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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.11.2006 "Svolta" di Damasco?
in realtà il regime continua ad appoggiare il terrorismo e l'Iran

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 novembre 2006
Pagina: 1
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «La svolta di Damasco: dialoga con il governo filo-Usa»

La Siria stabilizzerà l'Iraq e lotterà con il terrorismo? Un po di scetticismo in più di quello mostrato da Antonio Ferrari nel suo editoriale pubblicato dal CORRIERE della SERA del 21 novembre 2006 sarebbe utile.
Tanto più finché la Siria continua ad armare Teheran e a seguire le mosse di Teheran ( è Ahmadinejad che vuole un vertice con Assad e Talabani, il presidente iracheno, per affermare la sua egemonia)

Ecco il testo:


È forse la notizia politica mediorientale più importante degli ultimi tempi. La Siria, con una mossa astuta e felpata, ha deciso di proporsi come mediatore, o almeno facilitatore, per alleggerire la crisi irachena e contenere una violenza cieca e sempre più feroce.
L'improvviso viaggio a Bagdad del ministro degli Esteri Walid Moallem è la risposta più indicativa delle volontà del regime guidato da Bashar el Assad, che vuole assolutamente uscire dall'isolamento internazionale. Risposta clamorosa, perché è la prima volta dal 1982 che Damasco decide di riannodare i rapporti politici con il vicino, dopo la rottura provocata dalla guerra Iran-Iraq, che spinse la Siria sunnita, seppur guidata da un regime minoritario alauita (setta vicina agli sciiti), ad abbandonare i fratelli per schierarsi con Khomeini e il regime degli ayatollah. Moallem, diplomatico tra i più esperti, è ben cosciente che il suo Paese è sottoposto da anni ad attacchi concentrici e pesantissimi. Damasco viene accusata di favorire il terrorismo regionale e internazionale; di puntare alla destabilizzazione dell'Iraq; di sostenere la resistenza e di non controllare adeguatamente le sue porose frontiere. E sa molto bene che potrebbe diventare l'obiettivo di un attacco militare con lo scopo di rovesciare il regime, anche perché gli Stati Uniti, e più in generale la comunità internazionale, la ritengono coinvolta nel piano ordito contro l'ex primo ministro libanese Rafic Hariri, assassinato assieme ad altre 21 persone il 14 febbraio dell'anno scorso. L'inchiesta sulla strage, voluta dall'Onu, ha infatti raggiunto, quantomeno lambito i palazzi del potere di Damasco.
La Siria, invitata apertamente (e non) da americani e britannici a collaborare alla stabilizzazione dell'Iraq, precipitato ormai in una sanguinosa guerra civile, aveva compreso da tempo che era necessario correggere la rotta. Ma sarebbe stato illusorio ritenere che il regime avrebbe agito rapidamente, obbedendo all'urgenza della pressione. Con il consueto cinismo, Damasco ha atteso a lungo prima di dar corpo alla svolta. Certo, Walid Moallem, almeno nelle prime dichiarazioni rilasciate a Bagdad, ha ripetuto quel che il suo leader assicura da tempo: e cioè che la Siria è contraria al terrorismo, e che è favorevole all'immediato ritiro dall'Iraq delle forze militari della Coalizione per consentire la ripresa del dialogo tra le tre componenti del Paese: sciiti, sunniti e curdi. Ma il passaggio più importante, che rivela la vera ragione del viaggio, è arrivato alla fine, quando il capo della diplomazia siriana ha detto al suo omologo Hoshyar Zebari che Damasco intende collaborare con il governo iracheno, ritenuto fino a poche ore prima nient'altro che un fantoccio degli Usa.
E' presto per capire se la mossa siriana possa significare una rilevante correzione di rotta del regime di Assad, magari anticipando quella presa di distanze da Teheran sulla quale confidano gli Usa e Israele, preoccupati dalle mire egemoniche del presidente iraniano Ahmadinejad. E' presto per dire che la Siria intende contenere l'espansionismo sciita nella regione. Tuttavia, il passo di Damasco è assai importante perché rivela che Assad comincia a temere, non soltanto gli avvertimenti americani ma le conseguenze che la guerra civile irachena può avere nel suo stesso Paese. Probabilmente ha ragione l'ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, che da sempre sostiene la necessità di coinvolgere Damasco. Ben sapendo che la Siria, oltre ad avere l'abilità di provocare o favorire gli incendi, può decidere freddamente di proporsi come pompiere.
Con una mossa a sorpresa la Siria si propone come mediatore Il ministro degli Esteri a Bagdad: collaboriamo contro il terrorismo

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