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Il Mattino Rassegna Stampa
06.11.2006 Usare scudi umani non è un crimine
per il diritto internazionale a senso unico del quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 06 novembre 2006
Pagina: 11
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Fuoco sul corteo delle donne palestinesi»

Da Il MATTINO non ci si poteva aspettare altro.  Per gli amanti del diritto internazionale a senso unico (solo se serve per accusare USA e Israele) l’utlizzo degli scudi umani non è un crimine. Ma del resto come può esserci un crimine per una cosa che per Il MATTINO  del 4 novembre 2006 non è nemmeno avvenuta: la parola “scudo umano” nella titolazione e nell’intero pezzo non viene mai pronunciata. Quello che è stato lo dice il titolo: “Fuoco sul corteo delle donne palestinesi”. Ennesimo esempio lampante che i terroristi possono permettersi qualsiasi crimine, nonostante tutto avranno sempre la copertura di molti media, e Il MATTINO  è tra questi. Fintanto che sarà sempre l’odio anti-israeliano a primeggiare, i terroristi potranno fare questo e di peggio.

 

 

Gli articoli sono accompagnati da due foto, entrambi ritraggono vittime palestinesi. I civili israeliani di Sderot e del Neghev, bersagliati dai Qassam (che però per la redazione de Il MATTINO  non esistono), non meritano alcuna pietà. 

 

ALDO BAQUIS Gaza. Sempre più convulsa e drammatica la situazione nella città di Beit Hanun, nel nord della Striscia di Gaza, dove tre giorni fa ingenti forze israeliane sono entrate per mettere fine al continuo lancio di razzi verso vicine città del Neghev. In tre giorni di combattimenti, secondo un portavoce militare israeliano, nel nord di Gaza sono rimasti uccisi 25 palestinesi. L’episodio più drammatico si è svolto ieri mattina, quando un centinaio di donne palestinesi, fra cui molte casalinghe, sono intervenute per soccorrere in extremis decine di miliziani palestinesi assediati nell'antica moschea al-Nasser. Su iniziativa di Hamas le donne hanno organizzato un corteo che ha attraversato i vicoli della casbah, passando fra le posizioni israeliane da un lato e la moschea dall'altro. «Dovevamo andare a salvare i nostri figli» ha spiegato una delle dimostranti. Ma sul corteo nel frattempo era stato aperto il fuoco: Al Jazira riferisce che due donne sono rimaste uccise. Il dramma era iniziato in nottata quando, sospinti da varie direzioni, i miliziani si erano barricati nella moschea, l'edificio più antico della città, da dove avevano ingaggiato battaglia con l'esercito israeliano. Una ruspa militare israeliana era intervenuta per spianare la zona circostante. Un muro perimetrale era crollato e con esso una parte del tetto della moschea. La situazione per i miliziani sembrava compromessa. Le donne velate sono apparse all'improvviso verso le dieci di mattina. Hanno sfidato i soldati israeliani e alcune di esse hanno anche raggiunto la moschea. Un portavoce militare a Tel Aviv ha riferito che i militari hanno colpito in quella fase sei miliziani armati. In serata ancora un attacco: un missile israeliano sparato, secondo fonti militari, per colpire un miliziano intento a deporre un ordigno, ha centrato un’altra moschea di Beit Hanun, uccidendo un palestinese e ferendone altri. In precedenza altri tre miliziani di Hamas erano stati colpiti a morte nel rione di Sajaya. Secondo fonti palestinesi, in tre giorni di combattimenti a nord di Gaza sono rimasti uccisi 25 palestinesi mentre i feriti sarebbero 150-200. Un portavoce militare israeliano ha affermato invece che i palestinesi uccisi risultano essere 34. Nei combattimenti, mercoledì, è morto anche un soldato israeliano. Comunque ancora ieri sera fonti militari israeliane hanno fatto sapere che «l'operazione a Beit Hanun prosegue». Il premier palestinese Ismail Haniyeh ha detto a decine di migliaia di dimostranti radunati a Gaza che «Beit Hanun non si arrendera», e ha sostenuto che Israele combatte a Gaza per rifarsi degli insuccessi militari registrati in Libano. Hanyeh ha inoltre accusato Israele di utilizzare i palestinesi come «cavie» per nuovi tipi di armamenti «non convenzionali». Un portavoce di Hamas, Ismail Redwan, ha colto l'occasione per polemizzare con il presidente Abu Mazen, dirigente di al Fatah, per l’assenza a Beit Hanun delle forze di sicurezza dell'Anp. «È giunto il momento che si schierino al fianco della resistenza» ha esclamato.

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