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L’apprendistato di Duddy Kravitz Mordechai Richler Casa Editrice Adelphi Euro 19,50 Traduzione di Massimo Birattari Montréal, Canada: irresistibile crogiuolo etnico, sociale, culturale, e dunque linguistico, con il francese, l’inglese e lo yiddish ebraico. Siamo nel 1947 e appare in scena il quindicenne Duddy Kravitz, protagonista dello splendido romanzo di Mordechai Richler (1931-2001). L’iniziazione alla vita di Duddy si dispiega in uno spumeggiante crescendo, vissuto nella frenetica progettualità della città multietnica. Si comincia male, a scuola, con un autoritario professore scozzese antisemita. Ma Duddy sogna in grande, e soprattutto si rende conto che non bisogna rispettare i codici di una società borghese spietata nel suo falso moralismo. Così deciderà che la trasgressione calcolata è l’unica arma per giungere al successo. Ne farà di tutti i colori, mentendo, truffando, con vari mestieri. Significativamente il romanzo si chiuderà con una liberatrice risata, perché la vita si può continuamente reinventare. Ma il romanzo ci consegna una continua invenzione di situazioni, di linguaggio: Duddy è insieme un estremo picaro e la quintessenza del grande, beffardo umorismo ebraico, onde le frequenti inserzioni yiddish, chiarite in appendice dall’ottimo traduttore Massimo Birattari. Dicono che Richler ha anticipato Philip Roth; no, è Richler basta e avanza. Claudio Gorlier Panorama |
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