La jihad terrorista? Non esiste quando il giornalismo non vuole informare, ma "correggere" in nome dell'ideologia i nostri "errori"
Testata: La Stampa Data: 16 novembre 2006 Pagina: 12 Autore: Claudio Gallo Titolo: «Il Gran Muftí»
Da La STAMPA del 15 novembre 2006:
ISTANBUL A parte una stretta di mano col presidente della Repubblica, sarà la prima persona che il Papa vedrà al suo arrivo in Turchia il 28 novembre: il presidente del Diyanet, il professor Ali Bardakoglu. Spesso in Italia è citato come il Gran Muftì ma l'impressione è che il titolo sia più onorario che altro, una mostrina per la guida laica del ministero per gli Affari Religiosi. Professore, lei è Gran Muftì? Per rispondere alla domanda lui porge un suo libro che ha appena autografato su «Religione e Società», sottotitolo: «Nuove prospettive dalla Turchia» dicendo: «Qui troverà la risposta, specialmente il capitolo sulla presidenza del ministero». Cominciamo bene. La sede del Diyanet, la parola vuole dire clemenza, compassione, è appena fuori del centro di Ankara, un palazzo squadrato dagli ampi spazi tagliati netti che ricordano l'architettura del Ventennio. L'ufficio è ampio, una grande scrivania al fondo, quadri e tappeti. Lui siede su una grande sedia a braccioli, in testa il «sarik», il cappello dei leader religiosi, e una veste color perla intessuta di motivi floreali, con risvolti bordò. Alto, i baffi, 54 anni, tre figli, se ne sta con le grandi mani incrociate, non gesticola, a volte muove solo gli occhi castani. Alla sua sinistra un drappo di lino che ricopriva la Kaaba, la pietra nera della Mecca, con impressi due nomi di Dio. Parla senza cambiare mai tono, talvolta sorride. Studioso dell'Islam, mescola la componente religiosa e laica, inevitabile dopo Atatürk, con perizia da democristiano. Lei fu tra i primi a chiedere le scuse del Papa per il discorso di Ratisbona. Qui gliele chiederà ancora? «Non spreco tempo parlando del passato. Non importa se a dire una cosa inaccettabile sull'Islam sia un laico, un religioso o una persona importante: è doveroso correggerlo. Ma sono cose del passato, guardiamo avanti. I leader religiosi devono rispettare la sensibilità degli altri credenti. Come comunità islamica siamo aperti alle critiche, alle discussioni dell'esperienza religiosa, non dei principi fondamentali della nostra fede: Dio, il Profeta e il Corano». La citazione del Pontefice dell'imperatore bizantino Manuele II era soltanto una piccola parte di un ampio discorso su Dio e ragione. Il Dio del Corano è al di là della ragione? «Si trattava di una discussione molto intellettuale e la citazione fatta dal Papa porta a un’interpretazione accademica sbagliata. D'altra parte molti intellettuali occidentali, anche cristiani, hanno criticato quelle parole sul piano politico e filosofico. La fede islamica non esclude il razionalismo. Nel Corano ci sono indicazioni che la logica non è estranea a Dio. Noi siamo aperti alla discussione sul rapporto tra Dio e ragione, è un grande piacere discutere con le altre religioni di questo tema». Spesso si contrappongono Islam e Cristianesimo come Oriente e Occidente. Il Cristianesimo però si è formato e sviluppato in Asia Minore, più meno nell'area dell'odierna Turchia: si dimentica così che è anch'esso una religione orientale. «Il Medio Oriente è la culla delle religioni. Noi riconosciamo una continuità, da Adamo, Mosè, Gesù, fino a Maometto. In queste terre si trovano ad ogni passo tracce di tutte le fedi che vissero pacificamente accanto una all'altra. Anche nei Balcani si trovano monumenti cristiani che furono conservati sotto la dominazione ottomana. Non così in Spagna dove le tracce della presenza islamica sono state cancellate, con l'eccezione dell'Alhambra. E mentre in Spagna si massacravano gli ebrei, da noi trovavano ospitalità e protezione. Una delle sinagoghe di Istanbul risale