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Informazione Corretta Rassegna Stampa
14.11.2006 Dossier Hamas: il governo di unità nazionale palestinese non riconosce Israele
la realtà a confronto con la disinformazione

Testata: Informazione Corretta
Data: 14 novembre 2006
Pagina: 6
Autore: la redazione - Michele Giorgio
Titolo: «A Gaza arriva un nuovo premier - L'Anp si sceglie un altro premier»

Il governo di unità nazionale palestinese non riconoscerà Israele. Da Hamas giungono dichiarazioni molto chiare che smentiscono i facili ottomismi diffusi in Italia.
Ecco una notizia delle agenzie AGI e REUTERS:

PALESTINA: HAMAS, NUOVO GOVERNO NON RICONOSCERA' ISRAELE =
(AGI/REUTERS/AFP) - Gaza, 14 nov. - Il nuovo governo
palestinese di unita' nazionale non riconoscera' Israele e non
accettera' per il conflitto mediorientale una soluzione a due
Stati. Il chiarimento e' arrivato oggi da Hamas che ha cosi'
ridimensionato le aspettative sul futuro esecutivo dopo
l'accordo tra le fazioni palestinesi.
    "Al nuovo governo non e' stato chiesto di riconoscere
Israele e non lo fara'", ha dichiarato Mussa Abu Maruzk, numero
due dell'ala politica del Movimento che fa base a Damasco, dove
vive in esilio di leader Khaled Meshaal. "La questione del
riconoscimento di Israele non ha precedenti a livello
internazionale", ha ricordato in un'intervista all'agenzia
palestinese Ramattan, "alle due Germanie non fu chiesto di
riconoscersi reciprocamente, mentre il mondo intero riconobbe
loro". Dunque, ha proseguito, "perche' la Palestina, che non e'
ancora uno Stato, dovrebbe riconoscere Israele?".
    Dello stesso tenore sono state le dichiarazioni del
portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum. Il nuovo governo "non
riconoscera' Israele", ha detto, e "non accettera' la soluzione
a due Stati teorizzata dal presidente americano George W. Bush,
perche' rappresenterebbe un chiaro riconoscimento di Israele".
    La linea dura confermata da Hamas rischia di compromettere
gli sforzi del presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen)
per rompere l'assedio internazionale. Da quando i radicali sono
andati al potere, in marzo, l'Occidente ha bloccato tutti gli
aiuti diretti e ha posto tra le condizioni per scongelare i
fondi che il governo riconosca Israele.
    Dopo l'intesa politica tra Hamas e Fatah, le due fazioni
trattano in questi giorni sulla lista dei ministri. Premier
dovrebbe essere Mohammad Shabir, biologo ed ex direttore
dell'universita' islamica di Gaza, simpatizzante ma non membro
del Movimento di resistenza islamico. (AGI) 

D'altro canto il ministro degli Esteri palestinese Mahmoud Al Zahar ha dichiarato che Hamas non riconoscerà mai Israele. riportiamo da israele.net la traduzione dell'articolo di Ynet new in proposito:

Hamas non ripeterà mai “l’errore” di Fatah di riconoscere Israele. Lo ha ribadito domenica il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Mahmoud al-Zahar intervistato dal quotidiano al-Sharq al-Awsat. Al-Zahar ha spiegato che il suo gruppo non ha alcuna intenzione di riconoscere Israele, né di accettare la soluzione “due stati-due popoli” e la risoluzione di spartizione delle Nazioni Unite.
Ad un domanda sulle pressioni internazionali, Al-Zahar ha risposto: “Hamas non cambierà mai posizione indipendentemente dall’intensità delle pressioni”.
Ad una domanda circa la cosiddetta iniziativa di pace araba (saudita) che prevedrebbe il riconoscimento di Israele sulla base del principio “terra in cambio di pace”, Al-Zahar ha risposto: “Non riconosceremo mai l’iniziativa araba. Non accetteremo nulla che possa essere definito riconoscimento di Israele”.
Domanda: E se la soluzione prevedesse la creazione di uno stato palestinese sui confini del 1967 con Gerusalemme capitale?
Al-Zahar: “Allora dichiareremo una hudna [tregua provvisoria], ma non riconosceremo mai Israele”.
Domanda: Pensa che Israele lascerebbe i territorio in cambio di una hudna?
Al-Zahar: “Fatah ha riconosciuto Israele ma l’occupazione continua. Non ripeteremo quell’esperienza fallimentare”.
L’intervistatore a questo punto ha chiesto al ministro degli esteri palestinese quale sia la sua soluzione del conflitto e quanto tempo ci vorrà per arrivare a una soluzione. Al-Zahar ha risposto: “Il problema è che Israele non vuole una soluzione, non ha un piano di pace e dunque non possiamo parlare di soluzioni immaginarie. Il nostro piano è noto. Noi riteniamo di avere un diritto storico, e se non possiamo ottenere una vittoria adesso, questo non significa dichiararsi sconfitti. Su queste basi, la lotta armata espellerà l’occupante da ogni parte e istituirà un governo, senza cedere i nostri diritti sia alla terra sia al ritorno. Detto questo, se il mondo ce lo chiede, e se è nell’interesse del popolo palestinese, allora potremo accettare una tregua, ma non il riconoscimento”.
Al-Zahar ha aggiunto che Hamas rifiuta la risoluzione di spartizione (della terra in due stati, uno ebraico e uno arabo) votata dalle Nazioni Unite nel 1947, così come la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 242 del 1967, aggiungendo che Hamas non riconosce legittimità né alla comunità internazionale né alle sue organizzazioni.

