Da LIBERO del 16 novembre 2006 un articolo di Angelo Pezzana sulle due manifestazioni convocate sabato dal centro sinistra.
Ecco il testo:
Con le due manifestazioni parallele di sabato, a Milano e Roma, i partiti del centro sinistra sprofondano nel ridicolo. DS e Rifondazione comunista saranno a Milano, in quella che si autodefinisce "moderata", ma qualcuno, siamo pronti a scommettere, farà presenza anche a Roma, perchè tenere il piede in due scarpe non fa mai male. A Milano ci sarà pure la Margherita, anche se Rutelli, che pure è fra gli organizzatori, aderisce ma non partecipa. Idem Fassino, che fra gli ex comunisti- dicono – viene tacciato di sionismo, anche se non capiamo in base a quale ragionamento. A Roma invece scenderà in piazza il Forum Palestina, quel club che riunisce i duri e puri, quelli che al solo sentir pronunciare il nome di Israele gli vengono le convulsioni. Nella confusione delle sigle e nella frammentazione dei vari partiti comunisti, abbiamo perso il conto di dove sarà l’uno e dove sarà l’altro. Diciamo che saranno un po’di qua e un po’ di la, ma la cosa ha poca importanza, perché entrambe le manifestazioni si reggono su quell’enorme equivoco che da almeno quarant’anni è la cosidetta questione palestinese. Ancora sabato assisteremo a quella commedia degli equivoci rappresentata dalla invocazione "Una terra per due popoli" o, a piacere, " Due popoli per due stati", come se la questione del contendere, il centro del problema, fosse realmente la divisione di quella regione, che una volta si chiamava Palestina, in due stati, uno per gli ebrei e uno per gli arabi. Magari fosse così. Ma c’è solo più Israele a sostenerlo. Purtroppo la realtà è diversa, ma i nostri partiti di governo, o limitrofi, non si sono ancora accorti che sabato, di nuovo, andranno ad urlare slogan, a sbracciarsi per invocare qualcosa, che ai diretti interessati non importa più nulla. Non se fanno un cavolo dello Stato palestinese, non è nei loro programmi dividere il territorio, e meno che mai accetteranno di vivere a fianco di Israele. Se non bastava Ahmadinejad, che il dono della chiarezza ce l’ha, ad urlare ai quattro venti che l’ "entità sionista" doveva essere cancellata dalle carte geografiche, provocando qualche fastidio nell’opinione pubblica europea ma niente di più, adesso arriva in soccorso Hamas, vale a dire quei gentiluomini che da Gaza lanciano quotidianamente razzi Kassam sulle città israeliane, attività del tutto lecita secondo i manifestanti di sabato, a giudicare dalle loro dichiarazioni che vedono in Israele l’unica istituzione da mettere sul banco degli accusati. Ebbene, proprio ieri, Hamas ha sgombrato il campo da ogni equivoco, il comunicato parla chiaro: non riconosciamo Israele, dello stato palestinese non ce ne può fregar de meno, vogliamo tutto. L’avranno capito quelli che ancora oggi parlano di pace, di dialogo, di accordi, di sediamoci intorno a un tavolo e che sabato sfogheranno il loro odio contro Israele ? E, soprattutto, l’avranno capito quegli autodefinitisi "moderati", che sfileranno a Milano, che con Ahmadinejad,Hamas,Hetzbollah lo scenario è cambiato ? Cari signori, lo volete capire che da una parte c’è uno Stato democratico aggredito da milizie criminali e minacciato da Stati terroristi , che di fatto non ha più interlocutori con i quali trattare ? Le nostre, temiamo, sono parole al vento, con il ministro degli esteri che ci ritroviamo, per non parlare del governo Prodi nel suo insieme. Tra le passeggiate a Beirut di D’Alema sottobraccio ad Hetzbollah e Diliberto che inciucia con Hamas, le due manifestazioni di dopodomani non ci stupiscono affatto. Tanta aria fritta per il popolo e cecità assoluta di fronte ai venti di guerra che avanzano minacciosi. Questi sono i fatti, tutto il resto sono chiacchiere, in attesa che l’Iran annunci al mondo di avere l’atomica.
Dall'OPINIONE, un articolo di Dimitri Buffa
Sabato 18 novembre a Roma e a Milano tutti in piazza contro Israele. La linea in politica estera mediorientale la fornisce il Pdci, il cui responsabile esteri Iacopo Venier ieri era in Libano per incontrarsi con il leader spirituale dei terroristi hezbollah Hassan Nasrallah. Se non bastasse lui ecco pronto l’ineffabile Forum Palestina che ha organizzato invece la pagliacciata romana all’insegna del boicottaggio economico militare contro lo stato ebraico. Bel casino per la sinistra riformista che anche a Milano potrebbe non sentirsi a proprio agio in mezzo a tanti tavoli della pace sempre meno equivicini e sempre più equilontani. E che a Roma correrà il serio rischio di imbattersi in qualche brucia bandiere israeliane e statunitensi per professione. Tre le richieste principali della manifestazione del 18 novembre da parte dei “moderati” di Forum Palestina: la revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele stipulato dal governo Berlusconi “ma ancora vigente con il nuovo esecutivo”; la revoca degli accordi economici-commerciali stipulati da diverse regioni italiane con istituzioni israeliane e infine la revoca dell’embargo dell’Unione Europea (a cui aderisce anche l’Italia) contro l’Autorità Nazionale Palestinese. Cioè pro tempore contro Hamas. E questo perchè “ in una situazione umanitaria già drammatica, colpisce anche la sanità, l’istruzione e i salari dei palestinesi.” Magari se poi quei salari li usano per comprare kassam e kalashnikov rimane un dettaglio della storia. Marxianamente intesa.
