L'uscita dalla scena politica di Ariel Sharon aveva lasciato i media internazionali orfani di una Israele senza più un'immagine forte che si prestasse ad essere colpita. Il "piccolo satana" esigeva un successore. L'entrata nel governo di Avigdor Lieberman riempie finalmente questo vuoto. A leggere i giornali in questi giorni c'è da restare sbigottiti. Bisogna rileggere la testata per essere sicuri di non avere acquistato per sbaglio il Manifesto. Il Corriere della Sera lo definisce nei titoli "piromane", il Giornale scrive che " elogia la deportazione etnica e fa l'apologia dell'apartheid", il sito web di Panorama, mentre presenta i palestinesi come i buoni che anelano solo al processo di pace, scrive che Lieberman "ha sostenuto un piano per privare della cittadinanza il milione e mezzo di cittadini arabo-israeliani che si astengono dal votare o votano le sinistre israeliane". Naturalmente Lieberman, che Olmert ha fatto entrare nella coalizione dove c'era estremo bisogno degli undici deputati del suo Israel Beitenu ( Israele è la nostra casa) per puntellare un governo che ha perso nell'opinione pubblica la maggioranza, non è come lo si vuol presentare. Come già avvenne per Sharon, paga il prezzo per dire chiaramente quello che pensa. Non a caso Olmert gli ha affidato la carica di vice premier con l'incarico speciale di essere responsabile nei confronti del terrorismo che minaccia lo Stato ebraico, come dire Iran, Hetzbollah,Hamas. Eppure le tesi di Lieberman, che tanto impressionano l'ipocrisia europea, sono le stesse che hanno portato Sharon fuori dal Likud per fondare Kadima, il partito nuovo che aveva saputo attirare anche la sinistra laburista, con l'obiettivo di realizzare i confini che avrebbero diviso Israele dal prossimo Stato palestinese. Che Sharon voleva, a differenza degli estremisti palestinesi. Senza nessuna espulsione,come con ignoranza o mala fede insinuano gli esperti di casa nostra, ma semplicemendo trasferendo la sovranità territoriale. Dove ci sono città e villaggi con cittadini ebrei la sovranità è israeliana, dove invece la maggioranza o la totalità degli abitanti è araba la sovranità sarà dello Stato palestinese. Nessuna espulsione quindi e nessuna apartheid, molto più semplicemente un progetto che non solo non espelle nessuno ma che si presta alla definizione di un confine che divida finalmente ebrei e arabi. Una tesi che il professor Sergio della Pergola, che abbiamo incontrato la scorsa settimana a Gerusalemme, ha nuovamente sostenuto, ribadendo come il progetto che fu già di Sharon sia una possibilità concreta per arrivare ad una separazione vera fra i due popoli. E Della Pergola, non lo dimentichino i detrattori di Lieberman, non appartiene certo alla destra. Ad esserne interessata è la Cisgiordania, essendo Gaza stata consegnata interamente all'Autorità palestinese nell'agosto dello scorso anno, anche se il risultanto non è quello sperato, e la parte est di Gerusalemme. La malattia di Sharon e la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi, con l'aggiunta della guerra scatenata da Hetzbollah questa estate, hanno interrotto quello che Sharon aveva chiamato il "piano di convergenza", il ritorno degli israeliani dei territori sotto la piena sovranità israeliana. Un piano interrotto ma non cancellato, anche, anche se ora più che mai la minaccia iraniana obbliga Israele a ripensare alle sua forze di difesa, quello Zahal sulla cui forza poggiano le speranze non solo degli israeliani ma di tutti coloro che vedono nello Stato ebraico la punta di diamante della democrazia occidentale.
da Libero del 9/11/2006 |