Pregiudizi antisraeliani in corteo: le contraddizioni della maggioranza di governo un editoriale di Piero Ostellino
Testata: Corriere della Sera Data: 15 novembre 2006 Pagina: 1 Autore: Piero Ostellino Titolo: «Cattive tentazioni»
Dal CORRIERE della SERA del 15 novembre 2006:
Sabato prossimo si terranno a Milano e a Roma due manifestazioni sulla questione israelo- palestinese. Quella di Milano della «Tavola della pace», promossa dalla Cgil e da movimenti della sinistra cattolica — cui aderiscono Ds, Margherita, Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi — sembra proporsi come la manifestazione di segno moderato. Quella di Roma del «Forum Palestina», promossa dalla sinistra della sinistra pacifista — cui aderiscono «Ernesto», la componente estremistica di Rifondazione, partecipano, a titolo personale, il segretario dei Comunisti italiani, Oliviero Diliberto, e, forse, qualche transfuga dell'ultima ora — sembra configurarsi come la manifestazione di segno radicale. I segretari dei Ds, Piero Fassino, e della Margherita, Francesco Rutelli, non parteciperanno di persona né all'una, né all'altra. Ma rispetto anche alla «piattaforma» della manifestazione di Milano hanno redatto e sottoscritto una propria personale dichiarazione. Fin qui, sempre che mi sia raccapezzato in mezzo a tante «variazioni sul tema» e salvo cambiamenti sempre possibili, queste sono le formazioni delle squadre in campo. Ora, che in democrazia si svolgano, sullo stesso argomento, manifestazioni di segno opposto e contrario è del tutto normale. Si chiama pluralismo. Un po' meno normale è che dentro lo stesso partito ci sia chi la pensi in modo opposto e contrario, ma rientra ancora in una logica pluralista. Un partito è pur sempre un'associazione privata i cui soci, se tutti sono d'accordo, hanno il diritto di pensarla ciascuno come vuole. Del tutto fuori d'ogni normalità e difficilmente catalogabile come pluralismo è, invece, che ciò accada dentro il governo. Quest'ultimo non è un'associazione privata, bensì il potere esecutivo, dalle cui componenti sembrerebbe lecito aspettarsi una qualche omogeneità di indirizzi e una certa continuità politica, soprattutto quando si tratta della collocazione internazionale del Paese. È, dunque, per queste ragioni di ordinario senso comune che a me pare francamente discutibile la piattaforma della manifestazione moderata là dove auspica «il blocco del commercio di armi e degli accordi militari verso tutti i Paesi in conflitto» e mette perciò sullo stesso piano l'aggredito (Israele) e l'aggressore (il Libano di Hezbollah, che continua a rifornirsi di armi dalla Siria nel colpevole e scandaloso disinteresse delle truppe dell' Onu, fra le quali le nostre). Tanto meno credibili e accettabili — qualora una o entrambe le manifestazioni degenerassero nelle bandiere di Israele bruciate e negli slogan del tipo «Dieci, cento, mille Nassiriye» — sarebbero le ordinarie giustificazioni che, in questi casi, oppone la parte moderata secondo le quali si sarebbe trattato dei «soliti estremisti». Ci deve pur essere un limite alla diversità ideologica e alla frammentazione politica all'interno di una composita coalizione di governo, oltre il quale ne va della credibilità del Paese. Del resto, questo limite è facilmente identificabile. Nella dichiarazione congiunta, inconfutabile e definitiva del diritto di Israele a esistere che tutte le forze di governo dovrebbero sottoscrivere e chiedere al mondo arabo e islamico di fare propria. È mai possibile che a tanti italiani — che si dichiarano e, probabilmente, sono sinceri democratici — non importi nulla che Israele sia una democrazia e gli Stati che la attorniano e ne minacciano la sopravvivenza non lo siano? postellino@corriere.it
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