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Avvenire Rassegna Stampa
23.11.2006 E' chiaro quali siano le "forze oscure" all'opera in Libano
e denunciate dal Papa

Testata: Avvenire
Data: 23 novembre 2006
Pagina: 2
Autore: Andrea Lavazza
Titolo: «Le chiarissime «forze oscure» evocate dal Papa»

Da AVVENIRE del 23 novembre 2006:


«Forze oscure che cercano di distruggere il Paese». Nella condanna dell'omicidio di Pierre Gemayel pronunciata da Benedetto XVI un'espressione netta e forte illumina il baratro sul cui ciglio si muove il Libano. «Forze oscure» perché le responsabilità sono ancora da chiarire pienamente, ma certo non un'azione isolata quella che ha portato alla morte del ministro cristiano maronita. «Forze oscure» perché tramano insidiosamente dietro le quinte per poi colpire a freddo. E «oscure» perché il Papa non può puntare il dito su una fazione, tuttavia la diplomazia vaticana non è ingenua e sa in che direzione si rivolgono i sospetti per la brutale esecuzione del ministro dell'Industria. L'altro elemento da considerare è quel «distruggere». Non si tratta di una escalation di tensione, bensì del pericolo concreto che Beirut esploda, vittima di una nuova guerra civile fomentata da chi vuole mettere le mani sulla nazione che, all'interno del difficile contesto mediorientale, è stata per anni un modello di convivenza anche tra religioni. L'esortazione a tutti i libanesi affinché non si facciano vincere dall'odio, e rinsaldino invece l'unità nazionale, la giustizia, la riconciliazione e lavorino insieme per costruire un futuro di pace suona allora come un accorato appello, da una parte, e un monito, dall'altra, a chi soffia sul fuoco del risentimento e delle divisioni. Tocca poi le responsabilità della comunità internazionale la parte dell'appello rivolto dal Pontefice «ai Paesi che hanno a cuore il Libano», con l'invito «a contribuire a una risoluzione globale e negoziata per sanare le diverse situazioni di ingiustizia che segnano la regione da molti anni». A fine luglio si è tenuta a Roma una Conferenza internazionale con la presenza di 15 Paesi e il patrocinio delle Nazioni Unite e dell'Unione europea: si era allora durante l'azione militare israeliana contro l'Hezbollah e l'obiettivo era quello di fermare le armi e alleviare la crisi umanitaria. Da lì nacque anche l'idea di un a missione di interposizione al confine con lo Stato ebraico, concretizzatasi poi nella "Unifil 2", nella quale l'Italia è in prima linea. Nel documento finale di Roma si sottolineava come «condizione fondamentale per una sicurezza duratura in Libano è la piena capacità del governo di esercitare la sua autorità su tutto il suo territorio». Quando vede i suoi membri cadere sotto il fuoco dei sicari (o costretti a dimettersi da ricatti politici), un esecutivo non può certo vantare un potere pieno e indiscusso. Se così stanno le cose, urge che le nazioni impegnate nella controversa azione di pace alzino la voce verso coloro che (direttamente o indirettamente) sembrano minacciare i fragili equilibri di Beirut, Siria ed Hezbollah in primis (forse con la benedizione dell'Iran). Di fronte a chi manovra per rendere il Libano un docile protettorato (da cui, fra l'altro, minacciare Israele), potrebbe per una volta giocarsi la carta di una provocazione positiva: dirsi pronti, per esempio, ad ammettere Beirut nell'Unione europea, con le conseguenze politiche di una mossa di tal genere. Per non far prevalere le «forze oscure».

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