AVVENIRE del 15 novembre 2006 dà il giusto rilievo alle dichiarazioni di moussa Abu Marzouk che escludono qualsiasi riconoscimento di Israele.
Ecco il testo della cronaca:
Un passo avanti e due indietro. Almeno a parole. Lunedì, Hamas e Fatah hanno annunciato il raggiungimento di un accordo sul futuro premier palestinese, nominando l'ex rettore dell'Università islamica di Gaza, Mohammed Shubair; ieri, Hamas ha annunciato che non entrerà in un esecutivo che voglia riconoscere Israele, mentre il presidente Abu Mazen ha smentito la scelta di Shubair come premier.
La linea dell'intransigenza verso lo Stato ebraico è stata ribadita da Mussa Abu Marzouk, il numero due dell'Ufficio politico del movimento, che ha base in Siria. «Al nuovo governo non è stato chiesto di riconoscere Israele e non lo farà», ha dichiarato Marzouk. «La questione del riconoscimento di Israele non ha precedenti a livello internazionale», ha ricordato in un'intervista all'agenzia palestinese Ramattan, «alle due Germanie non fu chiesto di riconoscersi reciprocamente, mentre il mondo intero riconobbe loro». Dunque, ha proseguito, «perché la Palestina, che non è ancora uno Stato, dovrebbe riconoscere Israele?». Dello stesso tenore sono state le dichiarazioni del portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum. Il nuovo governo «non riconoscerà Israele», ha detto, e «non accetterà la soluzione a due Stati teorizzata dal presidente americano George W. Bush, perché rappresenterebbe un chiaro riconoscimento di Israele».
Non tutto, però, sembra perduto. Perché, nonostante la dura presa di posizione e le minacciose dichiarazioni di intenti, Marzouk ha tenuto a sottolineare che, anche se Hamas non riconoscerà Israele nemmeno quando nascerà il nuovo governo di unità nazionale, darà però carta bianca al presidente Abu Mazen per riprendere i negoziati di pace con Israele. Il che fa presumere una svolta positiva.
Se Abu Mazen tratta a nome di una maggioranza di governo che non riconosce l'esistenza del suo interlocutore e che contro di esso utilizza l'arma del terrorismo si trasforma in una semplice "foglia di fico" di Hamas.
L'ultima dichiarazione di Marzouk non fa presumere una svolta positiva, ma un ennesimo tentativo di inganno. Innanzitutto dell'opinione pubblica internazionale.
Che in effetti sembra ormai l'unica via possibile. Tutti i dirigenti palestinesi si sono resi conto che è necessario rompere l'embargo imposto dall'Occidente dopo la salita al potere di Hamas. Le trattative sul futuro governo di unità nazionale continuano e continua la missione di Abu Mazen nella regione per discuterne con i Paesi vicini. Ieri il presidente era in Giordania da re Abdullah II, oggi sarà in Egitto. Da Amman, Abu Mazen ha però "frenato" sul nome del nuovo premier palestinese, che già si dava per scontato fosse l'accademico indipendente Mohammed Shubair: «Non è stata presa ancora una decisione definitiva», ha precisato il presidente. Proprio sulla spinta di queste iniziative diplomatiche, oggi, al Cairo, si terrà una riunione del Quartetto (Onu, Usa, Ue, Russia): la prima da quando Hamas ha vinto le elezioni palestinesi in gennaio.
Intanto sul terreno continuano i raid e gli scontri. Un miliziano
terrorista
palestinese è stato ucciso dai soldati israeliani durante un'incursione a Nablus, in Cisgiordania. Mentre alcuni razzi artigianali Qassam sono stati sparati dal nord della Striscia verso la città israeliana di Ashqelon e verso il Neghev: sono esplosi provocando danni materiali ma nessuna vittima. Il capo dello Shin Bet (sicurezza interna) Yuval Diskin, in un intervento alla Knesset (il Parlamento israeliano) ha detto che, poiché la situazione a Gaza desta crescente apprensione, presto o tardi potrebbe essere necessaria «una vasta operazione militare» nella Striscia.
Solo pochi giorni fa, l'esercito israeliano faceva, per errore, una strage di civili palestinesi (18, tra cui 8 bambini) a Beit hanun, nel nord della Striscia. Oggi, il Consiglio dell'Onu per i diritti umani terrà una sessione straordinaria per esaminare «le violazioni flagranti dei diritti umani derivanti dalle incursioni militari israeliane nel territorio palestinese occupato, compresa quella fatta di recente nel nord di Gaza e l'attacco contro Beit Hanun». (R.E.)
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