Auschwitz e Hiroshima non è solo dell'Iran o degli altri "Stati canaglia". Putin ha dichiarato che la cosa più grave per la Russia nel XX secolo è stato lo scioglimento, nel 1991, dell'Unione Sovietica. Quindi non è stata la seconda guerra mondiale, non sono stati i campi della morte di Hitler».
Ci troviamo, dunque, in una situazione disperata, senza vie d'uscita?
«No, affatto. La pace è qualcosa che non si ottiene chiudendo gli occhi, ma, al contrario, aprendoli bene sui rischi che abbiamo di fronte. La guerra in Libano, ad esempio, non è una guerra tra due blocchi: quello dell'islam e quello occidentale. Numerosi Paesi, che non sono democrazie, come l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Giordania hanno condannato hezbollah. Esiste, dunque, una scissione fra quello che stupidamente viene chiamato l'islam e le vittime, i civili musulmani. Tra i quali, molte donne. Ritengo che il futuro, in questo senso, si gioca soprattutto con le donne: desiderano che i loro figli diventino terroristi o, come molte in Iran o in Algeria, che resistano al terrorismo?».

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