(Da: YnetNews, 12.11.06)

D'altro canto lo stesso Abu Mazen ha garantito  ad Hamas che4 un governo di unità nazionale non implica il riconoscimento di Israele.
Ancora da israele.net:


Subito dopo aver dichiarato, durante un incontro la settimana scorsa con il segretario di stato Usa Condoleezza Rice, che avrebbe chiesto a Hamas di riconoscere il diritto ad esistere dello stato di Israele, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha detto, riesponendo alle domande della tv araba al-Arabiya, che né Hamas né la sua stessa fazione Fatah sono obbligati a riconoscere lo stato ebraico. “Hamas non è obbligata a riconoscere Israele – ha detto Abu Mazen – Non è necessario che lo faccia Hamas, né che lo faccia Fatah, né il Fronte Popolare.
Le contraddittorie dichiarazioni, in arabo e in inglese, del presidente palestinese sono state sottolineate dal centro di monitoraggio Palestinian Media Watch.
Incontrando Condoleezza Rice, Abu Mazen aveva garantito che avrebbe richiesto il riconoscimento di Israele da parte di Hamas come pre-condizione per creare un governo di unità nazionale. La Rice, dal canto suo, aveva dichiarato ai giornalisti in una conferenza stampa insieme ad Abu Mazen che gli Stati Uniti avrebbero trovato il modo di aiutare il presidente palestinese, esprimendo anche “grande ammirazione” per la sua leadership e per ciò che ella definiva la sua “volontà” di riavviare i negoziati israelo-palestinesi.
Tuttavia, poco dopo, parlando in arabo alla tv al-Arabiya, lo stesso Abu Mazen spiegava che nemmeno Fatah ha mai ufficialmente riconosciuto Israele. “L’Olp [organizzazione ombrello di varie fazioni palestinesi] ha riconosciuto Israele nel 1993 quando Israele riconobbe l’Olp – ha spiegato Abu Mazen – Ma ognuno ha il diritto di dire: io non lo riconosco. È chiaro? È un diritto di chiunque e di qualunque organizzazione”.
È vero che diversi leader di Fatah, compreso lo stesso Abu Mazen, hanno affermato molte volte di riconoscere lo stato ebraico. Ma Abu Mazen ha spiegato ai telespettatori di al-Arabiya che tali dichiarazioni di riconoscimento erano necessarie per fare fronte alle esigenze “quotidiane” degli affari palestinesi e che il riconoscimento da parte sua riguardava soltanto gli interlocutori politici israeliani, non lo stato di Israele in quanto tale. “Il futuro governo [palestinese] – ha detto Abu Mazen – avrà a che fare ogni giorno con gli israeliani e ogni ora, forse ogni minuto, vi saranno contatti fra ministri palestinesi e ministri israeliani. Dunque vi chiedo: come potrebbero, questo governo o i suoi ministri, non riconoscere i loro interlocutori e risolvere i problemi del popolo?”
A titolo di esempio della necessità di riconoscere i singoli interlocutori politici israeliani, Abu Mazen ha fatto riferimento ai 500 milioni di dollari di prelievo fiscale destinati all’Autorità Palestinese ma congelati da Israele dopo l’elezione di Hamas. “Il ministro delle finanze palestinese deve arrivare a un accordo con il ministro delle finanze israeliano sul trasferimento di questi soldi. Dunque, come può fare un accordo se non lo riconosce?”
(Da: YnetNews, 11.10.06)

Questi chiari dati di fatto contrastano con le libere interpretazioni dei quotidiani italiani, quasi unanimi nel vedere nella creazione di un governo palestinese di unità nazionale il preludio a un riconoscimento di Israele e a una nuova stagione di  dialogo.
,
Martedì 14 novembre 2006 questa lettura accomuna  Il SOLE 24 ORE, nell'articolo "A Gaza arriva un nuovo premier", e Il
MANIFESTO.
Dal quotidiano comunista, riportiamo la cronaca di Michele Giorgio:

