Colpiti dalla veemenza di Israele molti libanesi, in precedenza di tutt´altro avviso, si sono trasformati in sostenitori di Hezbollah. In nome della critica a Israele molti in Occidente ne sono diventati ammiratori
Si legge in un editoriale, per molti versi condivisibile, pubblicato da REPUBBLICA del 23 novembre 2006.
Dopo la guerra di aggressione di Hezbollah contro Israele molti libanesi, in realtà, hanno espresso critiche contro Hezbollah.
Ma non sono certo nelle migliori condizioni per farlo liberamente e in sicurezza, alcuni, con ogni probabilità, preferiscono tacere o dire il contrario di quel che pensano.
Ciò che colpisce nel passaggio, tuttavia, è la parte relativa all'Occidente:
In nome della critica a Israele molti in Occidente ne sono diventati ammiratori
Ci sembra che qui si aprano nuove prospettive sull'annosa questione della legittimità delle "critiche a Israele" e della loro differenza dall'antisemitismo.
A noi sembra che quando "in nome della critica a Israele" si diventa sostenitori di un gruppo terrostico che vuole distruggerla, la parola"critica" è usata come sinonimo di odio.
E siccome gli Hezbollah uccidono gli ebrei in quanto tali, in Israele come in Argentina, viene naturale pensare che l'oggetto di quell'odio siano, appunto, gli ebrei.
Ecco, comunque, come procede l'anonimo estensore dell'editoriale:
Al movimento che già controlla il Sud del Libano si possono riconoscere alcuni pregi: senso etico, solidarietà interna, perfino un quasi realizzato socialismo
"senso etico"? Quale senso etico si può riconoscere a chi deliberatamente bombarda i civili israeliani e usa quelli libanesi come scudi umani ? A chi distrugge un centro ebraico a Buenos Aires in nome dell'odio razziale? A REPUBBLICA riconoscono anche il "senso etico" del Ku Klux Klan?
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