Il MANIFESTO del 9 novembre 2006 affida a Zvi Shuldiner la demonizzazione di Avigdor Lieberman.
definito come l'esponente di un "razzismo fondamentalista che è stato parte dell'ideologia che ha fatto uccidere Rabin", e addirittura come un "razzista israeliano con radici ideologiche simili a quelle dei carnefici del popolo ebraico".
Agli insulti si aggiungono le falsità: Lieberman non ha mai proposto di adottare i metodi dell'esercito russom in Cecenia, ma solo la strategia politica di insediare un governo locale "amico", come i russi hanno fatto con Kadyrov, il centro del suo progetto non è l'espulsione degli arabi israeliani la "parte centrale del suo piano".
Il titolo dell'articolo ci informa che in Lieberman vi è comunque "qualcosa di peggio del razzismo".
Naturalmente non viene specificato cosa, né serve che lo sia, dal momento che quella del MANIFESTO non è informazione, ma propaganda, e quando si tratta di Israele adotta le tecniche delle pubblicità dei film del terrore: "Peggio del peggiore dei vostri incubi, "peggio del razzismo", ecco a voi Avigdor Lieberman".
Ecco il testo:
Il vice primo ministro israeliano Avigdor Lieberman ha rilasciato dichiarazioni alla stampa inglese che dimostrano che la sua ideologia continua intatta e mentre lui attizza sempre di più il fuoco del razzismo in Israele, le forze armate continuano la loro violenta azione nella striscia di Gaza di cui l'ultima strage di civili palestinesi a Beit Hanoun non è che l'ultimo esempio. Il ministro della difesa Peretz fa la parte del moderato, però l'esercito israeliano va avanti con la sua sanguinosa mattanza nei territori occupati però il ministro Lieberman preferisce essere più preciso e invoca per Gaza i metodi dell'esercito russo in cecenia. E' solo una questione semantica: l'esercito israeliano già li pratica senza dargli il colore russo.
Quando giovedì scorso i missili qassam dei palestinesi sono caduti molto vicino al nostro college, nel sud di Israele, e abbiamo sentito l'artiglieria israeliana, gli elicotteri, i caccia, e uno dei docenti è arrivato nel mio ufficio chiedendomi retoricamente come è mai possibile che i capi miliari e politici non capiscano che questo non funziona e che è necessario cercare un'altra strada. Nella vicina cittadina di Sderot è ormai comune che non pochi abitanti, quando sentono il rumore degli elicotteri israeliani dicono: «adesso arrivano i razzi qassam».
Però la violenza ha le sue leggi e il governo israeliano continua a rifiutare veri negoziati mentre infuria la repressione che nelle ultime settimane è costata la vita a un soldato israeliano e a più di 55 palestinesi (a cui vanno aggiunti i 19 di Beit Hanoun), senza contare i feriti. Tutti i palestinesi sono «terroristi» ma oggi si è saputo che, anche secondo le fonti ufficiali dell'esercito israeliano, il 25% dei morti non erano terroristi.
Dopo una settimana di operazioni l'esercito ha dichiarato che l'azione a Beit Hanoun è finita, ma i razzi qassam continuano a cadere su Sderot e le azioni militari per quanto ufficialmente non definite tali vanno avanti e mietono altre vittime.
Le condizioni nella striscia di Gaza sono insostenibili e tutto viene giustificato come una sacrosanta crociata contro il governo di Hamas, una crociata che apparentemente da i suoi frutti: in queste ultime ore arrivano echi dell'accordo a cui sarebbero arrivati il presidente Abu Mazen e il primo ministro Haniyeh per mettere in piedi un governo di unità nazionale che sarebbe retto da tecnici in apparenza neutrali.
I guadagni politici di Israele e dell'«occidente democratico» nel rifiutare di accettare la decisione democraticamente espressa nelle elezioni palestinesi viene pagata dalla miseria e dalla fame di milioni di palestinesi che vivono un'occupazione sanguinaria come mai in passato.
Il rumore incessante dei cannoni è stato il sottofondo delle cerimonie per ricordare l'omicidio di Rabin. Il cicaleccio retorico degli attuali leader del partito laburista, il partito di Rabin, non può nascondere un fatto fondamentale e non poco paradossale: il partito forma ormai parte di una cinica coalizione composta da Olmert nella quale ha fatto il suo ingresso Avigdor Lieberman. La realpolitik del laburismo ha portato quel partito a sedersi vicino a uno dei principali esponenti del razzismo fondamentalista che è stato parte dell'ideologia che ha fatto uccidere Rabin.
Gli ottimisti pensavano che, con l'ingresso nella coalizione di governo, Lieberman avrebbe moderato la sua retorica e si sarebbe astenuto da dichiarazioni estremiste. Illusione senza fondamento: nelle sue dichiarazioni alla stampa britannica Lieberman ha invitato a usare il modello di Cipro - dimenticandosi di chi ha iniziato la guerra, del suo prezzo e dei suoi risultati - per arrivare a una separazione totale tra arabi ed ebrei, «unica ricetta per arrivare alla pace».
La demagogia di Lieberman è esplicita e potrebbe risultare attraente per molti, dentro e fuori Israele: propone di passare alla futura entità nazionale palestinese i territori popolati da arabi in Israele - fondamentalmente il cosiddetto «triangolo» in Galilea - in cambio dei territori popolati da israeliani in Cisgiordania.
Lieberman non si occupa esplicitamente di «piccoli» dettagli come le città israeliane con poplazioni miste, popolazioni beduine o arabe o druse che non fanno parte del territorio che è disposto a cedere «generosamente» allo stato palestinese. Né parla di cosa sarebbe necessario dare per garantire la presenza dei coloni israeliani in Cisgiordania. E' ovvio che l'eventualità di un'espulsione di arabi israeliani è la parte centrale del suo piano razzista, che allo stesso tempe creerebbe una velata forma di occupazione di quei cantoni-bantustan che costituirebbero il futuro «stato palestienese» sotto controllo israeliano.
La cosa più preoccupante non è Lieberman in sé, ma il fatto che il governo israeliano non ritiene necessario dissociarsi pubblicamente ed energicamente dal razzismo di Lieberman. Durante la cerimonia in ricordo di Rabin, lo scrittore David Grosman l'ha detto chiaramente: Olmert e Peretz hanno nominato un piromane a capo dei pompieri. Liberman non è il primo razzista israeliano con radici ideologiche simili a quelle dei carnefici del popolo ebraico. Ma è il primo seduto su un'importante poltrona di governo e che peraltro gode di una grande popolarità in un'Israele stanco che non ha oggi la vitalità democratica necessaria per condannarlo fermamente.