Il caos a Gaza, naturalmente, è generatto dall'"assedio" israeliano, non dalle milizie terroriste che si contendono la striscia.
E l'assedio israeliano non è motivato dall'aggressione che dalla Striscia continua a colpire Israele: di quella non sid eva far cenno.
Ecco come la cronaca di Fabio Scuto pubblicata dalla REPUBBLICA del 22 novembre 2006 utilizza il rapimento dei due italiani a Gaza da parte del terroristi palestinesi per biasimare ancora una volta Israele.
Ecco il testo:
La crisi nella Striscia di Gaza, sfaccettata e molteplice dove alla deriva politica, si somma quella umanitaria e sanitaria - "una vera catastrofe" nella definizione dell´Onu - e il degrado delle condizioni di sicurezza per chiunque, per gli stranieri e per i palestinesi stessi, precipita. Terra di vendette e violenze, la Striscia è da mesi preda delle milizie dei gruppi armati - se ne contano una quindicina - delle gang familiari che gestiscono il contrabbando dall´Egitto, della piccola criminalità. E tutti si fanno largo a colpi di kalashnikov, i meglio organizzati rapiscono qualcuno. Non c´è un movente "politico" dietro ai rapimenti di stranieri, ma la richiesta di un permesso negato, un altro sussidio da strappare, il ricovero di un parente ammalato, un posto di lavoro. Il rapimento dei due volontari italiani è sembrato subito appartenere a questo scenario ma ha fatto subito scattare l´allarme alla nostra Farnesina. Il ministro degli Esteri Massimo D´Alema ieri, subito dopo la diffusione della notizia del nuovo rapimento, ha telefonato al consigliere politico del presidente Abu Mazen. Nemer Hammad, a lungo ambasciatore a Roma, ha promesso il massimo dell´impegno per una rapida soluzione. E conferma a Repubblica: «Non c´è nessun movente politico dietro questo rapimento». A liberazione avvenuta il ministro degli Esteri ringrazierà «Anp e Sismi per l´aiuto che hanno dato» alla soluzione positiva del rapimento.
La Striscia è caduta da otto mesi in un pozzo nero: l´economia è vicina allo zero per il blocco dei fondi all´Anp di Stati Uniti e Unione europea, del rimborso dei diritti doganali incassati da Israele. Lo stato d´assedio - scattato dopo che il 25 giugno è stato rapito il soldato Shalit - impedisce ogni commercio con l´esterno. Nell´offensiva militare israeliana sono rimasti uccisi finora cinquecento palestinesi, per gran parte civili nel triste computo dell´Onu. Diecimila i proiettili di artiglieria sparati contro la Striscia, centinaia i raid aerei che hanno ridotto Gaza peggio di Beirut, non hanno riportato a casa il soldato rapito e hanno solo rallentato il lancio dei razzi Qassam contro Israele. Una punizione collettiva per tutti gli abitanti della Striscia, che ha la più densità abitativa della Terra. Un milione e settecentomila persone vivono in questo "carcere a cielo aperto" preda e ostaggio di gruppi armati e rappresaglie militari. Ottocentomila hanno la luce solo qualche ora al giorno e mezzo milione non dispone di acqua potabile nelle case. I commerci sono bloccati, i negozi sono vuoti, la disoccupazione supera il 70 per cento. Decine di migliaia di dipendenti pubblici - impiegati, poliziotti, militari, maestre, medici - non ricevono lo stipendio da mesi. L´Onu distribuisce aiuti a 830.00 persone, 100.000 in più dallo scorso marzo, e il Pam ne assiste altre 280.000. Mai l´emergenza umanitaria è stata così grave.
La paralisi politica seguita alla crisi del governo Hamas, prima è stata seguita da uno scontro militare fra i fedeli del presidente Abu Mazen e miliziani integralisti che ha lasciato una lunga scia di morti prima di essere "incanalata" in colloqui politici per la formazione di un governo di unità nazionale, che dia garanzie all´Occidente e sblocchi i finanziamenti congelati, ma anche in grado di dare una prospettiva possibile alle speranze di pace che ogni giorno perdono qualche pezzo. Da un mese Abu Mazen tenta di rimettere insieme i pezzi del puzzle palestinese ma con pochi risultati. Indebolito all´interno, ma anche in ambito internazionale, il presidente ha chiesto decine di volte ai miliziani di fermare il lancio dei missili Qassam - "non giovano alla nostra causa e provocano dure rappresaglie israeliane" - ma solo da questa estate ne sono stati lanciati più di mille. Per ben due volte un accordo faticosamente raggiunto fra Abu Mazen e il leader di Hamas Ismail Haniyeh è stato vanificato dal lancio dei Qassam e dalla conseguente rappresaglia israeliana, come qualche settimana fa con la strage dei civili palestinesi a Beit Hanun.
Sullo sfondo di questo scenario, la speranza è affidata alla mediazione europea. L´idea di una conferenza di pace sulla regione - lanciata da Spagna Francia, Italia a cui si spera si uniranno Germania e Gran Bretagna - è stata naturalmente ben accolta da parte palestinese, così come l´eventualità che a Gaza possa dispiegarsi una missione internazionale con il compito di controllare il cessate il fuoco. Le aspettative sono legittime ma a Gaza mancano ancora le condizioni oggettive perché questo possa avvenire.
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