 
Non c'è ancora un comunicato ufficiale, ma ieri sera una fonte autorevole di Hamas ha annunciato che l'accademico di Gaza, senza tessera di partito in tasca, Mohamed Shubir ha accettato di prendere il posto di Ismail Haniyeh sulla poltrona di premier palestinese. Secondo le previsioni fatte dai giornali locali, nei prossimi giorni il presidente Abu Mazen gli affiderà formalmente l'incarico di creare il nuovo governo di unità nazionale. Ieri sera erano riuniti a Gaza rappresentanti di Hamas e al-Fatah per discutere della lista dei ministri mentre Abu Mazen ha iniziato un viaggio che, dopo colloqui ad Amman, lo porterà al Cairo. Dagli Stati uniti intanto il premier israeliano Olmert continua a giocare su più fronti. In un'intervista al quotidiano di Gerusalemme est Al-Quds ha detto di essere pronto a dialogare con Hamas se il movimento islamico rispetterà le condizioni poste dal Quartetto: riconoscimento di Israele e dei passati accordi israelo-palestinesi e fine della lotta armata. Allo stesso tempo punta in profondità il campo politico americano, segnato dalla cocente sconfitta elettorale subita dai repubblicani, e a George Bush ha manifestato le sue preoccupazioni per una possibile (piccola) apertura statunitense a Iran e Siria.
Israele negli ultimi due anni ha ispirato l'unilateralismo alla base della politica estera statunitense e ora teme che un cambio di rotta, anche modesto, di Bush si traduca nel congelamento di un attacco contro l'Iran. Il Jerusalem Post, quotidiano di destra, non ha mancato di sottolineare che il neo segretario alla difesa, Robert Gates, non è fautore di politiche aggressive contro Tehran. Così le dichiarazioni bellicose rilasciate da Olmert prima della partenza per Washington non sono tanto rivolte all'Iran, quanto all'Amministrazione Bush: se non attaccate voi, lo faremo noi. Questo è il concetto che Olmert è andato a spiegare negli Usa.
Mohammed Shubir, 60 anni, è islamista moderato e soprattutto un docente universitario con un dottorato in microbiologia ottenuto all'università della West Virginia. È considerato vicino a Hamas anche se non ne fa parte attivamente. Si proclama un indipendente con buone relazioni con ogni schieramento politico. Ieri in un'intervista al quotidiano israeliano Haaretz, Shubir non si è sbilanciato rispetto alla linea che il nuovo esecutivo avrà nei confronti di Israele ma ha detto che guarderà con «realismo» allo stato ebraico. Sui nomi dei futuri ministri palestinesi abbondano le indiscrezioni. Quelle più insistenti dicono che otto ministeri andranno a Hamas, sei ad al-Fatah, sei agli altri partiti palestinesi e quattro a personalità indipendenti. Ministro delle finanze sarà l'economista e leader del partito «Terza Via» Salam Fayad, che aveva ricoperto lo stesso incarico nei governi guidati da Abu Ala. Ministro degli esteri sarà con ogni probabilità il professore di scienze politiche Ziad Abu Amr, esperto di movimenti islamici con forti legami accademici negli Usa. Ministro della sanità potrebbe diventare Mustafa Barghuti, leader di Iniziativa nazionale, che per settimane ha mediato tra Hamas e Fatah e ieri era a Damasco per colloqui con i leader islamici in esilio.
Le trattative sui nomi dei ministri non sono ancora concluse anche perché Hamas insiste nel voler confermato il dicastero dell'interno a Said Siyam. Quest'ultimo però è osteggiato da Al-Fatah per la sua decisione di creare una nuova forza di sicurezza a Gaza che non ha esitato a schierare contro i servizi di sicurezza tradizionali fedeli alla presidenza.
Il passo indietro fatto da Hamas e il lavoro intenso svolto dai dirigenti politici di tutte le fazioni, ha lo scopo dichiarato di persuadere Usa ed Europa a revocare, come ha deciso domenica la Lega Araba, il blocco dei finanziamenti internazionali all'Anp scattato dopo la vittoria di Hamas. I dubbi sono molti. «Ho l'impressione che tanti sforzi non basteranno ad ottenere la fine dell'isolamento politico ed economico del popolo palestinese, la chiave per riaprire la Palestina al mondo rimane nelle mani di Israele, che con i suoi giudizi e pressioni può continuare a condizionare la comunità internazionale», ha detto al manifesto l'ex ministro del lavoro Ghassan Khatib. Intanto si fanno insistenti le voci di un interessamento del premier uscente Haniyeh alla carica di presidente. Un obiettivo che, sondaggi alla mano, è alla sua portata.

