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Il Manifesto Rassegna Stampa
15.11.2006 Chi sostiene Israele è un farabutto
per il quotidiano comunista è assiomatico

Testata: Il Manifesto
Data: 15 novembre 2006
Pagina: 10
Autore: Franco Pantarelli
Titolo: «Dio lo vuole: tutti con Israele»

Al MANIFESTO ceh qualcuno possa sostenere Israele non va proprio giù.
Così i cristiani americani che sostengono lo Stato degli ebrei vengono descritti, in un articolo del 15 novembre 2006, come sanguinari negatori dell'universalità dell'amore divino.
(Principio invece assai caro, come noto, ai nemici di Israele. Per esempio a "hezbollah", il "Partito di Dio" libanese.)
Non viene in mente al quotidiano comunista che qualcuno potrebbe vedere nel sostegno a Israele proprio la concretizzazione di principi universali di giustizia.
Ecco il testo: 

Per chi è convinto che dio sia universale e che tutte le genti del mondo siano suoi figli il colpo sarà duro, ma la verità è che «dio ha un politica estera» e che il suo pilastro è l'appoggio incondizionato a Israele, cui la Bibbia assegna il ruolo di «annunciatore del nuovo avvento». E' la nuova frontiera della cosiddetta «destra religiosa» americana che dopo una lunga sedimentazione ha avuto modo di fare il suo debutto durante la crisi del Libano del luglio scorso. Su Beirut e dintorni, come si ricorderà, cadevano le bombe israeliane e le varie capitali che cercavano il modo di fermarle si scontravano con l'ostacolo posto da Washington, la cui linea era invece quella di «dare il tempo a Israele di finire il lavoro», come disse George Bush. Nel turbinio di viaggi di ministri degli esteri e consultazioni di primi ministri, nessuno si accorse che nello stesso tempo, proprio a Washington, c'era un raduno dei «Cristiani uniti per Israele», guidato dal reverendo John Hagee, predicatore di San Antonio e uno dei fondatori dell'organizzazione. I suoi seguaci confluiti nella capitale da tutto il paese erano circa 3.500 e a loro Hagee presentò come un trofeo il sorridente ambasciatore israeliano, spiegò che ciò che stava avvenendo in Libano era «una battaglia del bene contro il male», lesse loro i messaggi di adesione di Bush e di Ehud Olmert e li esortò a scrivere ai deputati cui loro avevano assicurato l'elezione per dirgli appunto di «lasciare che Israele finisse il lavoro». In quel momento la comunanza di vedute fra il movimento e la Casa bianca era così completa che quando Hagee vi si recò per una «doverosa visita», il viceconsigliere per la sicurezza nazionale Elliot Abrams, incaricato di riceverlo, si dichiarò «essenzialmente d'accordo» con il messaggio da lui portato, che era: «Ogni volta che negli ultimi cinquanta anni c'è stata una battaglia come quella di questi giorni il dipartimento ha sempre mandato un proprio inviato a perorare il cessate il fuoco. Ma in questo modo i terroristi si riposano, si riarmano e riprendono la loro attività». Uscendo dall'incontro con Abrams il reverendo Hagee disse trionfante di «sentirsi sulla retta via», ma poi il cessate il fuoco ci fu e lui rimase «molto deluso». Intanto però il sodalizio con il governo israeliano - le cui basi erano state gettate molti anni prima durante vari incontri fra Menachem Begin e James Dobson, un altro predicatore evangelico - era stato «lanciato» così bene che perfino la sparata di Pat Robertson, un predicatore della «vecchia guardia», secondo la quale l'ictus che ha colpito Ariel Sharon era la punizione per avere deciso il ritiro da Gaza, è stata «perdonata», nel senso che Robertson è andato in Israele per una visita «di riconcliazione» e il governo di Tel Aviv gli ha perfino offerto l'impiego di «testimonial turistico». In uno spot trasmesso nel suo impero televisivo lo si sente dire che «non c'è sulla terra un altro luogo come Israele, lì puoi camminare dove Gesù camminò, puoi pregare dove Gesù pregò, puoi essere dove Gesù fu». Il cemento di questa alleanza ha un nome preciso: Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano che con lo sterminio degli ebrei che non c'è mai stato e la cancellazione di Israele dalla carta geografica riempie di benzina i serbatoi. E infatti l'ultimissimo «cattivo» individuato dal movimento è James Baker, l'ex segretario di Stato da cui tutti si aspettano la formula magica per uscire dal pantano iracheno e che ha già avuto modo di anticipare che una delle cose da fare è «parlare» con l'Iran. «E' come la trattiva che gli inglesi tentarono con tedeschi, italiani e giapponesi prima della seconda guerra mondiale», hanno tuonato i «Cristiani uniti per Israele», ricevendo un'ambigua approvazione dallo stesso Bush. Il presidente dimezzato dalle urne, infatti, proprio mentre si diceva «aperto a nuove idee» e alimentava l'attesa per una «svolta», ha trovato il modo - ricevendo Ehud Olmert alla Casa bianca - di sparare contro l'Iran. Esattamente come faceva prima delle elezioni.

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