Gli organizzatori ritengono ”che lo sviluppo drammatico degli eventi a Gaza e l’ingresso nel governo israeliano di un leader politico razzista e guerrafondaio come Avigdor Lieberman, rendano ormai del tutto inaccettabile la politica di equidistanza (o equivicinanza) adottata dal governo italiano sulla crisi israelo-palestinese.” A tale scopo, i promotori della manifestazione chiedono “che l’Italia e l’Unione Europea adottino delle sanzioni contro il governo israeliano”. Diversamente “rilanceranno in tutta Italia la campagna per il boicottaggio e il disinvestimento verso l’economia israeliana”. Ecco quindi i compagni di strada di Fassino e Rutelli a Roma. A Milano invece i mattatori saranno, insieme agli utili idioti arcobaleno dei tavoli della pace, quelli del Pdci che ieri hanno mandato il loro responsabile esteri Iacopo Venier in viaggio premio a Beirut per sondare la situazione insieme a quel gentleman di campagna di un Nasrallah. In questa ridicola e imbarazzante atmosfera da fiancheggiamento politico del terrorismo islamico e palestinese, che ricorda vagamente l’analogo fenomeno di copertura del terrorismo brigatista degli anni ’70, appaiono persino patetici i richiami all’onestà intellettuale della sinistra fatti in questi giorni da quei quattro gatti di deputati della cosiddetta “sinistra per Israele”, che alle bandiere bruciate e alle provocazioni rispondono con il dialogo. E con i convegni. Come quello che ci sarà il prossimo 30 novembre a San Macuto in cui verranno presentati gli atti della tavola rotonda tenutasi alcuni mesi orsono proprio sul delicato tema “Sinistra e Israele”. Tutte cose ormai sorpassate e inutili, però. Perché purtroppo, al di là delle belle parole e delle ottime intenzioni dei vari Furio Colombo, Amos Luzzatto, Victor Majar e Emaniuele Fiano, la vera sinistra è questa qua: quella del Forum Palestina e quella di Iacopo Venier. E lo stato ebraico lo odia e lo disprezza. E l’unico rapporto che ha con Israele è quello di andarne a bruciare i simboli in piazza durante questo tipo di manifestazioni. Sarà poco politically correct dirlo, ma è la triste realtà.
Infine dal GIORNALE, un articolo sulle reazioni degli ebrei italiani di sinistra alle dichiarazioni di D'Alema.
Gli ebrei di sinistra si sentono traditi da Massimo D'Alema. La polemica sull'intervista del ministro degli Esteri sull'Unità di venerdì scorso non si placa. Per il mondo ebraico sostenere, come fa D'Alema, che gran parte delle responsabilità della crisi in Medio Oriente appartengono a Israele è l'ennesima conferma che il governo è sordo rispetto alle ragioni dello Stato ebraico. E i più delusi sono proprio quegli ebrei italiani che D'Alema lo hanno votato. Sono quegli ebrei di sinistra che lo hanno sostenuto nella corsa alla Farnesina, e che oggi fanno eco alla dura risposta data nei giorni scorsi dagli esponenti dell'ebraismo moderato come Riccardo Pacifici e Yasha Reibman. «Sono deluso e amareggiato - dice il diessino Victor Magiar, esponente della Comunità ebraica romana -. Sono anni che mi batto per la pace in Medio Oriente, una pace che andrebbe ricercata aiutando Abu Mazen e Olmert a collaborare, e non accusando governi e popoli. L'opinione di D'Alema non è equilibrata. Perché D'Alema non riconosce le responsabilità di chi lancia missili e bombe tutti i giorni su Israele?». Oltre alla critica sferrata contro lo Stato ebraico e al silenzio dalemiano circa la pioggia di missili che costantemente colpisce Israele, c'è una frase di quell'intervista che non è andata proprio giù agli ebrei di sinistra. È quella in cui il ministro lamenta che la richiesta dello scrittore David Grossman al governo israeliano di non ricorrere solo all'uso della forza «non trovi una eco nel mondo democratico ebraico», e ciò, secondo il ministro, «non può non porre preoccupanti interrogativi». Alle orecchie dell'ebraismo italiano questa frase è suonata come un «J'accuse» rivolto proprio agli ebrei di sinistra. «Siamo noi, e molti altri come noi, gli ebrei “silenti” che D'Alema chiama in causa - scrivono in una lettera aperta i membri del gruppo “Martin Buber-Ebrei per la pace” -. Rovesciando la tesi (di D'Alema ndr), a noi proprio questa affermazione pone “preoccupanti interrogativi”. Suona come una messa in stato d'accusa degli ebrei italiani, destinata a influenzare un'opinione pubblica già pregiudizialmente ostile a Israele». «È una frase che non ha senso - dice Claudia Fellus della Comunità ebraica romana -, non ha senso perché allude a un altro ebraismo non democratico». E in realtà, il «J'accuse» dalemiano ha riportato nella mente degli ebrei italiani i fantasmi dell'82, quando Israele era in guerra con il Libano e la sinistra italiana chiedeva agli ebrei di schierarsi contro la politica israeliana, di dividersi tra «buoni e cattivi». E poco dopo, in un clima di ostilità diffusa, ci fu l'attentato terroristico alla sinagoga di Roma per mano di un commando palestinese. «Le affermazioni di D'Alema rappresentano esattamente la ragione che nell'82 mi ha spinto a uscire dal partito comunista - spiega il professore universitario Giorgio Israel, esponente di “Per Israele” -. Oggi il ricatto è lo stesso. Trovo anche preoccupante che il ministro continui a decantare le lodi della missione Unifil, che ritengo scandalosa perché è solo un paravento per permettere ad Hezbollah di riarmarsi. Una missione che D'Alema vorrebbe anche a Gaza. E questo è davvero grave».
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