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Il Giornale Rassegna Stampa
06.11.2006 Gian Micalessin s'inventa un Lieberman inesistente
che vorrebbe "deportare" i palestinesi

Testata: Il Giornale
Data: 06 novembre 2006
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Lieberman: «Deportiamo i palestinesi come fecero i turchi a Cipro con i greci»»
Dal GIORNALE del 6 novembre 2006 riportiamo una scorretta cronaca di Gian Micalessin sulla proposta del politico israeliano Avigdor Lieberman.
Che
 sostiene la necessità di cedere la sovranità delle zone israeliane a maggioranza araba a un futuro stato palestinese, non di un trasferimento di popolazione, e tanto meno di una "deportazione" (come recita un titolo del tutto fuorviante).

La proposta di Lieberman non è dissimile da quella del demografo Sergio Della Pergola. Presenta difficoltà pratiche, per l'opposizione delle popolazioni arabo-israeliane al cambio di cittadinanza, ma in sè è perfettamente legittima.
E nella contestazione che ne fanno i rappresentanti politici degli arabo-israeliani vi è un'evidente contaddizione.
Da un lato essi negano legittimità allo Stato d'Israele e identificano la propria comunità con la causa palestinese, dall'altro denunciano come razzista una proposta che ne farebbe cittadini del futuro Stato palestinese, senza trasferirle dai luoghi nei quali vivono.

Ecco il testo (per una cronaca corretta si veda a questo link quella di Davide Frattini sul Corriere della Sera )


Delle due l'una. O il premier israeliano Ehud Olmert non ha intenzione di affrontare scelte strategiche, o l'incarico affidato all'estremista Avigdor Lieberman è solo nominale. Di certo il biglietto da visita offerto dal 48enne nuovo vicepremier, responsabile delle scelte strategiche, non è il migliore per chi deve misurarsi sulla scena internazionale. Nella sua prima intervista a un giornale straniero dopo l'entrata nel governo, Lieberman inanella un rosario di dichiarazioni che vanno dall'elogio della deportazione etnica all'apologia dell'apartheid. E 24 ore dopo propone al governo di eliminare il premier palestinese Ismail Haniyeh nel caso Hamas si renda responsabile della morte del caporale israeliano rapito lo scorso giugno. A dar retta allo scatenato politico di origini moldave, indiscusso leader di Yisrael Beitenu, il partito preferito dagli emigrati russi, Israele non solo deve diventare uno Stato ebraico omogeneo «scambiando» almeno una parte della sua popolazione araba, ma deve seguire l'esempio di Cipro dove, dopo il 1974, la popolazione d'origine greca venne deportata con la forza dalle zone occupate dall'esercito turco. Quanto basta per preoccupare Olmert che, due settimane dopo aver aperto le porte all'imbarazzante alleato di governo, è costretto a prenderne le distanze. Almeno verbali. «Le opinioni di Lieberman sono le sue opinioni e non quelle del governo», sbotta il premier. «Lieberman sa che io difendo la piena uguaglianza di diritti per gli arabi israeliani. Non l'ho mai nascosto, e fino a quando sarò primo ministro questa resterà la politica del governo». Quelle «opinioni», messe nero su bianco dal Sunday Times, risuonano ancor più pesanti in una domenica scandita dall'angoscia di papa Benedetto XVI per la situazione di Gaza, dove dall'offensiva israeliana iniziata mercoledì si contano 50 morti palestinesi, quindici dei quali civili. Affacciandosi su San Pietro dopo l'Angelus, il pontefice dichiara di seguire «con viva preoccupazione» il «grave deteriorarsi della situazione nella Striscia di Gaza» e di sentirsi «vicino» ai civili. Per rendere più «politico» il suo appello, il Papa aggiunge di pregare perché «le autorità israeliane e palestinesi» e le nazioni che hanno «particolare responsabilità nella regione si adoperino per far cessare lo spargimento di sangue» e riprendere un «negoziato diretto, serio e concreto». Parole lontane anni luce da quelle di Lieberman, che sfoderando i toni usati per conquistare l'immigrazione russa confessa di pensare seriamente a uno «scambio di popolazioni e territori per creare uno Stato ebraico omogeneo». Le sue parole ricalcano l'idea germogliata in alcuni settori della destra ebraica di scambiare i arabi villaggi del nord della Galilea con le colonie della Cisgiordania. Quella «soluzione», nella logica dei suoi sostenitori, a cui poco importa della disponibilità degli arabi israeliani a rinunciare alla loro cittadinanza, garantirebbe la perfetta omogeneità dello Stato ebraico e del futuro Stato palestinese. Peggio dell'idea sono le parole usate da Lieberman per illustrarla. «Le minoranze sono il più grande problema al mondo – spiega il vice premier israeliano -... Cipro è il modello migliore. Prima del 1974... c'erano frizioni, spargimento di sangue e terrore, dopo il 1974 con tutti i turchi da una parte e tutti i greci dall'altra si è ottenuta stabilità e sicurezza». E senza scomporsi davanti alla domanda dell'esterrefatto giornalista sulle deportazioni forzate migliaia di greci, Lieberman replica che «il risultato finale a Cipro è stato migliore».

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