a quel periodo». E' preoccupato per la sicurezza del Papa? «Leader religiosi e politici di tutti i Paesi vengono in Turchia ogni giorno senza alcun problema. Siamo uno Stato democratico, c'è libertà: proprio per questo c'è chi non apprezza questa visita e lo dice. Ciò non farà certo venire meno la nostra tradizionale accoglienza. Tolleranza e ospitalità sono due ambiti diversi che possono convivere. No, non sono affatto preoccupato. Questo viaggio non risolverà tutti i problemi ma sarà un buon passo nella direzione del dialogo. La pace si distrugge in un attimo ma per costruirla ci vuole molto tempo, un lungo processo». Talvolta sui media occidentali la parola jihad è sinonimo di terrorismo: può spiegarcene il vero significato? Qui il giornalista si comporta come un divulgatore scientifico che chiede a un luminare di correggere una diffusa falsa credenza. Non si tratta di una vera domanda, ma di un gioco delle parti, dato che entrambi sanno dove vogliono arrivare. Inoltre, non si tratta di giornalismo, ma di una messinscena "pedagogica" a beneficio del pubblico. Ma il tema della jihad non è neutrale, e le risposte alla domanda "qual'è il vero significato del termine jihad ?" possono essere deliberatamente parziali e di comodo. Come infatti è la segunte risposta di Ali Bardakoglu:
«Condanniamo ogni terrorismo, nessuna causa può giustificarlo. La parola jihad, spesso esaltata nel Corano, non può giustificare la violenza. Bisogna che tutto il mondo islamico ne prenda coscienza. L'Islam è via di pace e amore. Il significato principale di jihad nell'Islam è quello di lotta interiore contro le tendenze malvage della natura umana.
Vi è poi un altro significato, che è quello di guerra contro gli infedeli. Ad esso si appellano i terroristi. E' un dato di fatto che l'intervistato nasconde e che il giornalista non gli ricorda e non ricorda ai suoi lettori. Appunto perché non sta facendo informazione, ma un'opera ideologica di correzione degli "errori" dei media e dell'opinione pubblica occidentale. Correzione che può prescindere dai dati di fatto e dalla realtà, dato che mira a mostrare il mondo per come "dovrebbe" essere visto (in modo politicamente corretto) e non per come è.
La nostra fede vuole conquistare i cuori con la verità non con la forza. Dio non approva le conversioni forzate, la religione nasce dal cuore». Davvero i musulmani turchi vogliono entrare nella apparentemente cristiana Unione Europea? «Il mio ruolo non ha nulla a che fare con la questione dell'ingresso della Turchia nell'Ue. Non credo che l'Europa sia un club cristiano. Bisogna trovare una via comune: se si comincia dalla religione allora ci si dividerà su tutto». La Chiesa cattolica sarà mai riconosciuta legalmente nel suo Paese? «Tutte le religioni sono riconosciute. La Turchia è un Paese laico, il problema non esiste. Compito dello Stato è dare uno spazio alle confessioni e garantire loro la libertà» Però mentre le Chiese ortodossa e armena hanno status giuridico, il nunzio apostolico cattolico è un privato qualsiasi, il Vaticano non può ad esempio possedere una chiesa. «Non conosco tutte le gerarchie e i rapporti tra le varie confessioni. In termini numerici vengono prima gli armeni ortodossi, poi i greco ortodossi e tutti gli altri. I cattolici sono una esigua minoranza. George Marovich (ndr, il portavoce della Conferenza episcopale) è una persona molto popolare da noi. E nessuno può dire che sia considerato un leader religioso di secondo piano. Ci siamo incontrati molte volte in questi anni e anche ultimamente. Non facciamo discriminazioni». Che cosa risponde a Parigi che vuole fare una legge per sanzionare chi nega il genocidio armeno? «Questa è una domanda a cui devono rispondere i politici. Comunque non può stabilire se una cosa sia vera oppure no con una legge».
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