Disinformazione anche sul MATTINO
Ancora una volta il quotidiano si cala nella parte dello spin doctor. Di Hamas, ovviamente.
La notizia sarebbe che uomini di primo piano dell’organizzazione terroristica palestinese, come Mahmoud Al-Zahar, Abu Marzuk, Fawzi Bahrum, hanno ribadito, alla vigilia dell’accordo per un governo di unità nazionale, il vero è unico obiettivo dell’organizzazione: distruggere Israele. Le loro dichiarzioni sono state inequivocabili: “No a riconoscimento Israele. Mai”. Come si può leggere amche qui

 

 

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/topnews/news/2006-11-14_1149149.html

 

 

http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3327068,00.html

 

Ecco cosa, invece, arriva a scrivere Il Mattino in prima pagina

“Palestina governo unitario: Shubair premier”

“Hamas cambia, Israele apre”

Di cambiamento si può parlare solo se si censurano, come fa Il Mattino, le dichiarazioni degli esponenti di Hamas.

All’interno, pag. 9, c’è un articolo agiografico “sul professore che guiderà i palestinesi”. Come nella migliore tradizione del quotidiano napoletano i palestinesi vengono trattati con massimo riguardo, al contrario degli israeliani. Il professore dell’Università islamica di Gaza (feudo di Hamas ma che nel pezzo, per le cose non dette, sembra Harvard), ci informa il sottotitolo, ha “studiato microbiologia in USA” e la foto che accompagna l’articolo ce lo mostra in giacca e cravatta durante una lezione. Il fatto che il professore in questione sia legato ad Hamas, con tutto l’armamentario ideologico che ciò comporta, è soltanto un piccolissimo e marginale dettaglio nella cronaca di Giorgio.

 

 

“Il successore di Ismail Haniyeh alla guida del governo in Palestina, è un islamista moderato vicino ad Hamas ma che si proclama indipendente. Shubir, 60 anni, vanta un dottorato in microbiologia conseguito alla West Virginia University. Parla un buon inglese ed è considerato un amministratore di successo per aver trasformato l’università islamica di Gaza in uno dei maggiori atenei palestinesi. Si è sempre tenuto a distanza dalla politica attiva anche se non hai mai nascosto le sue simpatie per il movimento islamico palestinese. Il suo ruolo sarà sarà principalmente quello di inviare segnali concilianti a Stati Uniti ed Europa e di sollecitare una ripresa degli aiuti economici ai Territori palestinesi interrotti dopo l’ascesa al potere di Hamas.”

 

 

Insomma un imbroglio di cui Il Mattino si fa portavoce.

 

 

Va aggiunto che anche a pag.9 non si fa cenno alle dichiarazioni degli esponenti sopracitati di Hamas. Hamas è buona e il professore la rappresenta al meglio. Il lettore non deve sapere altro se non che

 

“Il premier designato (…) avrà nei confronti di Israele una posizione “realistica”. Parole in linea con il programma del nuovo governo, fondato sul ‘Documento di riconciliazione nazionale’, scritto da un gruppo di prigionieri palestinesi, che ad uno dei suoi punti prevede, il riconoscimento indiretto dell’esistenza dello Stato ebraico”

 

 

Quanta grazia! Peccato, come visto, per la censura di dichiarazioni del tutto “marginali”.

 

 Nella stessa pagina, passando a Israele, iniziano le solite dolenti note. Il registro usato per i palestinesi viene rovesciato. Due trafiletti

 Tutto quello che riguarda Israele, ovviamente, ha sempre un connotato negativo. E così anche oggi arrivano le denunce per mezzo di due trafiletti, i cui titolo sono:

“L’UE: inaccettabile la strage di Beit Hanun”

“Pacifisti e nobel: basta uccisioni mirate”

Le operazioni mirate non prendono di mira i “palestinesi” ma i “terroristi palestinesi”. Inoltre il pezzo non considera in nessun modo le ragioni di Israele. E il fatto che anche la Corte suprema, che ha dimostrato in molteplici occasioni il suo alto senso giuridico, non si sia pronunciata contro tali operazioni la dice lunga. Ma tutto questo viene opportunamente taciuto dal quotidiano napoletano. Possibile che l’unica opzione concessa a Israele per difendersi sia restare immobile?

Per la cronaca: assenti anche oggi notizie (nemmeno una parola) sui missili Qaassam che continuano a cadare su Israele e qualsiasi accenno alle condizioni di vita dellla popolazione israeliana di confine continuamente minacciata dal lancio di razzi, soprattutto di quella dei bambini soggetti di cui Il Mattino nei giorni scorsi ha tanto parlato. Solo di quelli palestinesi, sia ben chiaro.

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Sole 24 Ore  del Manifesto e del Mattino.
Scrivere inoltre al proprio quotidiano di riferimento segnalando le notizie su Hamas e sul governo palestinese che i quotidiani tendono ad ignorare.


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