A pag.2 del FOGLIO di oggi, 25/11/2006, un articolo di Giulio Meotti sulla condizione dei cristiani sotto regime musulmano nei territori palestinesi. Ci chiediamo perchè il Vaticano non alza la voce. La spiegazione che non lo fa per non danneggiarli non regge più, visto che tra poco l'esodo dei cristiani sarà totale.
Ecco l'articolo:
Da cinque anni Israele si sveglia con due notizie alla radio: il meteo e i razzi sparati da Hamas su Sderot. Nessun religioso cristiano si è ancora incatenato alla casa di un fratello maggiore per proteggerlo dai Qassam. Ieri le foto della Reuters hanno immortalato un prete e una suora mentre offrivano il loro corpo a difesa dei terroristi di Hamas. Gli americani padre Peter Dougherty, t-shirt, barba lunga e volto suadente, e suor Mary Ellen Gundeck, hanno protetto a Beit Laiyha la casa di Mohammed Baroud, il terrorista dei Comitati di resistenza popolare ricercato da Israele. “Siamo amici venuti a proteggere altri amici”, ha detto l’algido pastore, mentre i predicatori di Hamas ingiungevano ai fedeli di occupare gli edifici minacciati da Tsahal: “Gli scudi umani sono la nostra migliore difesa”. Strani questi cristiani, equi e solidali, sordi e ciechi ai rapporti diffusi sull’islamizzazione delle terre palestinesi e l’esodo della comunità cristiana, come i copti dall’alto Egitto, assiri e caldei dall’Iraq, siriaci dalla Turchia e maroniti dal Libano. Nel 1948 i cristiani palestinesi erano il 14 per cento della popolazione locale, oggi a malapena il due. Un anno fa aveva parlato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa: “Macché difficoltà tra Israele e Vaticano. Iproblemi per noi cristiani in Terra Santa sono altri. Quasi ogni giorno, lo ripeto ogni giorno, le nostre comunità sono vessate da estremisti islamici”. Asia News parla di un’opera di mutilazione del volto cristiano in Terra Santa. “ cristiani in Palestina avvertono un clima sempre più ostile nei loro confronti, fatto di intimidazioni e soprusi da parte degli estremisti islamici, che per lo più rimangono impuniti”, spiega l’agenzia diretta da padre Bernardo Cervellera. L’ultimo caduto di questa sanguinosa guerra religiosa ha finito i suoi giorni per strada: un cristiano palestinese era stato accusato dal gruppo Amici di Maometto di vendere cellulari con suonerie offensive per il Profeta. Il 4 novembre uomini armati della Jihad islamica sono entrati nell’International Centre di Betlemme gestito dalla chiesa luterana. Guidati da Issa Marzouq, funzionario del comune di Betlemme affiliato alla Jihad islamica, i fanatici hanno rotto i microfoni e ordinato al pubblico di sgombrare, altrimenti avrebbero sparato. L’ex rettore dell’Università islamica di Gaza, Ahmad Abu Halabiya, ha detto che “Allah ci ha chiesto di non allearci con ebrei e cristiani o firmare alcun accordo con loro”. A metà ottobre un litigio tra un cristiano e un musulmanomusulmano di Betlemme è sfociato in una caccia cristiano: “Un gruppo di ragazzi fermava studenti per strada chiedendo loro la religione con il chiaro intento di picchiare chi professava cristiano”. Dopo il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, il Partito di liberazione islamica ha organizzato una mostra all’Università di Birzeit, con un carro armato che calpesta una croce, immagini denigratorie del Papa volantini con un testo intitolato “Una Crociata”, fitti di parole oscene contro Ratzinger. A Khan Younis circolano volantini in cui si legge che “la nazione musulmana è rimasta vittima della cospirazione degli infedeli che hanno distrutto il Califfato. Bisogna tornare a un’unica e potente nazione musulmana”. E il 19 ottobre gli uomini delle Brigate dei Martiri di al Aqsa hanno invaso con le armi la casa del cristiano Nikola Mukarker a Beit Jala. “La sua colpa era aver denunciato un musulmano, perché si era preso il diritto di edificare, senza permesso, su un appezzamento di terra appartenente alla sua famiglia”. Uno dei 140 casi espropriazione di terre avvenuti negli ultimi tre anni e perpetrati dagli islamisti. Un mese fa un gruppo di palestinesi ha sparato appiccato il fuoco a un internet caffè di Jabaliya, a nord di Gaza. L’attacco è stato rivendicatorivendicato dalle Spade della Giustizia Islamica: “I nostri combattenti hanno iniziato operare in Terra Santa. I combattenti del jihad hanno fatto esplodere la bomba come un messaggio per tutti i corrotti”. Samir Qumsieh, direttore di al Mahdeh, una televisione locale diventata la voce dei cristiani di Betlemme, si è battuto contro la diffusione delle moschee in città: “I muezzin gridano più forte vicino alle chiese. Dove una volta suonavano le campane ora si sentono soltanto le preghiere musulmane con gli altoparlanti a tutto volume. Tra vent’anni Betlemme non ci sarà più un cristiano”. La sua abitazione è stata colpita dalle molotov lanciate dai miliziani islamici. Il prete e la suora hanno scelto il posto sbagliato per la loro offerta corporea. Potevano piazzarsi davanti al portale di una chiesa bimillenaria, all’ingresso dell’emittente di Samir e al terreno dei compagni di fede espropriato dai sicari islamici. I due religiosi hanno detto di essere stati “mandati da Dio per proteggere i palestinesi”. Lo stesso Dio che Hamas impedisce loro di venerare? Recita uno slogan in voga fra i terroristi palestinesi: “Dopo esserci occupati del Popolo del Sabato, ci prenderemo cura di quello della Domenica”.
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