L'erede di Wiesenthal sulle tracce dei criminali nazisti rimasti in vita
Testata: La Repubblica Data: 10 novembre 2006 Pagina: 19 Autore: Andrea Tarquini Titolo: «"Io, a caccia degli ultimi dieci nazisti"»
Dalla REPUBBLICA del 10 novembre 2006:
Scomparso Wiesenthal, Zuroff ha preso il suo posto. Lavora con la tenacia di uno sceriffo. «I top ten, i super-ricercati», racconta, «furono tutti esecutori responsabili di centinaia o migliaia di morti. Uno di loro, poi, era ad alto livello. Ammesso che sia ancora vivo: Alois Brunner, vice di Eichmann. Sogno ogni notte di catturarlo, da decenni la Siria lo ha protetto». Scorrere la lista di Zuroff fa venire i brividi. Risveglia il ricordo orrendo dell´Olocausto. Ecco appunto Brunner: 47mila ebrei inviati nei Lager dall´Austria, 44mila dalla Grecia, 23.500 dalla Francia. «Ricevette due lettere esplosive, purtroppo ha solo perso un occhio e tre dita», dice il cacciatore degli ultimi nazisti. Ecco Aribert Heim, medico della morte, emulo di Mengele. «Dopo esperimenti atroci uccise centinaia di "pazienti" con iniezioni letali. Non sappiamo dove sia, lo avevamo individuato in Spagna ma è di nuovo irreperibile. Forse in Sudamerica». Zuroff e il suo team non conoscono sosta nella caccia agli ultimi nazisti. «E´ davvero l´ultima chance, il tempo stringe, siamo come ai tempi supplementari di una partita di calcio», dice lo sceriffo di Gerusalemme. «E in molti casi c´è un problema di volontà politica. O meglio, di mancata volontà politica di aiutarci. La Germania collabora, ma l´Austria è il caso limite. Il clima laggiù è quello, rifiutano la responsabilità del passato. Da loro indagano ma non condannano». «Scorriamo ancora insieme la lista, ogni caso racconta una storia», continua Zuroff. Una storia di caccia al criminale, e dall´altro lato di complicità e volontà politiche a suo favore. Ecco Erna Wallisch, ex responsabile a Majdanek. O Milivoj Asner, ex capo della polizia a Slavonska Pozega. «L´Austria si rifiuta di procedere, e non vuole estradare Asner, che vive tranquillo a Klagenfurt». La svolta, nota Zuroff, è l´ultimo contatto tra il governo serbo e il Centro Wiesenthal: Belgrado ha promesso ogni sforzo per avere l´estradizione di tre dei dieci dai paesi dove vivono. Troppo spesso, sono stati aiutati. «Ci sono forme di aiuto cospirative per gli ultimi nazisti», racconta lo sceriffo. «Come quelle messe in piedi da organizzazioni nostalgiche vicine ai neonazisti, quali "Stille Hilfe" (aiuto silenzioso). Ma non siamo davanti a una "organizzazione Odessa", come nei gialli. Il problema più serio è quando governi e magistrature, pur davanti a prove schiaccianti, non si muovono. I tedeschi si muovono, ma in Austria è scandaloso. Se chiediamo informazioni in Austria, il 95 per cento delle telefonate di risposta che riceviamo dall´Austria sono telefonate antisemite. Oppure, ecco il caso di Sandor Kepiro, ex ufficiale della gendarmeria ungherese. «Ha sulla coscienza almeno duemila esecuzioni. Visse in Argentina fino al 1996. Andò al consolato ungherese, chiese e ottenne di tornare in patria, vive tranquillo a Budapest». O il suo connazionale Karoly Zentaj. «Adesso, con la nostra operazione, le speranze di acciuffarli, sbatterli in galera e processarli sono buone. Sappiamo o supponiamo dove sono, abbiamo prove a loro carico», dice ancora Zuroff. C´è chi è stato già condannato, ma non ha mai dovuto scontare la pena. «Come Algimantas Dailide, lituano, condannato a Vilnius per centinaia di arresti e deportazioni, ma la condanna è rimasta in sospeso. O come Harry Mannil. Si era rifugiato in Venezuela, poi in Estonia è stato assolto. «Per il mondo, ma soprattutto per i paesi che ancora chiudono gli occhi e negano il loro ruolo nella seconda guerra mondiale, i processi ai top ten sarebbero un momento decisivo di giustizia e di presa di coscienza. Ma la mancanza di volontà politica di consegnare questa gente alla giustizia, dopo decenni, è ancora il nostro nemico più tenace. Siamo all´ultima occasione di fare giustizia, non ne verranno altre».
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