Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Aprirà al pubblico un archivio che raccoglie i documenti della Shoah recuperati dagli alleati e rimasti segreti per sessant'anni
Testata: Corriere della Sera Data: 21 novembre 2006 Pagina: 18 Autore: Francesco Battistini Titolo: «Il registro della Shoah Rivelata la lista finale»
Dal CORRIERE della SERA del 21 novembre 2006:
BAD AROLSEN (Germania) — Anche solo per queste due signore. Foss'anche solo per Erika e Regine, valeva la pena d'aspettare tanto. Erano sorelline ad Amburgo, una volta. Separate dai lager, disperse per l'Europa. Introvabili negli elenchi della Croce Rossa, due punti interrogativi fra camini e forni crematori. Ognuna a credere dell'altra: «È morta». Erika Hrasova e Regine Boehmer, una ceca e una tedesca, perdute dalla guerra perfino nei cognomi, oggi due signore brizzolate e un po' in carne, il 25 settembre si sono ritrovate come accade in tivù: ad abbracciarsi, a piangere, a mangiare in un ristorantino italiano di Bad Arolsen, ad andarsene finalmente insieme con sessant'anni di racconti arretrati. Erika e Regine sono state le prime a recuperarsi nel Grande Archivio. Nel gigantesco e (finora) segretissimo Google cartaceo del nazismo. È il registro completo e definitivo dell'Olocausto: 25 chilometri di schedari, 50 milioni di documenti, 17 milioni e mezzo di nomi. Tutto il materiale che gli Alleati salvarono in settemila fra lager, campi di lavoro, ghetti, posti di polizia, industrie belliche. Dal 1946 stava sigillato fra i muri di questo vecchio quartier generale delle SS, custodito da un contingente belga in un paesino dell'Assia risparmiato dai bombardamenti. Un tesoro inaccessibile: fra gli undici Paesi proprietari ce n'erano due, la Germania e (ha rivelato il Washington Post) l'Italia, che s'opponevano alla riapertura. Troppi dati sensibili, la motivazione ufficiale. Troppi i rischi di violare milioni di privacy e magari di dover rileggere, più che la Storia, molte piccole storie. La congiura del silenzio è finita. La Germania ora chiude i conti e da qualche settimana sulla soglia dell'archivio di Bad Arolsen, ad accogliere i primi parenti delle vittime, i primi storici, i primi giornalisti c'è Frau Maria Raabe: basta sottoscrivere un impegno a non rivelare particolari delicati, per esempio di chi stava nelle casematte col triangolo rosa degli omosessuali o delle donne che per salvarsi si davano ai kapò, ed ecco i caveau della Shoah. Dice Rudolph Michalke, uno dei 340 archivisti (che ha ritrovato anche un documento di suo nonno morto a Buchenwald): «Tutta questa carta toglie la voce». Non è una figura retorica: ci chiamiamo da un corridoio all'altro degli archivi, con Rudolph, e il suono non sfonda il muro delle schede, dei libri mastri, degli elenchi. Ci sono 150 mila richieste di consultazione: «Molte dall'Italia — spiega Maria —, di schiavi deportati a lavorare nelle fabbriche tedesche». Fonti preziose per magistrati, cacciatori di nazisti, eredi in lite. Qui dentro, a parte gl'inutili come i bambini troppo piccoli e i vecchi troppo vecchi, che venivano gassati appena scesi dal treno e perciò era uno spreco catalogarli, qui dentro l'ossessione nazista fa trovare tutto: i test medici di Mengele che inoculava la febbre gialla («ce li hanno chiesti anche le università») e il Libro delle Bugie del campo di Grossrosen, puntiglioso nell'infliggere punizioni a chi s'inventava qualunque cosa pur d'avere scampo. Carte stranote e inediti da studiare: un documento di trasporto coi 1.100 nomi della Schindler's List, da Hirsch Kirischer a Eliasz Tettelbaum; il giorno dell'internamento della giovane Frank Annelise M., residente ad Amsterdam in Merwerdeplein 37, che morirà Anna Frank; la registrazione del decesso di Mafalda di Savoia; internati che si chiamavano Hitler (5) e Mussolini (8); quindici Günter Grass, venti Schwarzenegger e ventisette Joseph Ratzinger; le tessere di Primo Levi e di Leonardo De Benedetti; il destino di Sergio Cividali, ucciso al suo arrivo, e d'intere famiglie Funaro, Polacco, Segre, le memorie del Ghetto... Rivelazioni di vite sepolte: del numero 94428 di Dachau, il vicentino R.B. che fino ad oggi aveva due righe nelle pubblicazioni sui deportati da Bolzano («ricordo un certo R.B. che era alto quasi due metri», l'unica testimonianza d'un compagno di lager), spuntano sei cartoncini gialli e verdi ricavati dal retro di pacchetti di sigarette marca «Drama» e «Zuban n˚6».Note che non tralasciano nulla: «R.B., studente, nato a Schio nel 1920, residente in via Macchiavelli 32, altezza 1.90, corporatura grossa, faccia ovale, bocca sottile, occhi bruni, capelli marroni, denti con due carie, parla italiano e francese, cattolico, detenuto politico...». Altro non si può raccontare, di R.B. Fra un anno o due, il Grande Archivio aprirà a chiunque. E allora sì, a leggere la storia del ragazzo di Schio sono fin d'ora invitati il signor Ahmadinejad, il professor Irving e la falange dei negazionisti. Una bella giornata della memoria, nelle foreste dell'Assia, da dedicare a chi dice che l'Olocausto è una balla. Carta urla, a Bad Arolsen.
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