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La protesta dei gay in Israele. Una lettera al Manifesto 09/11/2006
Leggendo l'articolo di Michele Giorgio sul Gay Pride in Israele, noto la preoccupazione espressa per i diritti civili degli omosessuali in Israele. Se non fosse che l'ostilità del Manifesto contro Israele trova ogni occasione per esprimersi, direi quasi che l'attenzione verso il livello di democrazia e la tutela delle minoranze in Israele vi fa onore! Comunque, se posso permettermi, suggerirei alla redazione del quotidiano di non crucciarsi per la condizione degli omosessuali israeliani, in grado di intervenire e di esprimersi, in quanto cittadini di una democrazia - imperfetta per definizione - nel dibattito politico-sociale, ma di dedicare le proprie preoccupazioni a quei paesi dove le minoranze sono perseguitate e tormentate, dove le "adultere" sono lapidate o stuprate pubblicamente (vedi Pakistan) e  gli omosessuali non possono fare altro che nascondersi, magari in Israele (vedi territori palestinesi), e dove non c'è società civile cui rimproverare l'"indifferenza".Quanto ai "fondamentalisti ebrei che fanno il bello e il cattivo tempo a Gerusalemme", forse ci si è confusi con l'Iran o con qualche altro paese islamico.  E forse, ma dico forse, il presunto disinteresse della "maggioranza della popolazione israeliana" e il silenzio degli intellettuali, osservati con evidente accento polemico, sono dovuti non all'apatia o al menefreghismo ma a circostanze particolari, quali la preoccupazione per le sorti del proprio paese in un momento - uno dei tanti, per la verità - di indubbia difficoltà politica. Osservare e criticare i malesseri e le manchevolezze della società di Israele non solo è lecito ma anche auspicabile: lo è molto meno quando lo scopo non è la conoscenza, ma la strumentalizzazione di questi aspetti nella solita (e stomachevole) prospettiva antisraeliana.
 
Elisabetta Noè

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